«Che parte credi che abbia la
volontà nella vita?». La domanda di Romeo Daddi, apparentemente sciocca, rivela
il profondo disagio di Luigi Pirandello.
Nel 1934 lautore siciliano, alla vigilia del conferimento del premio Nobel per
la letteratura, sfogava il peso ormai opprimente del regime fascista nei
turbamenti del protagonista di Non si sa come. La frustrazione di Daddi nasce dallimpossibilità
di controllare le proprie azioni. Il tradimento della moglie e luccisione di
un ragazzo sono gesti che il protagonista compie in maniera involontaria. È la
mancanza di rimorso ad innescare la profonda autoanalisi perno del dramma. Romeo
sceglierà consapevolmente e pervicacemente soltanto di perpetrare il proprio
omicidio, per mano dellamico fraterno Giorgio Vanzi. «Conoscersi è morire»: rivelare
segreti e tradimenti corrisponde per Daddi alla scelta della morte.
Foto di Luca Manfrini
La compagnia Lombardi Tiezzi,
fedele allidea dellautore, sceglie per lallestimento un classico salotto
borghese. Nel primo atto quinte nere creano una sorta di balcone con colonne.
Gli attori sono disposti a sedere allinterno del colonnato su sedie di legno
imbottite. La luce filtra dalle aperture sullo sfondo, tingendosi di rosso
fuoco per dare lillusione del tramonto. Rosse sono anche le altissime pareti
del salotto nel secondo atto. Un tavolo rotondo ingombra il proscenio attorno
al quale agiscono gli attori. Allingresso di ogni personaggio, la luce,
proiettata sullapertura del fondale, muta. Borghesi sono i costumi di Lombardi e degli altri attori. Borghesemente
pacato è il tono della loro recitazione. Lapparente tranquillità della classe
media è turbata, allapertura del sipario, dallintrusione di un quartetto
darchi con teste di coccodrillo. La natura primordiale e animale del genere
umano emerge irrefrenabile. I rettili sono quattro, come i personaggi
principali. È dunque listinto che predomina su ogni altra pulsione, forse è la
colpevolezza che giace nellinconscio di ogni individuo. In questo sta il tocco
raffinato del regista. Federico Tiezzi
riesce a contenere su binari precisi la recitazione degli attori,
contrapponendo la loro linearità allintrusione inaspettata dei coccodrilli.
Foto di Luca Manfrini
Il Romeo Daddi di Sandro Lombardi
è il centro di ogni pensiero e azione. La verve dellattore è magnetica. Lombardi accosta al tono sagace
e pungente della voce movenze studiate che richiamano figurini di moda degli anni
trenta. Quello a cui assistiamo è un dramma tutto interiore fatto di coscienze
sudice e delitti prescritti. Nulla trapela allesterno. Linspiegabile gelosia,
nata per la fedelissima moglie Bice, conduce il protagonista quasi alla pazzia.
Ma lo spettatore scoprirà presto che allorigine di tutto cè ben altro. La
colpa non esiste se non si voleva compiere il reato, tutto avviene
semplicemente, come in sogno. I sogni non si possono comandare. Il meccanismo
di autodifesa per eccellenza è loblio. Ma anche le maschere che
quotidianamente indossiamo cadono e una traccia indelebile di quello che
abbiamo commesso rimane impressa nella coscienza. Prima o poi le leggi morali
ci costringono ad espiare le colpe. Ma come le proverbiali lacrime del
coccodrillo il pentimento arriva troppo tardi.
Foto di Luca Manfrini
Nel primo atto la composizione
della scena è precisa, impeccabile, quasi immobile. Gli unici movimenti degli
attori sono dovuti alla presenza degli strumenti musicali sul palcoscenico. Il
secondo atto è più dinamico, ma sempre composto e pacato. Bice (Pia Lanciotti) dai lunghi capelli
castani e Ginevra (Elena Ghiaurov)
dal biondo caschetto, si affrontano attorno al tavolo. Leccezionale talento di
Sandro Lombardi non lascia molto spazio ai bravissimi colleghi. Con maestria il
protagonista riesce a strappare un sorriso anche nei momenti più drammatici
catalizzando sempre lattenzione del pubblico. È lui ad estrarre la pistola e a
farsela strappare di mano da Giorgio (Francesco
Colella) che lo uccide «non si sa come». Un lampo di luce e il fragore
dello sparo chiudono il sipario. Il dramma si lascia guardare piacevolmente, lo
spettatore è chiamato a riflettere e difficilmente riesce a distogliere lo
sguardi dai baffi impomatati di Lombardi.
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