Abel Ferrara è uno dei più grandi autori del nostro tempo, questa è una premessa indispensabile per affrontare il suo cinema. Troppo spesso criticato (fino al disprezzo) e troppo spesso giudicato come discontinuo, incostante e capace di alternare capolavori a opere discutibili, Ferrara è un regista che ha sempre messo in scena la sua idea di cinema, senza scendere a compromessi, pagando sulla sua pelle le scelte fatte, dilapidando per questo l'enorme credito guadagnato con l'industria cinematografica americana dopo film come King of New York (1990), Fratelli (1996) e, soprattutto, con Il cattivo tenente (1992), e riuscendo comunque a realizzare film bellissimi come lo straordinario Mary (presentato in concorso a Venezia nel 2005), l'anti-apocalittico 4:44 Last Day on Earth (anch'esso in concorso sempre a Venezia nel 2011), il precedente Welcome to New York (sul caso Strauss-Kahn 2014) e questultimo Pasolini, perfettamente inserito in questo suo particolare percorso artistico.
Ferrara ci mostra le ultime 24 ore di Pasolini e ci mostra un uomo incredibilmente vivo, immerso nel suo lavoro (la postproduzione di Salò) carico di progetti, di idee, di programmi, estremamente consapevole dell'importanza e del peso delle sue parole, pienamente immerso nella sua dimensione pubblica e artistica, senza però dimenticare quella privata, dove viene sottolineata la sua estrema delicatezza e gentilezza nei rapporti sia con i suoi familiari che con i suoi “ragazzi di vita”, evitando ogni genere di polemica “politica” o complottista sulla sua morte. Solo questo vale la visione del film, ma Ferrara si spinge oltre, osando, come sempre, linosabile e mettendo in scena pasolinianamente riscrivendo i progetti postumi e del poeta: Petrolio e Porno-Teo-Kolossal. Per il primo ricrea un ricevimento buñueliano nel quale il “poeta” (colui che “sa” senza bisogno di avere prove giudiziali) inizia a raccontare la storia di quanto ci sia di sporco, torbido, vischioso e pericoloso dietro al commercio mondiale del petrolio. Per il secondo (il viaggio di un re magio moderno e del suo servitore dietro una nuova cometa, verso un nuovo Salvatore) chiama Ninetto Davoli a recitare la parte pensata per Edoardo De Filippo e affida a Riccardo Scamarcio il ruolo che avrebbe dovuto ricoprire proprio lo stesso Davoli, e sembra di rivedere, quasi cinquantanni dopo, Baciù Miao de La terra vista dalla luna ripartire per una nuova impossibile ricerca, in cui, ancora una volta, “essere morti o essere vivi è la stessa cosa”.
Una foto di Willem Dafoe
Nel film Pasolini ha le fattezze di Willem Dafoe, o meglio è Dafoe a lasciarsi ispirare e attraversare da Pieruti, come, affettuosamente, Pasolini veniva chiamato in famiglia. Ferrara ne accarezza il corpo e i lineamenti svelandoli con lente carrellate, come se si trattasse di un paesaggio incontaminato; in un modo opposto, ma coerente, aveva già svelato lorribile nudo “capitalista” di Depardieu nel ruolo del “socialista” Strauss-Kahn, emblema di quellenorme confusione politico-ideologica che lo stesso Pasolini aveva previsto con enorme anticipo. Due film biografici che acquistano forza e coerenza se visti entrambi, quasi che luno avesse bisogno anche dellaltro.
Insomma chi cercasse un film agiografico, riassuntivo o addirittura “definitivo” sulla figura di Pasolini, è pregato di rivolgersi altrove, chi, invece volesse vedere finalmente bel Cinema lo può trovare incredibilmente nelle sale (ancora per poco, forse).
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