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Il gatto in ombra o L’antidolore

di Gianni Poli
  Gloria Bornancin,  Olio, Carta su cellulosa, 2013.
Data di pubblicazione su web 07/10/2013  

PERSONAGGI

Il Padre

La Madre

La Figlia (e Sorella)

Il Figlio (e Fratello)

Il Gatto. Fra l’altro, interprete del Coro.

Oggi, per tutti i tempi.


Gloria Bornancin, Olio, Carta su cellulosa (2013)

Prologo

Il Gatto esce lentamente, si guarda attorno e si accoccola.

CORO

Nel nome del padre, del figlio e dello spirito santo. La trinità. La perfezione nella tradizione, formula nel credo, solida per fede abissale, follia e filosofia trascendentale. Metafisica. Rivelazione. Forse teologia, anche.

Ci siamo addormentati una notte come tante notti e senza sognare abbiamo preso nota al risveglio, scritto i pensieri e i fatti. Ciò che chiamiamo i sogni, se li scriviamo diventano più sognati, sogni più veri ancora.

Quella notte, il segno della croce mi ha fatto pensare a un’altra trinità. Padre, Madre e Figlio. La Mamma, il Papà e il Bambino.

Figlio dell’uomo, tu non puoi dire non puoi immaginare, tu vedi soltanto un cumulo di macerie infrante, arse sotto il sole. Sotto la luce accecante, ti fa schermo l’albero rimasto l’albero abbattuto in seguito per disturbo di facciata, per intercettazione di luce…

Quando venne la pienezza dei tempi, era il 1939 e nacque allora un figlio dell’uomo, proprio come l’altro figlio dell’uomo, quello più noto, molto più noto e ricordato, nato e morto circa duemila anni prima. Da quel figlio si conta il tempo della storia e perciò sembrerebbe il mondo diviso in due, ante e post.

Era della civiltà. Ere. Pre e post cristiana.


1. Sacra famiglia

La Madre, in penombra, è voltata verso una parete e rivolta al suo neonato. Poi si mostra in luce e legge una lettera:

MADRE   “Caro figlio, Figliolo, mio bambino appena nato…

Caro amore, amore caro, non pensarmi lontano…

Non ti dirò sono tuo padre, tanto vale aspettare credere obbedire combattere. No, qui combattere è un’altra cosa. Nessuno lo sa che  cosa… Lo impara, si impara.

Non pensarmi lontano, amore. Pensami stellato, pensami stanco gelato stanco sotto un cielo tanto tanto trasparente da far vedere lontano, molto lontano, la casa la mia casa la nostra casa…

Te; tu e lui. Che non ho nemmeno sentito piangere, poco poco. Piano. Urla, qualche volta? Piange, ha fame? Non da te che poppa. Di te magari, come me che di fame latte bisogno tanto ne ho così tanto…”

Movimento quasi danzato della Madre, lieta e spaventata. Poi s’accosta al Gatto, lo accarezza. Rivolta al neonato.

Sarò madre! Come farò, se non conosco un uomo?

Ti adombrerà la forza dell’Altissimo.

Scemate! Aspetta, abbassa quelle ali finte bianche alza le tue braccia. Stanche. Non importa hai le ascelle i piedi sudati dopo ‘sta sgambata: lavateli alla fontana, in giardino.

Qui la frutta più bella è la mela, la più buona, la susina. C’è anche il fico, i frutti non maturi, sono polpa a fine agosto o ancora dopo. Poi le pesche, ci sono, la fine del mondo. Ricordi, le colline coltivate, tutte coltivate a frutta piena. Ma ora dicono forse non le porteranno più, giù al mercato. Pagano troppo poco. Dicono, quando la guerra finisce, anche il latte delle mucche non lo vuole più nessuno, le vacche non servono più a niente. E allora, chi lo produce il latte? La centrale? Ma non farmi ridere!

Pausa.

Ridere. È il lavoro degli innamorati.

No, ridere è roba da matti. Ride come un matto, beato lui. Che non capisce niente. Scherzi a parte, quando nascerà il bambino? Quanto dura… Cosa, la gravidanza, questa qua almeno così speciale. Come sempre come tutte le altre, nove mesi come le altre. Lunga neh.

