Tra
documentari espliciti, docufilm, film ispirati alla Storia e storie vere,
questanno a Venezia la realtà domina incontrastata, non si capisce se per
mancanza di fantasia e ispirazione o perché la diffusa sensazione di una
generale perdita del senso della Storia allarma e fa correre ai ripari il
cinema che riacquista così formidabili opportunità creative. Oppure perché
certe storie sono raccontabili solo se sostenute dal loro inveramento nel reale
tanto sono lontane dal verisimile. O troppo ripugnerebbero al comune sentire se
non fossero la registrazione di eventi effettivamente accaduti. Il film El Clan, ad esempio, dellargentino Pablo Trapero potrebbe essere catalogato
come un ottimo gansters movie, forse
con qualche sbavatura di sceneggiatura ma soprattutto con un impianto generale
assai poco credibile se non fosse la registrazione di una serie di eventi che
colpirono lArgentina sul finire della dittatura. Come credere infatti alla storia
del clan Puccio, dominata dal padre-padrone Arquimedes, fiancheggiatore di
Videla e poi imprenditore in proprio di rapimenti dopo il rodaggio fatto sotto
la dittatura?
Una scena del film
Eppure alla fine degli anni Ottanta la
tranquilla villetta del quartiere di San Isidro ospitava al pianterreno e al
primo piano un affiatato nucleo familiare preso dalle normali attività
domestiche e di educazione dei figli: il padre autoritario ma assai affettuoso,
la madre premurosa e ottima cuoca, le
figlie minori alla prese con i piccoli contrasti quotidiani, il figlio minore
ancora troppo piccolo per ruoli definiti. Insomma tutto assai normale, salvo
forse per lallontanamento volontario di un altro figlio e per il rilievo del
maggiore Alejandro quasi una star del rugby, giocatore della leggendaria
squadra dei Pumas. Al piano di sopra, o a quello di
sotto, a seconda della disponibilità logistica, entravano passando per il
giardino, neppure troppo incappucciate, le vittime dei loro sequestri: il padre
era la mente ma nessuno era innocente, ancor meno Alejandro, preda di un totale
ottundimento della coscienza che gli faceva individuare le vittime tra gli
amici del club e gli permetteva contemporaneamente sia di comportarsi da
campione, sia di organizzare un futuro di solidi valori con la fidanzata
ignara. Il meccanismo del sequestro era semplice, e invariato: rapimento,
richiesta di riscatto, uccisione della vittima, ritiro del riscatto. Tutto
gestito con gelida abilità dal padre, ma con complicità morali ben più ampie.
Una scena del film
Con un distacco che non impone alcun giudizio
morale (ma portando con maestria lo spettatore al limite di sopportazione) il
regista Paolo Trapero riesce però a
far emergere tutto lorrore di una vicenda trattata come materiale per un film
di genere che però a poco a poco rivela la profondità dello smarrimento di ogni
parametro di riferimento. E ottiene il doppio risultato di unopera bifronte,
grazie anche alla felicissima scelta degli interpreti che non appartengono al
cinema d élite ma a quello popular: lo straordinario Guillermo Francella comico e
popolarissimo interprete televisivo, e il giovane Peter Lanzani, idolo televisivo, protagonista di telenovelas e fidanzato intermittente di
Martina Stoessel (la Violetta, che
spopola presso le teenagers di tutto
il mondo, per chi non lo sapesse).
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