Coppa Volpi per il miglior attore e la migliore attrice alla LXXI Mostra del Cinema di Venezia, 2014. Di fame parla il coraggioso film di Saverio Costanzo Hungry Hearths, girato in inglese con cast italo-americano. Ma non di fame fisica, bensì di fame metaforica, fame damore che si trasforma in distorsioni della percezione e in assolutismi irragionevoli che proprio sul piano fisico del cibo trovano il loro terreno elettivo.
Liberamente tratto dal romanzo Il bambino indaco di Marco Franzoso (o meglio dalle tracce lasciategli nella memoria dalla lettura appassionata del libro) il film segue la storia apparentemente normale di due giovani come tanti, spersi in una grande città e avvicinati dal caso che trasforma una situazione imbarazzante nelloccasione della vita. Si conoscono nella toilette di un ristorante cinese in cui lei ha infilato la porta sbagliata e restano chiusi dentro: è un prologo irresistibile in cui in due metri quadri il regista mostra quali risultati si possono ottenere da due strepitosi protagonisti, Alba Rorwacher e Adam Driver in un siparietto comico che è una perla. Fine del prologo. Il destino che fa bene le cose ce li fa poi trovare uniti e innamorati: due solitudini che hanno trovato la loro guarigione.
Una scena del film
Sono innamorati, spensierati e a loro modo coraggiosi quando un bambino non cercato impone scelte decisive: lei, giovane Italiana trasferita a New York per lavoro, lo abbandonerà per dedicarsi completamente alla sua nuova vita. Piano piano, con maestria condivisa dalla sensibilità dellinterprete, Costanzo introduce dei piccoli scarti dalla norma, piccole smagliature progressive che a un certo punto disegnano un quadro allarmante, quando le normali ansie di una prima maternità si deformano nellesaltazione di una maternità eccezionale, con un “bambino indaco” che potrà purificare il mondo e che impone alla genitrice responsabile una pari purificazione. E così la responsabilità, comunque immensa, di una maternità, diventa il catalizzatore di tutte le insicurezze e le durezze messe a freno da un equilibrio precario. La paura di un mondo contaminato induce allisolamento, la protezione diviene delirio, fino al fanatismo assolutista del rifiuto del cibo e quindi della condanna a morte per fame delladorata creatura.
Una scena del film
Prima marito innamorato e quindi soggetto alla compagna, Jude (Adam Driver) resta travolto dal disorientamento fino a che la responsabilità paterna prevale sullamore e lo spinge a cercare conforto nei più tradizionali appoggi della medicina classica e del sostegno familiare: il risultato sarà la salvezza del bambino e la tragica fine della madre.
Lesperienza fatta con La solitudine dei numeri primi e la ricca casistica affrontata nella regia degli episodi italiani di In Treatment hanno affinato la capacità introspettiva di Saverio Costanzo che riesce certamente a rimanere al di fuori della storia e soprattutto a non provocare nello spettatore né unempatia complice né una repulsione giudicante. Il che è un ottimo risultato anche se pian piano la padronanza dei mezzi tecnici e un sottofondo di citazionismo cinematografico levano al film quella maestria leggera che lo percorre per un lungo tratto. Troppo vicino al noir e troppo compiaciuto di alcune bellurie stilistiche (valga per tutte lesasperazione del grandangolo quando la mente della protagonista vacilla portando le sue convinzioni al limite della follia) alla fin fine il film è più interessante che riuscito ma certo sfugge impavido ad ogni rischio di banalità.
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