Nel 1985 Ron Woodroof (Matthew McConaughey), elettricista, cowboy da rodeo, tossicodipendente e inguaribile tombeur de femmes, scopre di essere affetto dal virus dellHIV e ben presto contrae lAIDS. Per lui, come per molti altri allepoca, lAIDS è la malattia dei gay. Presto abbandonato dagli amici di sempre, più per radicati pregiudizi omofobi che per paura del contagio, dovrà rivedere le proprie convinzioni. Saranno infatti Rayon (Jared Leto), giovane transessuale malato di AIDS e la dottoressa Eve Saks (Jennifer Garner) a offrirgli il proprio aiuto, rivoluzionando di conseguenza le sue idee omofobe e maschiliste. Il titolo Dallas Buyers Club allude allassociazione che Woodroof e Rayon fondarono per distribuire ai sieropositivi, sotto pagamento di una quota mensile accessibile, medicinali alternativi allAZT (azidotimidina), migliorandone notevolmente la qualità e la durata della vita. Grazie a quelle cure Woodroof stesso, contro ogni aspettativa, visse altri sette anni dal momento della diagnosi.
Benché tratto da una storia vera, il film di Vallée non è né un biopic né un docu-drama: prende spunto da una storia di vita straordinaria per poi andare oltre. Al di là della specificità delle incredibili vicende narrate infatti, Dallas Buyers Club è innanzitutto una sorta di romanzo di formazione, spostato sulletà adulta (dai trentacinque anni in poi): Woodroof supera i propri pregiudizi, impara il vero senso dellamicizia, rivela un invidiabile spirito imprenditoriale, scopre quei valori fondamentali che fino ad allora aveva voluto ignorare. In questo senso il film del canadese Jean-Marc Vallée è una storia universale, trattando sentimenti e tematiche trasversali e si pone sulla diretta scia di operazioni analoghe e di altrettanto impatto emotivo, che raccontano «la tipica storia di Davide e Golia, di una persona che lotta per una giusta causa […] come Erin Brockovich, Milk e Schindlers List, tutti film che mostrano la potenza dello spirito umano», sottolinea Rachel Winter, produttrice del film insieme a Robbie Brenner. In effetti quella di Dallas Buyers Club è una formula narrativa che intelligentemente attinge al dato biografico evitando inutili pedanterie, senza per questo tradire la forza intrinseca della storia che veicola.
Principale responsabile dellottimo esito del film è la sceneggiatura (di Craig Borten e Melisa Wallack), ricca di battute salaci e umorismo, che oltre a rendere i personaggi principali - Woodroof, Rayon e Eve - decisamente accattivanti, stempera il dramma difendendolo dalle minacce del patetismo.
McConaughey, texano come il protagonista, per loccasione è dimagrito in modo impressionante: una formula, quella del trasformismo, che è noto quanto sia apprezzata dallAcademy of Motion Picture Arts and Sciences. Jared Leto, che per impersonare il transessuale Rayon ha lavorato molto sulla voce oltreché sulla mimica del personaggio, è sorprendente, incantevole. Jennifer Garner, pur impegnata in un ruolo meno impegnativo dal punto di vista fisico ma non da quello emotivo, conferisce a Eve naturalezza evitando che la sua carità si trasformi in pietismo a contatto col grande schermo.
Tecnicamente si segnalano alcune soluzioni particolarmente riuscite ed evocative, come luso del suono in background (un fischio crescente) associato alla soggettiva per tradurre lo stato confusionale del protagonista; le inquadrature tra le stecche della recinzione del rodeo (brevi flash luminosi che emergono nelloscurità), in apertura e chiusura del film e il fermo immagine finale, che se non brilla per originalità, quantomeno appare come la soluzione più discreta e lontana dal patetismo, la più idonea di fronte a un vissuto così drammatico.
Si potrebbe cedere alla tentazione di cercare lerrore, parlare di qualche stereotipo, di un po di retorica… ma il film funziona, tiene il pubblico incollato allo schermo coinvolgendolo a pieno nella diegesi e supera egregiamente anche una più distaccata analisi filmica e allora perché farlo?
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