La Madre prosegue la lettura della lettera del Padre-Marito, dal fronte.

“Qui sto male. Ma come Giobbe sul letame, come Giona nel ventre della Balena o Geppetto dentro al Pesce-Cane.

Qui che come foglie ma pesanti ghiaccio che il vento non porta via non alza neanche, bloccate le tiene a terra nel fango. Qui dove non respiro l’aria è muro di ghiaccio non respiro… Il tuo il mio respiro lasciano brina granuli di neve. Chissà se hanno la forma di una stella al microscopio la potresti vedere, così bianca, così bella.

E così noi siamo tornati un giorno indietro per più di due ore di cammino a cercare il pane il pezzo di pane la crosta le briciole la muffa e la rabbia e la pena e il dolore e la fame al freddo della fame. Mia, la fame”.

La Madre si rivolge al neonato. Prosegue la lettura della Lettera dal fronte, ma la voce è quella del Padre.

PADRE (Voce) Oggi 14 novembre, riceviamo l’ordine: Ritirata! Oggi ho perso l’equilibrio, cara, sono un po’ come svenuto. La notizia, sarà. Mi hanno tirato su, avevo una matita in mano, mi hanno detto cosa scrivi! A chi scrivi? Tanto noi, per noi... No! Noi, per noi, torniamo a casa. No! È vero! Noi a casa noi torniamo. Ci torniamo.

Ulisse? Odissea? Ulissi vari, varie Odissee…

Ah, vento! Il vento dell’isola, l’isola di ulivi e in fondo ai campi la casa. Dove mi aspetti, mi accogli abbracci… O mi hai dimenticato? Così presto, cosi? Dimenticato? Non ci credo.

“Addormentato. Dormito. Stanotte ritornano i ricordi. Poi però ancora stanco, ancora dormito. Niente. Dormito… Devo avere… Tanto. Me lo ha detto la guardia. Poi è scappato da solo d’improvviso senza aspettare la Compagnia, l’ordine del Capitano. In lontananza, si vedeva. Non ce la farà, la traversata. Freddo. Immensa neve. Ma ci provo, anche se muoio, io ci provo.  

“Io no, io non voglio morire.

Io ho una stanza calda profumata dove con tuo figlio nostro figlio mi aspetti e sei ancora più bella delle fotografia con le trecce grosse che mi porto sempre addosso nel pastrano. Una donna, l’unica, qui, che l’ha vista, ha detto: Bella! Buono! È la tua? Donna? La tua?... E io in quel momento guardavo lei, guardavo lei più di te. Quasi. Nella sua la forma e una mano, le dita tenute sulla bocca coi guanti strappati. E poi siamo andati in cinque di là con lei in cucina a bere il tè. Chissà se lo era, tè, o era paglia dei cavalli, però sapeva buono caldo, serenità. Dormire. Dormivo. Quando sarò a casa sognerò. Ora o giorni fa c’è il cannone, uno sparo buio lontano che neanche fa paura. La neve, sì, fa paura. Al caldo, molte volte, senti che vorresti morire lì. Morire lì. Altra paura.


2. Sacra famiglia (suite)

PADRE   Ma come ti permetti.

FIGLIO   Altro che.

PADRE   Io sono il Signore.

FIGLIO   Ebbe’.

PADRE   Sta scritto: Sono io il Dio tuo.

FIGLIO   ‘frega me.

PADRE   Senza sottomissione aberrante figliolanza. Eppure tempo verrà. Verrà tempo in cui.

FIGLIO   Ricordati padre, pa’ ricordati dove mi hai portato.

PADRE   Per il tuo bene. Per il bene della Nazione. Per gli argivi per gli achei. Per i condottieri di navi e schiere, perché tornassero vittoriosi.

FIGLIO   Ricordati, pa’. Abbiamo scalato la montagna, col freddo il buio immersi nella nebbia.

PADRE   Sempre presenti. Sempre vincitori nella grande tenzone. Internazionale.

FIGLIO   Io mi ricordo, pa’. Una fascina, un mucchio di legna.

