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Le sorprendenti variazioni enarmoniche di Marthaler, formato "king size"

di Francesco Tomei
  King size.
Data di pubblicazione su web 25/05/2015  

Cristoph Marthaler mette in scena un teatro da camera brillante, che non prende vita nell’intimità delle mura domestiche del canonico salotto borghese, bensì in una presunta stanza d’albergo, elegantissima nel suo raffinato cromatismo tutto floreale, in turchese e in finiture oro. In questa suite non c’è spazio per la privacy dei quattro bizzarri abitanti che mettono a nudo i loro pensieri sulla vita e sui sentimenti in un unico flusso di coscienza musicale dichiaratamente “enarmonico”.

È all’insegna della complessità, della polisemia dei simboli adottati dal regista svizzero che si struttura lo spettacolo, prodotto da Theater Basel Svizzera e approdato in Italia al Festival dei Due Mondi di Spoleto e poi al Teatro Fabbricone di Prato.

Con una performance nella performance, suonando e cantando al ritmo di uno scatenato ironico e surreale vaudeville, i quattro protagonisti non si manifestano nella loro quotidianità fatta di relazioni sociali, accadimenti e sconvolgimenti delle loro vite più o meno complicate. In King size non c’è una trama con uno svolgimento lineare né un’espressa morale (l’autrice del testo è Malte Ubenauf). Troneggia solo un “lettone” formato king size, appunto, intorno al quale gravita un’insolita coppia che con divertente e divertita imprevedibilità si muove da un lato all’altro della stanza.

Un momento dello spettacolo
Un momento dello spettacolo 
© Simon Hallstrom

All’improvviso, nel bel mezzo della pièce, sguscia lei da sotto il letto, prima cantando e poi mangiando una foglia d’insalata caduta sul pavimento. Quindi sbuca dall’armadio, con effetto sorpresa, un insolito trio al ritmo swing di uno spumeggiante “duap duap”. A più riprese tutti s’arrampicano sopra una sedia per raggiungere un cassetto che si rivela un’invitante cella frigo-bar. I personaggi vanno e vengono dal palcoscenico sostando in un fuori scena che non è altro che il bagno della stanza, dal quale provengono rumori inconfondibili che suscitano l’ilarità del pubblico.

Gli angoli più reconditi e inusuali della scena corrispondono agli anfratti più nascosti e misteriosi della mente dei protagonisti: pensieri, desideri, sogni, paure che prendono vita in maniera disordinata attraverso il canto e le variazioni su temi precisi; che si palesano agli occhi e alle orecchie dell’attento spettatore nel susseguirsi e nell’alternarsi delle canzoni, lungo il corso di una interminabile e surreale notte.

Il comodo letto sarebbe l’ideale per conciliare un sonno che però non sfiora nemmeno questo eccentrico ensemble composto da due formidabili cantanti/attori, Tora Augestad e Michael von der Heide, coppia separata in albergo (anziché in casa). I due sono appassionatamente accompagnati dal pianista Bendix Dethleffsen e da un’anziana e misteriosa signora in blu interpretata da Nikola Weisse, l’unico personaggio parlante (e non cantante), “il clown” che estrae e mangia gli spaghetti dalla borsa, che sale sulle sedie e che attraversa distrattamente il palcoscenico, più volte, come se si trovasse su un marciapiede cittadino da solcare velocemente e distrattamente.

Un momento dello spettacolo
Un momento dello spettacolo
© Simon Hallstrom

Il pianista-attore Dethleffsen ha sapientemente curato anche la direzione musicale dello spettacolo realizzando una originale commistione di repertorio classico e contemporaneo: dallo Schumann di You could drive a person crazy alle note di Le nozze di Figaro di Mozart al Tristan und Isolde di Wagner, passando al Come heavy sleep di John Dowland fino a I go to sleep dei The Kinks e alle canzoni di Michel Polnareff. La casualità del susseguirsi dei brani è solo apparante: non si tratta di una mera sequenza di canzoni, ma di un’opera nella quale paratatticamente ogni momento musicale acquista senso se messo in relazione ai precedenti e ai successivi. Per ogni genere (dalla chanson française al musical) gli attori assumono pose, indossano abiti e adottano posture differenti.

Attraverso la drammaturgia musicale Marthaler affronta temi come l’“assurdo” e il “grottesco”, l’incomunicabilità nell’amore, il senso e il fine ultimo della vita, lo scorrere inarrestabile del tempo. Le poche parole recitate dalla signora in blu consegnano allo spettatore la chiave di lettura dello spettacolo che attinge a piene mani al filone più conosciuto del teatro dell’assurdo contemporaneo.

King size è un altro gioiello di Marthaler. Uno spettacolo leggero, ma dall’ironia tagliente, che adotta un linguaggio polisemico ma allo stesso tempo universale, quindi fruibile da un pubblico internazionale. Le barriere linguistiche sono abbattute dalla combinazione originale di una sorta di “filosofar cantando”, marchio di fabbrica della poetica drammaturgica del regista svizzero.



King size. Variazioni enarmoniche
cast cast & credits
 



 
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