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11 minut (11 minutes)

di Luigi Nepi
  11 minut (11 minutes)
Data di pubblicazione su web 18/09/2015  

Il “vecchio” Jerzy Skolimowski (settantasette anni) irrompe alla 72ª Mostra del Cinema di Venezia con il film più “giovane” del concorso: 11 minuti. Maestro di una sua particolare “nouvelle vague”, da oltre cinquant’anni disegna un cinema personale che attraversa, rilegge e oltrepassa i generi, come il precedente e bellissimo Essential Killing, un film “di”, o forse “su”, o meglio “oltre” la guerra in Afghanistan, potente e profetico, anch’esso passato in concorso cinque anni fa a Venezia.

Una scena del film.
Una scena del film

Ma quante cose possono succedere in 11 minuti? Quante vite possono inconsapevolmente incrociarsi e collidere all’interno di un’unica piazza? Sette, otto, nove o più trame compongono questo mosaico di umanità varia, così apparentemente distante ma fisicamente fin troppo vicina. Un’attrice, appena sposata con un uomo gelosissimo, deve fare un provino con un produttore che vuole solo portarla a letto. Un pedofilo venditore di hot dog prima di chiudere il suo chiosco serve un gruppo di suore golose. Una punk con l’immancabile cane non sa dove andare perché ha appena bruciato la casa dell’ex. Il personale di un’autoambulanza deve soccorrere una partoriente e si trova a fronteggiare un pazzo nel degrado di una palazzina popolare. Un motociclista cocainomane finisce preda delle sue allucinazioni. Un manutentore delle strutture di un albergo e la sua ragazza valutano se accogliere un attore porno nella loro prossima escursione in montagna. Un ragazzo in paranoia decide di fare una rapina. Un pittore viene disturbato da una troupe cinematografica. Un autobus di linea pieno di passeggeri vorrebbe proseguire tranquillo la sua corsa… Molteplici vite incastrate in un perfetto congegno a orologeria, tutte dentro un’incredibile e tragica “arancia meccanica” che dura, per ognuna di esse, solo 11 minuti.

Grandissimo omaggio al cinema di Brian De Palma, 11 minut si apre come Redacted, mostrandoci solo riprese da dispositivi “privati” (cellulari, webcam, videocamere di sorveglianza), e si chiude come Femme fatale, da cui riprende le imprevedibili traiettorie del destino; due estremi che servono a contenere un concentrato di idee e cinema in puro stile Skolimowski. I tanti personaggi si sfiorano con le loro storie e ogni passaggio tra queste storie finisce per riposizionare le lancette dell’orologio in un minuto diverso dal precedente. Il tempo perde così la sua categorica dimensione logica, come mostra l’indugiare della macchina da presa su una goccia d’acqua che irrazionalmente risale il muro fino a rientrare da dove era uscita. La rete che collega e imprigiona queste vite, invece che dipanarsi, si infittisce in un montaggio sempre più serrato che prelude all’esplosivo finale, sullo sfondo di una Varsavia mai vista, irriconoscibile, tra quartieri popolari, ville di lusso, moderni svincoli stradali e grattacieli “americani”, in cui ogni rumore, ogni suono ha un suo preciso significato. 

Una scena del film.
Una scena del film

Nelle tante ragnatele lanciate dal regista quella sonora ha un’importanza basilare nell’armonizzare i tempi e gli spazi narrativi. Grazie alla perfezione dei raccordi sonori tutto assume un suo senso: il passaggio di un aereo, la sirena dell’ambulanza oppure anche il semplice squillare dei cellulari suggeriscono allo spettatore il ritorno di quel particolare momento nelle varie trame, mentre la loro maggiore o minore intensità permette di ricostruire una geografia dei luoghi e dei set. Luoghi ai quali viene dato anche un alone di mistero per un punto nero che i personaggi (e solo loro) intravedono nel cielo: cos’è questo punto nero? Una macchia celeste? Un cattivo presagio? Oppure una piccola imperfezione nel destino delle loro vite? Come il pixel mancante nel monitor della polizia o il microscopico rettangolo nero che il fumo finale genera nello schermo, dove l’esponenziale moltiplicarsi di finestre video trasforma tutto in nebbia elettronica, perché il “rumore” di troppe immagini porta alla cancellazione dell’immagine stessa.

In tutto questo Skolimowski si concede anche un’unica, piccola ma esplicita deviazione poetica, quando improvvisamente abbandona un suo personaggio per seguire il volo di un’enorme bolla di sapone, le sue evoluzioni, il suo “respiro”, la sua esplosione. Un volo che pare racchiudere tutto il senso del film: leggero, ipnotico e imprevedibile gioco di dinamiche chimiche destinato a esplodere. Sì, ma quando? E poi, in fondo, non è così anche la vita?



11 minut (11 minutes)
cast cast & credits
 



La locandina del film.
La locandina del film




 
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