PADRE   Apparenza… Sempre fedele alla volontà degli dei.

FIGLIO   Anch’io sull’altare. Sangue, fumo di sangue in riva al  mare. Mare in tempesta.

PADRE   Tempesta… Farò secondo la sua parola. Per coprirmi di gloria. 

FIGLIO   Il potere s’è servito di chi lo criticava.

PADRE   Il potere, beh, che sempre si ricrea uguale a se stesso…

FIGLIO   …Stavolta si presenta tutto diverso da sé.

PADRE   Per non smentire la mia fama.

FIGLIO   Meglio se avessi fatto qualcosa per la mia.

PADRE   Dopo, avevo ricevuto il vaticinio. Come avrei potuto scegliere altrimenti?

FIGLIO   La mucca, si macellava. Si sgozzava il montone.

PADRE   Giustificarmi, io? Oh Isacco! Oh Ifigenia! Così insofferenti indisciplinati, ribelli pure voi.

FIGLIO   Qualcosa di pietoso e orrendo. Eppure non un belato, non un lamento… Solo quel balletto, disgustoso. Nefanda cerimonia. Immonda.

PADRE   Chi vi farà così protervi, ingrati.

FIGLIO   Chi ci fa tanto vili e silenziosi. La patria ci ha accecato.

PADRE   Disubbidire è malattia. È contagiosa.

FIGLIO   L’ubbidienza non è più una virtù.

PADRE   Fratelli gemelli, nella ribellione. Ah beata gioventù!

FIGLIO   Canizie stolta e malvagia.

PADRE   Chi la fa l’aspetti.

FIGLIO   Chi di spada ferisce di spada perisce.

PADRE   O natura, snaturata natura!

FIGLIO   Perché di tanto inganni i figli tuoi? Avrei dovuto oppormi, affrontarti, risponderti. Quale, il nervo reciso? Quale, il crollo di volontà?

PADRE   Ascolta, pazienta. O voi che mi ascoltate: Verranno tempi migliori.

FIGLIO  E noi figli nutrivamo in cuore come un grano in germoglio, la speranza, l’inganno più potente della prima età.

PADRE   Altro che, virtù teologale.

FIGLIO   Altro che, demenza precoce di cui approfittare per lasciarsi guidare. Lasciare fare sì che i carri di Faraone finissero sott’acqua, tutti giù, glu glu, glu glu.

PADRE   Ma quante volte quante ti sei trovato sull’abisso e il nome del Dio tuo nel tuo grido non ti avrà salvato?

FIGLIO   Io che ne so? Io so che… L’alba il tramonto tornano puntuali. Luna e sole descrivono orbite misurate né grido né voce né mano alzata né bastone: niente può deviare l’orbita nell’eternità. Cronometrato.

PADRE   Che ci fate, che ve ne fate della vostra scienza senza un briciolo di fede, senza un palpito d’amore…

FIGLIO   Senti chi predica.

PADRE  Un po’ di compassione per il vecchio. Umanità.

FIGLIO   Qualcosa di vicino a noi. Di vicino, più vicino alla verità.

PADRE   Di commozione. Di sentimento: dai!

FIGLIO   Di nuovo te lo chiedo, pa’: vuoi darmi la mia parte, il malloppo spettante all’erede, sì o no. Ma non come soldi. Come libertà. Prima che sia rebecucco, io dopo di te, identico a te.

PADRE   Oh per questo…

FIGLIO   Come te e disperato.

PADRE   … si può fare rogito subito una carta immediata. Firma in calce.

FIGLIO   Per garanzia.

PADRE   Allegria!

FIGLIO   Che tristezza! Necessità…

PADRE   Al redde ratione, all’odor del friggere, tanto la pecora torna all’ovile.

FIGLIO   Il figlio alla casa del padre. No, niente festa. Il banchetto no. Nessuna invidia del secondogenito. O della seconda.

PADRE   Abbiamo altre mire.

FIGLIO  Come un disgusto. Un senso d’estraneità.

PADRE   Va’ a capire. Anche tu, in patria straniero, esule nella tua città. Va be’. Metteremo tutto all’asta e nero su bianco – insomma tutto proprio, no – e ricaveremo qualcosa.

