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Maometto II conquista Roma

di Riccardo Cenci
  Maometto II
Data di pubblicazione su web 07/04/2014  

 

Nel Maometto II l’invenzione rossiniana si mostra del tutto refrattaria alle convenzioni dell’epoca, costantemente incline ad infrangere le limitazioni imposte dalla poetica del numero chiuso, una caratteristica ben evidenziata da Philip Gossett in occasione della prima ripresa in tempi moderni, andata in scena a Pesaro nell’ormai lontano 1985. Una libertà espressiva ed un guardare avanti che giustificano l’incomprensione del pubblico napoletano e il conseguente insuccesso della prima esecuzione del 1820. L’anno è cruciale, poiché vede il compositore sottrarsi ai ritmi frenetici della produzione precedente, per affrontare la scena con una consapevolezza rinnovata.

 

Oggi che la Rossini Renaissance è un dato ormai acquisito, piace constatare come il Teatro dell’Opera di Roma si accosti per la prima volta a questo titolo ingiustamente negletto nella sua programmazione. Certo non hanno giovato alla ricezione dell’opera i numerosi rifacimenti e le loro divergenze drammaturgiche, la revisione ottimistica confezionata per le recite veneziane del 1822-23, la versione approntata per il palcoscenico parigino, quasi un’opera autonoma, come testimonia l’adozione del nuovo titolo Le siège de Corinthe. A complicare ulteriormente la questione un Assedio di Corinto che altro non è se non la traduzione italiana, pasticciata e mescolata con pagine espunte dallo stesso Gioacchino Rossini, della sopra citata versione francese. Pur utilizzando l’allestimento proveniente dalla Fenice di Venezia, in occasione del quale venne eseguita la seconda versione “depurata” dal drammatico finale, il Teatro dell’Opera presenta l’originale stesura napoletana, una scelta perfettamente condivisibile. Le consuete turcherie, solitamente foriere di inesausta ilarità, si traducono infatti in una partitura dall’alta statura tragica. Sullo sfondo storico fornito dalla battaglia di Negroponte si innesta il dramma umano intessuto di passioni preromantiche; il contrasto fra ragion di stato e sentimento amoroso lacera l’anima di Anna, invaghita di un Maometto conosciuto sotto mentite spoglie, il quale nel contempo risulta molto più nobile e meno feroce rispetto agli stereotipi tradizionali, costantemente incline a ricercare una soluzione per così dire diplomatica, più che a dare libero sfogo alla forza bruta. Importante l’apporto del libretto confezionato dal duca Cesare Della Valle a partire da un proprio dramma, lontano dalle convenzioni e funzionale alla volontà sperimentale messa in campo dal compositore.

 

Dal punto di vista musicale l’ampiezza e l’accuratezza formale dei pezzi d’insieme, unitamente alla varietà dell’invenzione orchestrale, garantiscono al Maometto II un posto di assoluto rilievo fra le opere del Rossini “serio”. Roberto Abbado pone l’accento sui toni oscuri e battaglieri, sacrificando la classica luminosità della scrittura. Nel complesso la sua concertazione risulta un poco rigida e non sempre adeguatamente attenta ai preziosismi strumentali. Riguardo gli interpreti, Roberto Tagliavini è un Maometto sostanzialmente corretto, non sempre sufficientemente autorevole anche a causa di un registro acuto opaco. Marina Rebeka è interprete sensibile, dalla voce pura e cristallina, maggiormente a proprio agio nelle colorature e nel canto elegiaco rispetto ai momenti epici. La sua Anna si distingue per l’afflato lirico e per la sofferta emotività. Vocalmente brava Alisa Kolosova nel difficile ruolo di Calbo, anche se deve maturare ancora dal punto di vista della personalità. Juan Francisco Gatell rende bene la complessità sentimentale di Erisso, sfoggia inoltre una ottima dizione, ma non risponde in pieno ai desiderata della parte, che richiede un tenore dal registro centrale corposo in grado di modellare con vigore il sofferto declamato che ne caratterizza l’espressione. Inoltre è a disagio nel grave, e l’intonazione a volte oscilla nel canto fiorito. Sfocato infine il Condulmiero di Enrico Iviglia, pessimo Giorgio Trucco nella breve parte di Selimo.

 

Apprezzabile l’allestimento pensato da Pier Luigi Pizzi, sobrio, essenziale, elegante, cromaticamente neutro per evidenziare il senso di disperazione che aleggia sulla vicenda. Sostanzialmente una scena unica, il tempio diroccato all’interno della città assediata, con un sottile gioco dei piani verticali che, a seconda delle esigenze drammaturgiche, pone i personaggi su due livelli differenti. Toccante il finale con il sacrificio di Anna la quale, dopo l’accorata preghiera sul sepolcro della madre, muore fra le braccia di un Maometto affranto per il suo perduto amore.

 

 

Maometto II



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