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Paradossi e increspature del tempo

di Raffaele Pavoni
  Predestination
Data di pubblicazione su web 28/08/2015  

In un fumoso pub di Cleveland un misterioso barista senza nome (Ethan Hawke) inizia a parlare per caso con John (Sarah Snook), scrittore da rotocalco dall’aspetto fortemente androgino. I due personaggi si rivelano presto per quello che sono: un agente della polizia temporale, alla caccia di un dinamitardo che sta mettendo a ferro e fuoco la città, e un’ex-madre in cerca della sua identità, costretta al cambio di sesso da un’inspiegabile complicazione post parto.

Tratto dal breve racconto Tutti i miei fantasmi di Robert A. Heinlein (1959), Predestination rispetta il gusto dello scrittore americano per il paradosso e per un individualismo sottilmente nichilista, oscillante tra puro entertainment e complesse riflessioni metafisiche. I fratelli Spierig  (Daybreakers) accettano la difficile sfida di tradurre in linguaggio cinematografico una narrazione interamente basata su una dinamica perpetua di addensamento e dissolvimento di senso, di svelamento e occultazione dei personaggi, di vertigini spaziali e temporali.

Raddoppiando il punto di vista e facendo correre in parallelo al percorso di formazione di John una seconda trama (quella di Snook, assente nel testo letterario), e quindi scegliendo non di attenuare ma, al contrario, di esaltare la complessità narrativa del racconto, Predestination entra a pieno titolo nel filone di quelli che Thomas Elsaesser chiama mind-game films (“film rompicapo”). L’obiettivo è il disorientamento, ottenuto moltiplicando e stratificando narrazione e personaggi, stravolgendo i tempi del racconto, sovrapponendo i punti di vista e configurando un nuovo rapporto (o una crisi di tale rapporto) con lo spettatore.

Una scena del film
Una scena del film

Il film spicca per economia narrativa. Nella prima metà non succede quasi niente: John racconta tramite flashback il suo passato, il barista lo ascolta con un misto di interesse e compassione. Nessuno intorno a loro. Nella seconda metà la trama deflagra: i personaggi si rivelano diversi da quello che sembravano essere, le atmosfere noir virano verso un registro fantascientifico, le unità di luogo (il pub) e di tempo (la sequenzialità dei flashback) vengono piegate alle esigenze, appunto, del mind-game film.

Mostrandoci una dopo l’altra le carte del mazzo per poi rimescolarle e dare il via al gioco, i fratelli Spierig si dimostrano coraggiosamente coerenti con il testo letterario, che sotto forma di diario fa seguire a una prima parte composta quasi interamente da dialoghi diretti una giustapposizione di brevissimi paragrafi introdotti da asettici riferimenti spazio-temporali (e.g. «2300 – VIII-I Aug. 1985 – Sub Rockies Base»).

Nella fonte letteraria si registra una doppia cronologia di tali paragrafi, quella classica («Aug. 1985») e quella riguardante l’ordine dei frammenti diaristici («2300 – VIII»). Nel film questa doppia connotazione temporale – e in ciò si misura la complessità dell’operazione di riadattamento – viene suggerita in parte dagli oggetti scenici (tanto dimesso quanto efficace il lavoro della scenografa Vanessa Cerne), in parte dal montaggio, che chiama lo spettatore a ricostruire ciò che percepisce e, in virtù di un impianto fortemente transumanista, a riflettere sulla ciclicità e sull’inevitabilità del tempo. L’ambiguità tra la componente ludica del film (il gioco delle carte, appunto) e l’ambizione a una riflessione filosofica più ampia rispettano i canoni del genere e rispondono alle aspettative, ritardate nel tempo, dello spettatore, garantendosi la sua piena attenzione.


Una scena del film
Una scena del film

L’addensamento della trama passa soprattutto attraverso una stratificazione dei personaggi, i quali assumono non solo diverse coordinate temporali, spaziali e, nel caso di John/Jane, di genere, ma arrivano a sovrapporsi ai propri equivalenti passati e futuri. La discronia, quindi, ha la doppia funzione di artificio spettacolare e momento di rivelazione, in cui i personaggi si scoprono fragili e impotenti davanti a una dialettica degli eventi che ingabbia la loro esistenza, vanificando ogni libertà di scelta.

Non a caso Jane, il cui grande e unico obiettivo è sempre stato quello di viaggiare nello spazio, si ritrova, costretta dall’immanenza delle circostanze temporali e biologiche, a viaggiare nel tempo; viceversa, colui che pretende di avere un controllo attivo sul tempo, il barista, finisce vittima della propria volontà. Il tempo, dunque, è il vero protagonista, sovradeterminando i personaggi e rendendo le loro storie di vita meccanismi circolari che girano a vuoto, come in un’ideale dilatazione temporale degli spazi impossibili di Escher.

Questi continui sbalzi temporali, oltre a fiaccare fisicamente ed emotivamente i protagonisti, sono raffigurati con un trucco a sostituzione non “a comparsa” (come accade per fare un esempio recente e per certi versi simile in Looper di Rian Johnson), bensì “a scomparsa”. Lo svuotamento improvviso degli spazi scenici su cui indugia la camera è uno degli aspetti più sinistri del film. La creazione di buchi temporali in cui i personaggi non esistono sottolinea, per contrasto, le due scene madri dove, al contrario, essi co-esistono con i loro omologhi passati e futuri, contrapponendo all’assenza degli attori una loro presenza “in eccesso”. L’asetticità di tale operazione, tuttavia, si tinge – ed è qui che gli autori reinterpretano in chiave personale il testo di origine – di forti tinte melodrammatiche, laddove l’impedimento esterno è rappresentato dalla circolarità del tempo.

Predestination, in definitiva, è un film multiforme, sfuggente, che si muove tra intrattenimento puro e riflessione filosofica, entrando e uscendo dai generi cinematografici con assoluta disinvoltura, transitando dalla fantascienza al dramma sentimentale. Il tutto nella cornice di un thriller psicologico in cui la ricerca del colpevole si trasforma nella ricerca del sé e, soprattutto, della proiezione e percezione di sé nel tempo. Ne deriva un ripensamento del tempo stesso, la cui linearità, presupposto di ogni arte performativa, viene ripiegata e messa in crisi, quasi a voler sfuggire alla scansione costante del linguaggio cinematografico, a quei ventiquattro fotogrammi al secondo che tentano di parcellizzare e ordinare logicamente una temporalità che si muove in senso diametralmente opposto. Tutto il film non è altro che un cortocircuito tra queste due istanze, la cronaca di una convivenza fallita tra la circolarità del tempo e la sequenzialità della rappresentazione cinematografica.



Predestination
cast cast & credits
 

La locandina
La locandina del film



 
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