FIGLIO   Come colombe dal disio chiamate… A beccare il grano sul marciapiede.

PADRE   Finché ce n’è.

FIGLIO   A scodinzolare. A leccare (Piroetta). Brutti stronzi lecchini!

PADRE   Si vedrà. Vedremo.

FIGLIO  Ma noi, siamo davvero noi, i frutti degli antichi? Noi, i classici figli dei classici?

Ora mi siedo, sarà meglio, e in silenzio osservo – starò un po’ a vedere dalle rive – lo scorrere del fiume il passare delle acque mai le stesse sempre uguali…

PADRE   I cicli le stagioni bello mio non funzionano più.

FIGLIO   Chi lo dice? Tu non lo puoi dire né immaginare.

PADRE   Ho sentito ho letto, insomma può anche darsi: le cellule staminali inserite... trapiantate a modino, fatte maturare, risolvono quasi un’alta percentuale di casi più terribili di SLA.

FIGLIO   Noi che veniamo da tante meraviglie di scoperte, miracoli che...

PADRE   Sapessi come vorrei, davvero, trovare un po’ di confidenza, comprensione. Poter restare al tuo cospetto, davanti a voi, voi due se figlio è coppia, maschio e femmina, come ho avuto oppure avrò io.

FIGLIO   Fortunato l’uomo che senza una sua progenie ama l’umanità e per lei opera e vive.

PADRE   Complicità, un po’. Vedi, ma è un’ipotesi, se tu da giovane scopassi un po’ di più…

FIGLIO   Perché a mia volta procreare tanti peccatori?

PADRE   Ti facessi una donna… (Silenzio). Ora ricordo, certo, eri tu il bambino che aspettavo. Tu quand’ ero in guerra, tu non mi aspettavi. Lontano. Tu sei arrivato eri lì e basta. Sapevi e non sapevi. Vivevi di latte di labbra calde di tua madre. Intanto io pensavo io sognavo la mia sposa e in braccio a lei, tu. Madre a te.

FIGLIO   Madre pietosa. Sì, il suo seno il suo collo per me dev’ essere stato una casa, un tutto.

PADRE   Per me, Itaca è stato, il lettone, il cane… Per me, la mamma è stata… Era.

FIGLIO   Perché? Non lo è più?

PADRE   Faccio per dire. Nel ricordo. Nella fantasia. Se rileggo le sue lettere, le sue risposte alle mie.    

FIGLIO   Esistono le lettere. Poi al ritorno, vero, la sgridavi, perché tu soffrivi che lei soffriva. Vi guardavate soffrire.

PADRE   Ma cosa ti viene in mente.

FIGLIO   La mente vede. Vede di più.

PADRE   Balle. Storie… storie passate.

FIGLIO   Storie. La storia si fa come si è perché si è così. Un po’, anche come si scrive.

PADRE   Se ne scrivono tante di cose [storie]. E poi.

FIGLIO  E infatti tu gliene hai scritte tante. Pa’, cos’è la fedeltà?

PADRE   Umh… Dai!

FIGLIO   Pa’, insomma, cos’è la verità?

PADRE   Io, sarei la verità.

FIGLIO   Veramente, sarebbe il figlio la verità.

PADRE   Umh…

FIGLIO   Lo dicono le Sacre Scritture…

PADRE   Scritture un cazzo.

Cala la luce.

Passa del tempo.

PADRE   E voi due, cosa pensate?

FIGLIO   Di che?

PADRE  Di fare.

FIGLIO   Fare. Abbiamo già fatto.

PADRE   Sposarvi. Mettervi insieme.

FIGLIO   Non c’è bisogno.

PADRE   Con un figlio. Se.

FIGLIO   Figlio. Non vorremo già dargli un avvenire, prima che sia nato.

PADRE  In arrivo, non è?

FIGLIO  Hummmm. Comunque.

PADRE   Cioè.

FIGLIO   Hummm. Nel senso.

PADRE   Quando io e tua madre aspettavamo te.

FIGLIO   Certo. E poi sono arrivato io. E poi sei partito tu. Eri in quelle regioni fredde e lontane, lassù.

