Quando un
artista, riconosciuto dal mondo, viene a mancare, il tempo pare fermarsi, anche
solo per un momento. Accade, infatti, che nella mente di chi si sofferma a ricordare
il volto e le azioni dellartifex perduto
riaffiorino frammenti dimmagini, simili a frames
disordinati, eppure nitidi a tal punto da sovrapporsi alle tante parole che lo
ricordano, lo celebrano, lo esaltano; si stabilisce una distanza virtuale, un
intervallo che permette di non lasciarsi catturare dallimpazienza della
cronaca.
Così è accaduto con
la scomparsa di Ettore Scola, una
personalità centrale nella società e nella cultura italiane. Il consuntivo delle
sue attività riferisce lampiezza di unavventura professionale esercitata da
un intellettuale-osservatore dinamico e visionario, utopista e militante; e rivela,
a un tempo, la vitalità di una generazione che ha dato impulso alla rinascita dellidentità
nazionale. Certamente lambiente di riferimento appare poco rassicurante,
poiché è quello di un paese che tende a mascherare la disinvoltura morale con
cui la stragrande maggioranza degli italiani ha accettato il regime fascista.
Inoltre, nel dopoguerra riaffiora, ben presto, lopportunismo di chi vuole
dimenticare le incongruenze di un passato tragico. Ettore Scola fa parte di
quei giovani eclettici che si divertono a osservare e a descrivere la
quotidianità in chiave umoristico-grottesca; quando viene accolto come
vignettista in erba nella fucina del «MarcAurelio», ha la possibilità di
misurarsi con alcuni maestri della generazione precedente; intanto, nella
redazione del settimanale satirico, accanto a lui agiscono, tra gli altri, Federico Fellini, Stefano Vanzina (in arte Steno), Vittorio Metz, Marcello Marchesi.
Basta uno
sguardo a ritroso per comprende quanto la complicità di questo gruppo abbia
influenzato la vocazione di Scola a smascherare lambiguità della politica e a
individuare la falsità dei comportamenti sociali, elaborando una visione
critica che utilizza una lente surreale; ciò gli ha permesso di giocare
scopertamente sulla genericità degli stereotipi, con cui si giustificano, di
volta in volta, scalata sociale, disinvoltura politica, inflessibilità
religiosa e ingordigia economica. E tutto procede da un fattore centrale, dalla
scelta di analizzare, anzitutto, lambito familiare, le relazioni sentimentali
e la qualità dellamicizia.
Sarà, dapprima,
la radio a intercettare la creatività paradossale di Ettore che, appena
diciottenne, è chiamato a collaborare nella stesura dei programmi radiofonici, fino
alla collaborazione con Alberto Sordi,
per il quale inventa battute negli sketches
del suo teatrino (Mario Pio, Il conte Claro), e con Tino Scotti (Arriva il cavaliere). Negli anni Cinquanta è impegnato, a stretto
contatto con alcuni dei suoi amici speciali, a sceneggiare una miriade di film
comici, legati saldamente a un nucleo di attori-mattatori, quali Totò, Nino Taranto, Walter Chiari,
Aldo Fabrizi, Macario, Renato Rascel e
altri ancora. Anche il lavoro dinventare dialoghi per un cinema destinato al
consumo immediato esalta le sue capacità nel definire la fisionomia di
personaggi stralunati, in apparenza bonari, che tracciano il profilo di una
mentalità nazional-popolare e una concezione della vita rassicurante soltanto
in superficie, mentre è portatrice di una pericolosa acquiescenza sociale. Si
apre, così, la strada verso la “commedia allitaliana”, un filone cinematografico
che lo stesso Scola definisce una ramificazione un po«degenere» dei capolavori
del neorealismo.
Scola agisce,
fin dallinizio, attraverso due registri espressivi: quello dellimmagine, o
meglio della figurazione alterata, non solo in modo caricaturale, ma anche alla
ricerca della caratterizzazione, e quello della parola calzante, della battuta
giusta, che sia in grado di sintetizzare un prototipo, una condizione sociale,
un sentimento, oppure i tic di massa, le situazioni storiche, i modi di dire
comuni. Con lui la parola-immagine si traduce in scrittura consapevole: qui
emerge la prima distinzione di una creatività che si nutre dellosservazione
del quotidiano, mentre tende a stabilire i parametri peculiari del quadro
storico.
Dopo essere
approdato alla regia cinematografica, Scola non smette di approfondire la conoscenza
delle contraddizioni del proprio paese, alla stregua di un drammaturgo che ragiona
sulle trasformazioni della società, recuperando lo schema della razionalità
illuminista e, persino, i contesti narrativi di epoche precedenti: accade, ad
esempio, con Il mondo nuovo (1982) e
con Il viaggio di Capitan Fracassa
(1990). Scola è lautore che ambisce a trasmettere ai suoi spettatori una
sintesi culturale necessaria; pertanto, sa come recuperare utili spunti dalla
collaborazione artistica con i maestri del cinema, da Mario Monicelli a Dino Risi,
da Luigi Comencini a Pietro Germi da Antonio Pietrangeli a Luigi
Zampa, senza dimenticare Vittorio De
Sica. Limpronta di ciascuno costituisce per Scola una matrice poetica
sulla quale innestare un forte impegno civile, venato da un gramsciano pessimismo
della ragione che si traduce, spesso, in malinconia e nella solitudine del
personaggio. In ogni sua produzione si riscontra unattenzione profonda verso
la determinazione dello spazio/tempo più appropriato; e tale tendenza sospinge
la leggerezza dei dialoghi quotidiani a considerare la tragicità del reale.
