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Grande parata di freaks e di motori

di Nicola Stefani
  Mad Max: Fury Road
Data di pubblicazione su web 04/06/2015  

In un futuro distopico dove la terra è una landa desolata, l’imperatrice di una cittadella del deserto si ribella al dominatore incontrastato e idolatrato da una folla di sudditi ridotti alla fame e allo stato di bestialità. La donna ruba un camion-cisterna e rapisce cinque tra le concubine preferite dal dittatore, scatenando un inseguimento che vede in azione una varietà di automobili, motociclette e cingolati, mezzi di trasporto tra i più eccentrici e fantasiosi mai apparsi sul grande schermo. Con l’aiuto di un fuggiasco, tormentato dal desiderio di vendicarsi dei soprusi subiti dalla famiglia (il Max del titolo), il gruppo capitanato dall’imperatrice Furiosa riuscirà a ribaltare il potere sanguinario e dispotico, dopo una sarabanda di scontri ed esplosioni.



Una scena del film

George Miller riprende l’immaginario post-apocalittico con venature steampunk a trent’anni esatti dall’ultimo capitolo della sua trilogia composta da Interceptor (1979), Interceptor – Il guerriero della strada (1981) e Mad Max  ̶  Oltre la sfera del tuono (1985). Tuttavia la nuova avventura è di fatto slegata dagli avvenimenti dei film precedenti. Nel panorama attuale, popolato da blockbusters dagli effetti digitali sempre più raffinati, riproporre ciò che agli inizi degli anni Ottanta era fantascienza d’avanguardia sarebbe apparso un’operazione retrò per ammiratori nostalgici.

Il regista, al contrario, sceglie la strada più rischiosa: quella di delimitare la vicenda, per tutta la durata del film, alla rincorsa dei fuggiaschi, oscurando le ragioni e il contesto del mondo futuro. Consapevole che il mondo da lui creato è ben radicato nell’immaginario del suo pubblico, Miller evita inutili scene didascaliche che avrebbero appesantito la narrazione. L’unità d’azione favorisce il dinamismo delle riprese (camera-car, travelling), diluendo gli elementi fantascientifici in un roboante contesto d’inseguimento, di indubbia e trascinante vitalità.



Una scena del film

Il deserto australiano è l’immenso set dove le rutilanti scene d’azione si sviluppano nella loro inventiva efficacia. Ne viene fuori uno spettacolo dal carattere dichiaratamente “attrazionale”, che si rifà al cinema muto. Memore della grande tradizione anglosassone del genere chase, il film colleziona moltissime trovate visive caratterizzate da una violenza grafica più che realistica. Con l’aiuto del direttore della fotografia John Seale, il regista costruisce le immagini usando quasi esclusivamente due colori: l’arancione per visualizzare il deserto di giorno, e un monocromatico blu per rendere l’idea della notte.   

 
La sceneggiatura, firmata dallo stesso Miller, da Nick Lathouris e da Brendan McCarthy, procede per scossoni e brevi momenti di stasi, sviluppando un apologo femminista dove il potere maschile è l’obiettivo da distruggere. Perciò, più che il taciturno Tom Hardy, la vera protagonista risulta essere l’imperatrice Furiosa di Charlize Theron, energica e dolente. Ultima incarnazione di una serie di eroine delle quali, negli ultimi anni, il cinema d’azione sembra non poter fare a meno.



Una scena del film

Si rilevano alcuni squilibri tra le maggiori sequenze d’azione e le poche scene riflessive, tra il desiderio di ritorno di Furiosa e gli inneggiamenti dei soldati al Valhalla.

Tuttavia il tutto è riscattato da un coerente e al tempo stesso delirante campionario di corpi deformati, accentuati da trucchi e costumi dalle borchie e cromature metallizzate. Mad Max: Fury Road è cinema che, parafrasando il tormentone di un personaggio, sprona continuamente lo spettatore ad “ammirarlo”, travolgendolo col suo alto tasso di spettacolarità.




Mad Max: Fury Road
cast cast & credits
 


La locandina del film


 
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