PADRE   Che ne sai…

FIGLIO   Guerra, ai tempi.

PADRE   Tu che ne sai. La guerra non la volevamo noi. Noi abitavamo la nostra città. Bella. Bene, buono. Così bastava. A noi due, noi tre.

FIGLIO   Certo, andava tutto bene.

PADRE   Perché? Bisognava fare la rivoluzione.

FIGLIO   Magari. Prima.

PADRE   Avevo appena avuto il lavoro.

FIGLIO   Posto fisso.

PADRE   Un posto al sole. Non farmici pensare se no… O invece, sì. Chiedilo, ricordalo, reclamalo.

FIGLIO   Ma quando uno nasce, all’improvviso, che responsabilità.

PADRE   Chiedilo a chi vuoi. Informati. Non fidarti di me. Vai sui documenti, tirali fuori, leggili. Così credi di più e meglio.

FIGLIO   Né più né meno: credo a quello che è successo, credo.

PADRE   Ma insomma, bisogna esserci, nelle cose.

Lungo silenzio.

FIGLIO   Un vuoto bianco, mi ricordo e un fresco nero e i muri della stanza bianchi bianchi e i calci, bum bum giù, della vacca, nella stalla.

PADRE   Che presepe!

FIGLIO   Niente. Era quando mi portavate in campagna.

PADRE   Sfollati?

FIGLIO   No, per l’estate.

PADRE   La bella estate.

FIGLIO   Della mamma.

PADRE   Sì, ringiovaniva. Ne valeva la pena, sai. Moglie bambina era come tornata.

FIGLIO   L’estate.

PADRE   Se penso com’era lunga allora.

FIGLIO   Allora. Fra i salici e il fiume.

PADRE   Dentro, al fiume. Si stava bene. 

FIGLIO   Per arrivarci, nelle ortiche…

PADRE   Si passava…

FIGLIO   Nelle more. Nere. La mamma le coglieva.

PADRE   Le faceva col limone. Io lì ti ho insegnato a nuotare.

FIGLIO   Ho imparato da solo. Quando sei capace, resti sospeso. Non ti muovi nemmeno.

PADRE   Eh no, non ce n’è bisogno!

FIGLIO   Né avanti né indietro.

PADRE   È naturale.

FIGLIO   Né su né giù. Sospeso (Pausa). Dunque, eri già tornato. Era dopo.

PADRE   C’è un prima e un dopo.

FIGLIO   Mi sembra che il tempo faccia quel giro a spirale, quell’anello strano di Moebius…

PADRE   Ah sicuro, il tempo non è una strada dritta una linea retta. Va verso l’alto, magari. Difficile. Boh…

FIGLIO   Verso il fondo. Dura un anno. Ma l’anello che torna e ritorna te lo trovi… Lo ritrovi…

PADRE   Lì davanti…

FIGLIO   Dentro.

PADRE   Gabbia. Girandola. Gabbia di criceto.  

FIGLIO   Mmmmh.

PADRE   No l’età non dà l’esperienza. Dà come un peso.

FIGLIO   Bambino, la trasparenza.

PADRE   Da grande, a me la paura la nausea. Subito di ritorno. Ormai, da salvo.

Pausa. Musica.

Senti. Tua sorella è tornata.

FIGLIO   No, non ancora. Penso.

PADRE   Ma deve. Tu, ci sei stato?

FIGLIO   Lei non sa niente. O fa finta.  Dev’essere stato tremendo.

PADRE   Eccola: un altro bell’esemplare di confidenza, di dolcezza al focolare. Vorrei che toccasse a lei, quello che abbiamo passato noi. Sguardo assente scarpe tacco alto…  

FIGLIO   Lei prima sembrava così…

PADRE   Sicura, forte, demente. Un uomo alla  volta non bastava. 

FIGLIO   …piena di vita. Esuberante diciamo.

PADRE   Di vita. E quella donna che hai in casa a un certo punto come fossero due, è un’altra persona. Presenza, che ti accorgi, che devi… Con lei dovevi…

FIGLIO   Farci i conti.

