drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti
cerca in vai

John Thomson. Primi sguardi verso oriente

di Eleonora Guzzo
  John Thomson. Primi sguardi verso oriente
Data di pubblicazione su web 13/04/2015  

Un’antica maschera rituale in legno, dalla recondita provenienza, accoglie il visitatore a Palazzo Nonfinito, quasi ammonendolo ad apprestarsi con cautela a compiere un periplo fuori dal tempo nel Museo di Antropologia e di Etnologia, attraverso un dedalo di culture straordinariamente ricche e continenti inimmaginabilmente lontani.

La mostra John Thomson. Primi sguardi verso Oriente nasce da una collaborazione del museo fiorentino con il Centre Culturel de Taïwan di Parigi ed è curata da Pei-ni Beatrice Hsieh, direttrice del Kaohsiung Museum di Taiwan. L’esposizione trova il proprio spazio naturale nelle sale che ospitano i tesori rintracciati dallo scrittore e antropologo Paolo Mantegazza in Sud America, dal primo etnologo italiano Guido Boggiani in Paraguay, da Fosco Maraini nel corso dei suoi soggiorni presso i nomadi giapponesi, così come da numerosi studiosi in ogni angolo del globo, a partire dalla Nuova Guinea dei cacciatori di teste fino alla Nuova Zelanda del Capitano Cook.



Donne anziane pepo, La-lung, dettaglio, Formosa (Taiwan), 1871

Lo scozzese John Thomson (1837-1921), fotografo documentarista, topografo e scrittore, condivise con questi esploratori lo sguardo attento e partecipe su scenari divenuti oggi leggendari, quelli del lontano Oriente: l’impenetrabile Cina, l’antica Formosa, la Cambogia e infine il Vietnam, ancora ignari delle grandi trasformazioni novecentesche. Negli anni Settanta dell’Ottocento, per l’Occidente positivista, questi remoti territori erano ancora velati di esotismo e mistero: essi costituivano spesso gli scenari prediletti dei romanzi d’avventura, e cominciavano ad attrarre l’interesse degli artisti; solo raramente erano il soggetto di un’indagine scientifica.

Thomson coglie appieno il fascino sprigionato dai costumi tradizionali cambogiani, dai sinuosi templi del Vietnam e dai paesaggi lussureggianti delle foreste cinesi. Egli si avvicina all’Estremo Oriente con la curiosità dell’esploratore e l’abilità formale del fotografo, e al contempo con l’interesse dell’antropologo. Una sensibilità a più livelli riconoscibile nelle sessantotto stampe in mostra a Firenze: non solo fotografie dal notevole valore artistico, ma anche importanti reperti documentaristici. Questi ultimi, lungi dall’arrestarsi ai clichés di vedute paesaggistiche e di genere o agli stereotipi dei ritratti folkloristici, indagano, attraverso il mezzo fotografico e con lo sguardo caratteristico dei reportage moderni, la cultura orientale, puntando l’attenzione sugli aspetti sociali ed “evolutivi” delle civiltà incontrate.


Presentazione di un principe al re del Siam, dettaglio dell'architettura, Bangkok (Tailandia), 1865

Le fotografie, scattate nel corso dei viaggi nel Sud Est asiatico e in Estremo Oriente nell’arco di un decennio, fra il 1862 e il 1871, furono pubblicate già pochi anni dopo, nel 1875, sulla seguitissima rivista parigina ĞLe tour du Mondeğ. Tali immagini, che rivelarono agli europei di allora il volto nascosto dell’altro lato del mondo, restituiscono oggi una narrazione poetica della vita quotidiana, dei personaggi e delle diverse culture. La mostra espone le immagini scelte da Thompson nel 1875, ristampate in grande formato grazie alle più innovative tecniche di lavorazione e ingrandimento digitale, messe a punto da Epson.

Nell’anno dell’incoronazione della regina Vittoria (1862), all’età di venticinque anni, Thomson lasciava per la prima volta la nativa Edimburgo con l’obiettivo di raggiungere a Singapore il fratello maggiore William, fotografo. Come unico bagaglio, i diplomi in filosofia della natura, chimica e matematica, e soprattutto i rudimenti di ottica, appresi da James Mackay Bryson. 