Soprattutto sul versante della critica sociale il cinema di Scola evidenzia
quanto sia difficile per i suoi protagonisti rassegnarsi alla sconfitta, quanto
sia devastante accettare il fatto che i sogni non si possano avverare.
Un capolavoro
qual è Una giornata particolare
(1977) svela la tastiera espressiva di Scola, che preferisce agire in uno
spazio drammatico circoscritto, mai chiuso; anzi, diviene il luogo deputato sul
quale si rispecchiano le condizioni esterne, attraverso il ricorso ai movimenti
di massa e a una colonna sonora esplicita; sullo sfondo, infatti, savverte la
cronistoria della visita romana di Hitler
il 6 maggio 1938, sul filo di un confronto, sicuramente voluto, con Amarcord (1973) di Fellini. Quel che più
conta è il fatto che dentro le stanze di un grande condominio romano si
manifesti il tempo dellesistenza di alcuni personaggi, in contrasto con gli
eventi che si stanno svolgendo fuori; nellattesa che si compia il proprio
destino, e si attui un futuro già prestabilito, emergono le pulsioni segrete
che propongono una sintesi immediata della loro vita passata.
La narrazione
filmica accentua il sostegno di una struttura teatrale simbolica, che accoglie
in un tempo presente i tratti delle tensioni interiori e che si manifesta nellimmenso
grigiore della solitudine: in questo caso, la silente sofferenza di Antonietta,
recitata da Sophia Loren, si
riflette specularmente nella cruda emarginazione di Gabriele, interpretato da Marcello Mastroianni. Affidandosi allintensità degli sguardi dei
due esclusi, al loro scontroso riservo e al desiderio di stabilire un contatto,
Scola non esita a far esplodere la ribellione di persone ciascuno a suo modo
discriminate; il dramma, allora, oltrepassa la vacuità delloccasione storica –
la pedissequa esaltazione nazifascista del caseggiato e, di riflesso, della
capitale – e diviene un atto universale, un gesto assoluto. Poi, una volta
trascorsa quella “giornata particolare”, si può rientrare in una falsa normalità
che uccide la speranza in un possibile cambiamento.
Nel lavoro di
Ettore Scola conta molto lapporto degli attori, senza il quale si
appiattirebbero sia i vari livelli della scrittura drammatica, sia lefficacia
dei singoli ritratti. A cominciare da Vittorio
Gassman, Mastroianni, Alberto Sordi, Sophia Loren, Nino Manfredi, Ugo Tognazzi,
Monica Vitti fino a Massimo Troisi, Stefania Sandrelli, Giancarlo
Giannini, e agli stranieri, il regista scrive un cinema che esalta le
qualità dei singoli artisti. Ciò si traduce nella valorizzazione dellapporto
recitativo entro un disegno che travalica il limite dello schermo, giunge fino
al pubblico e fa arretrare la presenza invadente del regista.
È così che la
grandezza di Scola sembra appiattirsi dietro il paravento dei suoi maestri, dei
suoi amici-collaboratori e delle grandi figure attorali. Invece, limportanza
del suo viaggio culturale affiora proprio dalla dote di saper valorizzare la
trama dei rapporti e degli incontri. Non si dimentichi come seppe dare un
contributo militante alla politica attiva partecipando alle battaglie progressiste
per modernizzare lItalia. Lo dimostra la sua attività di documentarista-testimone
diretto dellincongruenza dei pregiudizi sociali (Vorrei che volo, 1980) e, insieme ad altri registi, nel 1984, dello sconforto per la morte improvvisa
di Enrico Berlinguer, luomo
politico che si era battuto sino alla fine per una riforma morale del paese.
Con il suo
ultimo atto narrativo-documentaristico, Che
strano chiamarsi Federico - Scola racconta Fellini (2013), la concezione
spazio-temporale del regista si sposa felicemente con uno sguardo
meta-cinematografico. Le immagini, le parole e i silenzi fanno trapelare con
discrezione gli intrecci preziosi che legano la sfera dellamicizia a quella della
professione; emerge fortemente il piacere di raccontare aneddoti e dettagli biografici
che dichiarano la fiducia nella capacità che possiede il linguaggio del cinema nel
rappresentare storie vere sopra orizzonti fasulli, nel testimoniare la forza
dellamore e dellamicizia entro lo schema di una grande illusione, quella che
insegue, forse invano, lutopia di poter cambiare il mondo.
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