Dal 28 maggio al 1° giugno 2015 è
andato in scena nel cortile del Museo Nazionale del Bargello Inferno Novecento, un nuovo spettacolo
di Federico Tiezzi con Sandro Lombardi e David Riondino, per la drammaturgia di Fabrizio Sinisi.
In scena solo i due attori con i
loro leggii, una sedia e una chitarra sullo sfondo del cortile animato
dallavvicendarsi di proiezioni luminose. Lombardi e Riondino fanno il loro
ingresso come in parata assediando dai due lati opposti lo spazio centrale che,
fin dalle prime battute, si trasforma in un luogo-isola sospeso nel tempo e
nello spazio.
Inizialmente, con Lombardi, gli
spettatori hanno percorso una volta ancora la discesa che conduce alle porte
dellinferno mentre, con Riondino, hanno visitato un luogo terreno inafferrabile
come il sogno, popolato di defunti sorpresi come durante una scampagnata.
Nello spettacolo si alternano letture
dei canti danteschi e frammenti del grande giornalismo del Novecento: Giovanni Grazzini, Oriana Fallaci,
Enzo Siciliano, Rossana Rossanda, Aldo
Cazzullo, Fernanda Pivano, Matteo Durante e Renzo Guold.
Spiega Sandro Lombardi: «Quando
Fabrizio Sinisi mi disse che in questo spettacolo il ping-pong tra Dante e la
modernità sarebbe stato realizzato attraverso la scelta di racconti, personaggi
o episodi presi sul momento, còlti dal vivo da giornalisti della levatura di Oriana
Fallaci, Rossana Rossanda, Fernanda Pivano
(solo per citarne alcuni), io rilanciai. Lidea mi piacque molto e dissi: “benissimo,
allora cerchiamo di fare una lettura figurale dellInferno.” La definizione di ‘lettura figurale è di Erich Auerbach, il quale nota come lo
sviluppo di duemila anni di cristianesimo si basi sul ritrovare, nellAntico
Testamento, quelle che possono essere considerate profezie, anche se non
nascevano come tali. Se siamo credenti riconosciamo ad esempio che quella di Isaia è la profezia della resurrezione
di Lazzaro. Se non siamo credenti o
se vogliamo comunque fare un discorso critico-scientifico e non fideistico,
diciamo che è stata operata una lettura figurale, cioè sono stati cercati degli
episodi che potessero risultare profezie. In questo senso Paolo e Francesca
possono diventare profezia per Lady
Diana e Dodi Al Fayed. NellInferno, come nel Purgatorio, nel Paradiso e
in tutti i capolavori, non cè scritto solo quello che cè scritto. Cè scritto
anche quello che ancora non è avvenuto. Solo dei libri sapienziali, credo si
possa fare una lettura figurale».
Perciò al canto XII dellInferno, dedicato ai tiranni, è abbinato
larticolo di Durante sullesecuzione di Saddam
Hussein apparso su «Panorama» (2006). Mentre ai suicidi
di cui si narra nel canto XIII sono affiancati gli articoli di Grazzini e
Rossanda rispettivamente sul suicidio di Marilyn
Monroe e su quello della rivoluzionaria cubana Haydée Santamaria. Al canto XV, in cui Dante incontra Brunetto Latini, corrisponde invece lo
scritto di Pivano su Lou Reed e Andy Warhol.
Gli ultimi “capitoli” dello spettacolo conducono ai piani più bassi
dellinferno attraverso tre racconti paralleli:
Ulisse e Pier Paolo Pasolini, Guido da Montefeltro e Giulio Andreotti, il Conte Ugolino e
la jihad islamica. Infine, lultimo canto
dellInferno è abbinato alla caduta
delle torri gemelle descritta da Oriana Fallaci sul «Corriere
della Sera» nel 2006.
Alla “schermaglia” drammaturgica tra
poesia e prosa si fonde linterpretazione fluida e melodiosa di attori e
musicisti che, fin dalle prime parole e dai primi rimbombi del tamburo,
innescano un gioco quasi visibile di scene e controscene sonore in grado di
moltiplicare i personaggi e di riempire lo spazio del cortile. Se i singoli
strumenti si insinuano nel tessuto sonoro come comparse a sottolineare con uno
squillante suono di trombetta o con un lamentoso assolo la lettura di un verso
dantesco, il passaggio da un testo allaltro è sempre accompagnato da un
commento musicale che chiude il discorso appena affrontato e apre quello successivo.
Così il tema della Sonata per due
clarinetti di Francis Poulenc,
ascoltato in apertura, subito dopo Il
poema dei morti scritto e interpretato da David Riondino, ritorna come un leitmotiv legato al luogo mentale in cui
siamo immersi per tutta la durata del nostro viaggio dentro e fuori dal
Novecento.
In alcuni passi Lombardi e
Riondino si incalzano a vicenda, si tolgono versi e frasi di bocca, senza
rispettare alcuna divisione tra narratore e personaggio. Poi, se da una parte
Riondino afferra la chitarra e mette in musica il canto di Paolo e Francesca come
avrebbe fatto un trovatore medievale oppure si trasforma in un aedo che
arpeggia in sottofondo mentre racconta le vicende vissute da Ulisse, Lombardi
orchestra i silenzi come fossero quinte: rimanendo al leggio esce di scena,
ancora con la voce gioiosa e un po stridula di Lou Reed che parla degli anni
paradisiaci passati al fianco di Warhol. Quando torna, dopo una breve ma
tremenda pausa di silenzio, la sua voce sembra vecchia, è rauca, sofferente ed
è la voce doltretomba di Brunetto Latini.
Sullo sfondo, il cortile del Bargello, alto fino alle stelle per
impedire a chiunque di cercare vie di fuga. Ad un certo punto dello spettacolo,
in alto, si apre un rettangolo di luce, come se qualcuno avesse spalancato una
finestra per guardare giù o come se qualche condannato avesse per un attimo
intravisto luscita da quellinferno. Per tutto il resto del tempo dei fasci
luminosi si sono dati battaglia dietro le spalle degli attori: forse non solo semplici pennellate
di luce, ma lame quasi bloccate nellatto di incrociarsi, come segni
drammaturgici dello scontro in atto. Lo scontro tra limmagine concreta di un
inferno e limmagine surreale della nostra realtà.
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