A Singapore, ritrarre i viaggiatori europei e i mercanti di passaggio non soddisfaceva l’inquieto Thomson e la sua vocazione all’indagine delle popolazioni locali. Così, a partire dal 1864, troviamo lo scozzese impegnato in continue spedizioni documentaristiche che lo spinsero a stabilire una nuova base in Siam, da dove sarebbe stato più agevole proseguire alla volta della Cambogia. In quest’ultimo paese, il suo obiettivo fotografico coglie non solo gli aspetti d’interesse antropologico, né cattura semplicemente dei ritratti: sembra volere piuttosto penetrare l’enigma di uno sguardo cresciuto osservando altre albe e apprezzando altri tramonti.



Rovine della chiesa di Saint Paul a Macao, dettaglio di costruzioni in stile occidentale a confronto, Cina, 1870

Lo sguardo raffinato di Thomson si esalta di fronte alla natura incontaminata, lussureggiante e indomita: quella percorsa nei primi mesi del 1866 per raggiungere i templi di Angkor. La serie di fotografie che immortalano tali templi, dotate di brevi didascalie annotate direttamente sulle lastre, è fra le più interessanti dell’esposizione. Testimonia l’interesse del documentarista per le architetture e le loro telluriche geometrie. Visioni limpide venate di una poesia silenziosa, nonostante la cura meticolosa dei dettagli.

Prima di rientrare a Bangkok, lo scozzese visitò Pnomh Penh e Saigon, immortalando le molteplici sfaccettature di quelle lontane realtà sud-orientali: i personaggi, il lavoro nei campi, i porti in cui sono impresse le tracce dei contatti con l’Occidente, le differenze sociali e di genere. Per realizzare questi suoi primi reportage, il fotografo ricorse alla laboriosa tecnica del collodio umido, portandosi appresso una macchina binoculare per le vedute stereoscopiche e i supporti fotosensibili.

Nel 1867, fissata come base Hong Kong, si presentava a Thomson una nuova grande sfida. Della spedizione per raggiungere la costa meridionale della Cina, la mostra odierna regala una generosa selezione di scatti, in bilico tra paesaggi e ritratti, ogni volta elegantemente tratteggiati e suggestivamente inquadrati. Attraverso il bianco e nero delle stampe emerge lo sguardo stupefatto del fotografo fin de siècle di fronte a La-lung e al rito della pesca fra le onde a Formosa (1871), ai grandi massi ad Amoy (1867), alle particolari sculture incontrate lungo la strada verso le tombe Ming nei pressi di Pechino e a Nanking, nella provincia di Kiangsu (1871).



Coltivazioni a Tiensin, dettaglio, Cina, 1867

L’esposizione riserva, infine, un’attenzione particolare alle donne, considerate ai margini della società, nel remoto Oriente come in Europa. Thomson, con la stessa meticolosità, ritrae vecchie e giovani in un confronto etnologico prima che estetico.

Il suo è uno sguardo sensibile alla condition humaine di allora e di oggi. Emblematica l’immagine scattata a Tiensin, nel 1867, che ritrae un contadino seminudo che spinge lo sguardo in lontananza, seduto sulla sponda dei campi allagati verso l’orizzonte, da cui emergono, fragili e spogli, alberi da frutto e coltivazioni.





La mostra (Firenze, Museo di Antropologia e di Etnologia, via del Proconsolo 12) resterà aperta fino al 14 maggio 2015, con orario 9-17   (10-17 sabato, domenica e festivi). Rinviamo qui al sito ufficiale della mostra


Re Mongkut in tenuta ufficiale, Bangkok (Thailandia), 1866 (Copyright: Londra, The Wellcome Library)
























Mongkut, primo re del Siam, in tenuta occidentale, Bangkok (Thailandia), 1865 (Copyright: Londra, The Wellcome Library)











































Rogo per la cremazione del figlio del re Mongkut, Thailandia, 1867 (Copyright: Londra, The Wellcome Library) 


 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013