LAnatomie de la sensation pour
Francis Bacon di Wayne McGregor,
creato nel 2011 per il Ballet de lOpéra de Paris e ora ripreso allOpéra
Bastille, è la seconda “commande” del coreografo britannico che torna a
coreografare per il Balletto parigino.
Leccellente organico di cui ammira «lincredibile forza animale» e «la
capacità di incarnare il mondo di Bacon». Un universo pittorico in cui il corpo
umano, attraversato da continue forze ed energie opposte, sprigiona unincredibile
potenza metamorfica e offre il destro a McGregor e al suo concetto di danza di
tenere il passo.
E il quarantacinquenne dancemaker
inglese riesce nellintento grazie a precise scelte musicali,
scenografiche, costumistiche e illuminotecniche, che contribuiscono
organicamente alla mise en espace di
quello che si definisce un balletto contemporaneo. Un genere non narrativo in
cui sono sollecitati la vista e ludito, uniti allemozione suscitata da interpreti
che ne LAnatomie de la sensation si
muovono tra enormi pannelli rettangolari, indossano essenziali e colorati
costumi, appaiono e scompaiono sotto le potenti luci e danzano con la musica in
un continuo interfacciarsi tra danse décole
e danse contemporaine.
Un confronto e unosmosi in cui il classico e il contemporaneo si
incontrano traendo nuova linfa per arrivare a ridefinirsi – se mai è possibile classificare
ciò che è in continua evoluzione – un linguaggio e uno stile contemporaneo di
natura accademica.
McGregor, fondatore nel 1992 della Random Dance Company e nominato nel
2006 coreografo residente del Royal Ballet, è una firma super accreditata a livello
internazionale. Basti ricordare Big Dance
Trafalgar Square per i Giochi Olimpici di Londra 2012, Le Sacre du Printemps per i Bolshoi nel 2013, e le committenze di blasonati
soggetti come lEnglish National Ballet, il San Francisco Ballet, il New York
City Ballet, la Scala di Milano, lAustralian Ballet.
Alexandre Gasse et Mathias
Heymann © Agathe Poupeney - Opéra national de Paris
Ma se in lui sono evidenti gli echi di maestri del postmoderno come Merce Cunnigham e del postclassico come
William Forsythe, è altrettanto vero
che McGregor ha un inconfondibile modo di trattare “la cosa danza” anche con lausilio
delle nuove tecnologie.
Un modus operandi che non
prescinde mai da una solida e rigorosa preparazione tecnica e da una ricerca
instancabile sulle potenzialità di corpi in movimento, che gli consentono di
evitare il pericoloso acrobatismo del ginnasta e di perseguire il suadente “poetismo”
del ballerino. Intendendo per “poetismo” quella raffinata qualità, quella grazia
elegante nella cura del dettaglio interpretativo, nella percezione ballata delle
linee infinite e allungate, nella mobilità delle articolazioni, nella leggerezza
e al tempo stesso nella forza della performance, nella coscienza di esser danzatori
e non esecutori.
Unalchimia che ne LAnatomie de
la sensation, seconda creazione
di McGregor per il Ballett dellOpéra di Parigi dopo Genus del 2007, mette ancora più in evidenza quanto sia facile
declinare il classico verso il contemporaneo e viceversa, indicando una nuova
strada da percorrere anche nelluso disinvolto delle punte e delle mezze punte.
Una strada in cui il corpo, adeguatamente educato e forgiato dallo studio e
dalla scuola, mostra la sinuosità impercettibile e felpata e lo scatto veloce e
improvviso del felino.
Questo lavoro in onore di Francis
Bacon è una partitura
coreografica divisa in nove movimenti che corrispondono ad altrettante sezioni
di Blood on the Floor, lopera musicale di Mark Anthony Turnage ispirata a un
dipinto eponimo di Bacon. Una composizione contemporanea con incursioni jazz,
rock, classiche, ed eseguita dallEsemble Intercontemporain diretto da Peter Rundel con John Parricelli alla chitarra elettrica, Peter Erskine alla batteria jazz, Martin Robertstn al sassofono e al clarinetto, Michel Benita alla chitarra bassa e Willi Bopp curatore del ritmo che nasce dalla contaminazione di
generi musicale differenti.
Un contesto sonoro tuttaltro che facile impreziosito dallarchitettura
scenica di John Pawson che ai grigi pannelli girevoli affianca armature
metalliche che ricordano i quadri di Bacon, come li richiamano le luci datmosfera
gialle, rosse, scure di Lucy Carter
e i raffinati e cangianti body di Moritz
Junge.
Nellessenziale astrattismo narrativo, questa Anatomia si sviluppa per quadri che usano i moduli del duetto, del
solo, del quartetto e dellensemble per cambiare ogni volta prospettiva in
linea con i dipinti di Bacon a cominciare da Blood on the Floor, il
primo movimento. Qui létoile Mathias
Hymann e Alexandre Gasse
ingaggiano una sensuale e animalesca battaglia omoerotica e dopo essersi
spogliati di tutto restano soli come sola è Juliette Hilaire in Junior
Addict. Il secondo movimento è tutto giocato sullestrema verticalizzazione
delle lunghe gambe.
Dorothée Gilbert et Mathias Heymann © Agathe Poupeney - Opéra national de Paris
Una solitudine a cui segue Shout
con le étoiles Dorothée Gilbert e Hymann
affiancati da Charlotte Ranson e
Gasse. Un effervescente quartetto su musica jazz reso ancora più frizzante
dalla presenza di un corposo gruppo di danzatori. Segue Sweet and Decay con le étoiles
Alice Renavand e Josua Hoffalt accanto alla Hilaire e a Florence Mélac, che attraversano lo
spazio in un continuo aggrovigliarsi fra di loro secondo i dettami “mcgregoriani”.
Le sonorità “jazzate” tornano in Needles
con la Gilbert, Héloïse Bourdon,
la Ranson, Adrien Couvez e lensemble,
mentre algido e perfetto è il duo Elergy
for Andy con la splendida étoile Aurélie
Dupont e Gasse a cui fa eco lultimo duetto Crackdow dellétoile Renavand e Hoffalt. Due esempi strutturalmente
e stilisticamente diversi di trattare il modulo duetto. Allentato ed estremizzato
il primo, compatto e veloce il secondo. Il settimo e il nono movimento, Cut Up e Dispelling the Fears, richiamano sulla scena tutti i danzatori in
un crescendo visivo ed emotivo che fa leva su “poetismo” dellessere
tersicoreo.
Uno spettacolo raffinato, ponderato e poderoso,
applauditissimo dal pubblico, che conferma la straordinaria versatilità dei
ballerini dellOpéra di Parigi, dal 2014 diretti dal giovane e volitivo Benjamin Millepied, e la personale
cifra stilistica di Wayne McGregor. Un coreografo che sempre più rifugge da mere
classificazioni e spinge la danza contemporanea a fare propri gli stilemi
accademici per rinnovarli dal profondo.
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