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Beasts of no nation

di Luigi Nepi
  Beasts of no nation
Data di pubblicazione su web 05/09/2015  

La 72a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia sceglie subito di giocarsi in apertura uno dei pochi film davvero attesi quest’anno: Beasts of No Nation, che segna da un lato il ritorno al cinema di Cary Joji Fukunaga (dopo la parentesi televisiva di True Detective), dall’altro l’esordio nella settima arte del nuovo colosso produttivo americano di contenuti internet e tv Netflix. La storia, tratta dal romanzo del nigeriano Uzodinma Iweala, è quella tutt’altro che facile del piccolo Agu costretto a diventare un bambino soldato in una delle tante guerre che stanno dilaniando il cuore dell’Africa, guerre che sono il vero motore di tutti quei viaggi della disperazione che stanno attraversando il Mediterraneo e l’Europa.

L’inizio del film è sostanzialmente una geniale promozione della mission della sua casa produttrice: vediamo Agu (un incredibilmente bravo Abraham Attah) e i suoi amici andare in giro per un villaggio africano con la cornice di uno schermo televisivo, tentando di venderla ai militari come Ğla televisione dell’immaginazioneğ o Ğla televisione che vuoi tuğ, all’interno della quale sono gli stessi bambini a mimare i vari tipi di programmi. Finita questa piacevole parentesi ecco che, la tranquilla vita del villaggio, viene totalmente e improvvisamente sconvolta dall’arrivo della guerra civile. Gli uomini, disattendendo l’ordine di evacuazione, decidono di rimanere a presidiare le loro case, mandando via solo le donne e i bambini, ma Agu è già “troppo grande” per cui l’autista si rifiuta di portarlo con sé lasciandolo con il padre e il fratello maggiore. All’arrivo in città il nuovo esercito governativo rastrella tutti i civili trattandoli come ribelli e giustiziandoli sommariamente nella piazza principale. Solo Agu riesce a fuggire nella giungla, dove viene raccolto più che catturato da un manipolo di ribelli agli ordini del fantomatico “Comandante” (interpretato da un gigantesco Idris Elba) che risparmia la vita ad Agu, per precipitarlo nella folle spirale hobbesiana della guerra, con tutto il corollario di possibili e terribili iniziazioni: alla morte, all’omicidio, alla droga, al sesso...


Una scena del film.
Una scena del film

Senza alcuna cautela Fukunaga decide di far precipitare l’intero film nella pazzia che vuole rappresentare, facendolo diventare un crescendo di atrocità al limite dell’horror, il tutto all’interno di un delirio cromaticamente virato di esplicite citazioni kubrickiane (Orizzonti di gloria è praticamente saccheggiato) e di continui rimandi ai personaggi coppoliani di Apocalypse Now. Il risultato è una favola nera, un nuovo “cuore di tenebra” senza precisi riferimenti geografici, che però risulta permeato da una sorta di primordiale idea antropologica tutta occidentale in cui il “cattivo selvaggio” uccide, violenta, squarta, dilania solo per il desiderio di farlo, quasi fosse nella sua natura più intima e irrefrenabile. Insomma sono loro le bestie che ti aspetti, oltretutto all’interno di un conflitto fatto di sigle, partiti, gruppi e interessi totalmente africani, in un contesto fin troppo assolutorio del ruolo dell’Occidente in questo tipo di crisi, aggravato, se così si può dire, dalla funzione salvifica ed etimologicamente luciferina riservata alle forze di intervento dell’ONU.

Non si possono negare al regista tutte le migliori intenzioni, né il merito di voler finalmente portare sotto i riflettori le tragedie delle guerre d’Africa e dei loro bambini soldato, rappresentazione vivente di quell’innocenza negata, violata, cristianamente “scandalizzata”; ma lo stesso Fukunaga dovrebbe sapere che tanto più è delicato il tema che si vuole trattare tanto più questo è difficile e pericoloso da maneggiare. Le soluzioni stilistiche e narrative, i viraggi creativi della fotografia e persino i campi e i controcampi con la macchina da presa che letteralmente oscilla davanti ai personaggi, possono funzionare per i detective della Louisiana o per Jane Eyre, ma possono lasciare più di un dubbio alla fine di un film come questo a cui certo non giova un finale decisamente troppo politicamente corretto.




Beasts of no nation
cast cast & credits
 



La locandina del film.
La locandina del film




 
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