PADRE   Con lei. Provare, misurare il senso di colpa.

FIGLIO   Due?

PADRE  Due. O tanti altri.

FIGLIO  Ora però per lei siamo persi. Perlomeno io.

PADRE   Io ci provo a parlarle.

FIGLIO  Io non ci provo neanche.

PADRE   La disgrazia.

FIGLIO  La disgrazia io la sento colpa. Mia colpa.

PADRE   Tutti in colpa.

FIGLIO  Però sappiamo da dove viene? Viene dall’esterno, o viene dal pozzo? Nostro. Senza fondo…

PADRE   Destino. Ci credi al destino almeno.

FIGLIO   Credevo a quello che sceglievo, poi man mano al gioco del caso, al passo regolare dell’universo. Allo scoppio di Cernobyl e agli tsunami vari… Sono diventato scettico, cinico sarò.

PADRE   Tecnica natura non andranno mai d’accordo. Ecco perché il fato andava bene. Si faceva rispettare. Onestamente.

FIGLIO   Quello di una volta. Ma noi siamo nati in un altro tempo.

PADRE   No, lo stesso tempo, quello eterno.

Pausa. Musica.

Ma cosa stiamo qui a…

FIGLIO   Macché, c’è una bella differenza. Tu di notte, cosa pensavi veramente?

PADRE  (Pausa per riprendersi e riepilogare). Confusione. Ma belli, i sogni, belli. Tornavo a casa. Di giorno invece vedevo nero. 

FIGLIO   Te lo chiedo… Perché magari so che ti fa male a parlarne.

PADRE   Così cattivo non credo.

FIGLIO   Malvagio. Purché un ricordo resti, una traccia incisa.

PADRE   Un memoriale.

FIGLIO   Per tutte le volte che non ti ho creduto. Per le tue bugie, i tuoi silenzi, quando scantonavi.

PADRE  Senti chi parla.

FIGLIO    Facevi vedere come eri debole, indifeso.

PADRE  Ah malvagio.

FIGLIO   Così indifeso.

PADRE  Ah falso.

FIGLIO   Ferito. Così bisognava trattarti dolce, di più…

PADRE   Fragile sì.

FIGLIO   Con i guanti, trattarti. Poi se tornava la calma, eri tu ad attaccare. Il vantaggio prenderti del primo colpo.

PADRE   Ma quale colpo! Vantaggio! (Pausa). Tiravo di scherma, sai?

FIGLIO   Figurati.

PADRE   E subito dopo, di boxe. Palestra di quartiere.

FIGLIO   A cosa serve?

PADRE   Pochi mesi d’inverno. A romperti il setto. Esperienza.

FIGLIO  Ehm…

PADRE   Tutta esperienza.

FIGLIO   Tutto serve. 

PADRE   Scherzi. Eppure…

FIGLIO   Dare un taglio. Circoncidere.

PADRE   Preparare alla vita. Disinfettare, prima che s’attacchi il germe.

FIGLIO   Decidere per gli altri. Il ghetto.

PADRE   E allora, il battesimo?

FIGLIO   L’ingresso, il rito. Il lavacro…

PADRE   Il passaggio, la traversata. Il Mar Rosso…

FIGLIO   L’espiazione. La purga preventiva.

PADRE   Purgatorio.

FIGLIO   Il battesimo: dei ricordi dell’umanità, dei suoi peccati improbabili, caduta e ascesa. O delle macchiate origini.

PADRE   Il battesimo. Puro, impuro, dei nostri frammenti.

FIGLIO   Macchia indelebile. Ma guarda che… Fantasie e dogmi religiosi si sovrappongono facilmente.

PADRE   Poi il controllo dell’immaginazione dà una formula precisa. Dalla verità proclamata si passa alla necessità. Ovvio, e così non puoi sgarrare.

FIGLIO   Non mancar più?

PADRE   Ti dà una sicurezza, t’accompagna la vita.

FIGLIO   Ti rassicura. Chi vorrebbe soffrendo e piangendo andare sempre in cerca. Di un pane che fosse o una rosa. O fosse una semplice frase.

