Come
nella tradizione del grande teatro tedesco, Wolfgang Rihm si aggrappa al mito per indagare gli smarrimenti
della modernità. Il pensiero corre subito al repertorio straussiano o, per
avvicinarci ai giorni nostri, alle immersioni nella classicità di Hans Werner Henze. Eppure,
contrariamente ai suoi illustri predecessori, Rihm non si rivolge a un poeta
contemporaneo per la confezione del libretto, ma preferisce affidarsi a un noto
testo di Goethe. Proserpina è un grande monologo, o
meglio un melologo, perché già il grande scrittore lo immaginava come una sorta
di Gesamtkunstwerk, nel quale la musica doveva rivestire un
ruolo capitale. La breve opera ha avuto il suo battesimo nel 2009 a
Schwetzingen, e ora viene scelta per concludere il Fast Forward Festival,
manifestazione di musica contemporanea ideata dal maestro Giorgio Battistelli. Un allestimento presentato al Teatro Nazionale,
prodotto dal Teatro dellOpera della capitale in collaborazione con il
Goethe-Institut di Roma. La
regista Valentina Carrasco gioca
tutto sul dualismo luce-tenebra. Il minimalismo dello spettacolo, che si avvale
delle scenografie di Carles Berga
ispirate alle opere dellartista Clay
Apenouvon, è perfettamente funzionale alla vicenda. La scena si apre su un
luogo desolato. Attraverso i veli, dal tenue colore rosato, si indovinano
sagome di mobili e corpi che si agitano. Il pensiero corre al Cristo velato del
Sanmartino, conservato nella
cappella Sansevero di Napoli. Senza voler sovrapporre significati religiosi la
morte, vera protagonista della vicenda, si presenta fin da subito. Lambiente,
che sembra evocare una condizione edenica preesistente, in realtà è già infettato
dai germi del decadimento. In questa atmosfera onirica le compagne di
Proserpina prendono vita, si animano quasi a voler riproporre alla smarrita
protagonista i giochi dellinfanzia. Eppure tutto si rivela unillusione. Il
passato può assumere esclusivamente la forma del ricordo, mentre il presente è
già deciso. Proserpina è circondata da corpi senza volto, i quali prefigurano
il suo destino, apparizioni che intensificano il senso di totale straniamento. Plutone
è un manichino inerte ma minaccioso nel suo oscuro cromatismo. Le Danaidi
attingono acqua con secchi bucati, accentuando lidea di dispersione. Gli
sforzi umani si rivelano vani, poiché tutto è destinato a svanire.
Un momento dello spettacolo ゥ Yasuko Kageyama I
riferimenti iconografici oscillano fra le invenzioni di Magritte e le fredde allucinazioni di Paul Delvaux. Una strana figura avvolta in un bozzolo nero rotola
sulla scena, un braccio lacera linvolucro come in un quadro di Dalì e offre allinconsapevole
Proserpina il frutto del melograno, simbolo di morte. Mangiarlo significa
perdersi per sempre nel mondo delle ombre. Il cedimento di Proserpina assume un
carattere sensuale. Il suo è un vero e proprio amplesso con la morte, dopo il
quale risulterà impossibile tornare indietro. I candidi veli si ritirano veloci
rivelando una funerea camera nuziale. Proserpina non può più sfuggire al
proprio destino. Le Parche la braccano, la circondano coprendone il corpo con
uno strato di nera plastica. Lo sposalizio con la morte può dirsi concluso. Il
vuoto e lo smarrimento sono le cifre di questo spettacolo, che vuole
evidenziare la cecità delluomo moderno. Una frattura incolmabile lo separa dal
mondo naturale, che ormai gli risulta estraneo. In questottica un ulteriore
livello di lettura rimanda a tematiche ecologiche, alla progressiva e
ineluttabile distruzione dellambiente, operata in particolare dal petrolio. Proserpina
è la vittima di un disegno a lei ignoto, la sua è una condizione tragica priva
di qualsiasi redenzione.
Un momento dello spettacolo ゥ Yasuko Kageyama Lungi
dal risultare vacuamente passatista, la partitura di Rihm trasuda suggestioni
straussiane e non solo. Quando Proserpina cerca la madre Cerere, la quale le
appare come una figura completamente velata ed estranea, si esprime con un
virtuosismo canoro che ricorda la Zerbinetta di Arianna a Nasso e, in maniera
ancora più scoperta, la Regina della notte del mozartiano Flauto Magico. Il coro punteggia la narrazione in maniera
suggestiva, evocando vapori sulfurei e atmosfere funeree. La mente corre agli
inizi del teatro dopera, allOrfeo di
Monteverdi, quasi a voler ricondurre
il discorso alle proprie lontane origini. Colpisce in particolare la
consapevolezza della tradizione, il volersi inserire in un percorso
modificandolo, aggiungendo un ulteriore tassello alla storia del dramma
musicale. Nel complesso la scrittura è molto dinamica, pervasa da un forte
senso del tragico. Luso di un organico quasi cameristico non riduce affatto le
possibilità della tavolozza orchestrale. Rihm distilla sapientemente i colori e
le alchimie timbriche, riservando inoltre una speciale attenzione alle
percussioni. Buona
lesecuzione musicale. Mojca Erdmann
viene a capo dellimpervia scrittura vocale, che la costringe a continui salti
di registro, con spavalda sicurezza e intensità espressiva. Walter Kobéra dirige gli elementi
dellOrchestra del Teatro dellOpera con attenzione e mestiere, seguendo
abilmente il flusso narrativo senza abdicare del tutto alla fantasia. Successo
di pubblico alla presenza del compositore attualmente scritturato per il Teatro
dellOpera e per il Festival di Roma.
|
|