PADRE   Un discorso conclusivo. Ti rassicura, ti garantisce la vita.

FIGLIO   Sììì, certo. Curiosità?

PADRE   Comunque. Io a questo mi attengo.

FIGLIO   Non dirmi che hai fatto una fatica, a cercare…

PADRE   All’esercizio spirituale che consiste nel passare diversi test conoscitivi, una riprova di Q I, un conteggio dei fallimenti, una specie di confessione a te su stesso, ripetutamente.

FIGLIO   Un esame di coscienza.

PADRE   Chi più sa, più è responsabile.

FIGLIO   E l’ignorante si becca tutti i vantaggi. Eh no! Perché lui non ne sa niente. Che cazzo.

PADRE   Insomma, un bilancio dobbiamo farlo tutti.

FIGLIO  Bisognerebbe.

PADRE   Prima o poi.

FIGLIO   Ora però te la senti?

PADRE   No, per ora non me la sento. 

Silenzio.

Vieni qua, mettiamo a posto i libri.

FIGLIO   Quali libri?

PADRE   Dammi una mano. 

FIGLIO   Sei matto, tu. Sei impazzito.

PADRE   No, ho bestemmiato contro di me, pensando a te: che è colpa tua.

Il Padre si copre il volto con le mani. Poi apre dei libri e se li posa sulla testa e sulla faccia, fino a coprirsene in parte.

FIGLIO  Non di vecchiaia. Non volevo dire che sei vecchio.

Il Padre continua a coprirsi di libri come di un manto o un di sudario; poi come sotto una doccia pesante. Finché se li scaglia addosso, quasi a lapidarsi.

A un certo punto il Figlio sembra partecipare al gioco, scagliando anch’egli libri addosso al Padre. Una calma subentra. 

FIGLIO   Basta, dai basta (Ansima). Fine… 

PADRE  Parlano, i libri, anche se sono chiusi. Voglio respirarli sentirne il fiato, leggerne la polvere.

FIGLIO   Perché? Credi che siano veri.

PADRE   A volte, davvero, finisco di leggere un libro e prometto di non leggerne più. Neanche uno. Poi ci ricasco.

FIGLIO   Anch’io, sai, avrei i miei libri. Avrei anch’io i miei ricordi… Tutta una mappa del mio territorio.

Il Padre raccatta libri e li getta dalla finestra.

Cosa fai? Cosa stai facendo. Fermati.

Il Figlio agguanta il Padre, che sembra intenzionato a gettarsi dalla finestra.

Disgraziato! 


3. Il Figlio / Fratello da giovane

FIGLIO   (Sentendosi, ricordandosi bambino). Stavo giocando, non volevo rientrare. Mio padre veniva alla finestra e dava un fischio con le dita in bocca. E il bambino cagnolino tornava subito di corsa. Lui rideva. Il bambino rasentava il muro. Lui rideva forte. Più tardi se non era contento, se la donna non era di luna, poteva prendere la cinghia e mi picchiava. Poteva farlo… Lo faceva. La donna gridava, diceva no, no e andava via di là. Sentivo che piangeva.

Se non ora, quando. Se le mutande non le abbassi adesso, quando aspetti, le cali per andare al cesso?

Ci vuole così poco per iniziare il gioco

Ci vuole un  niente o quasi ammettilo

Anche a te piacerebbe volare

Volo di sola andata

Perché tornare a casa?

Visitare il mondo, prima.

Il bambino è solo, è nudo davanti allo specchio dell’armadio e nell’ estate è un bambino al passato, un uomo al futuro.

Non avere paura. Non è un’ombra è la tua figura, la stessa che ti dice che ci sei, che sei lì se ti vedi. Ti dice ci sei non dice chi sei. Tocchi il vetro. Ti tocchi la carne il corpo dalla testa ai piedi. Lì ci sei. Tu sei.

E quanta dolcezza, dispersa nel calore. Fuori le imposte chiuse dentro un’onda un fresco come di mare. Come quando ci vai al mare e sbattere, continuo, regolare. Ti dà torpore, ti stona; ti fa sognare, svanire.

Forse di fronte allo specchio, quello di quel giorno primo, vedi come sarai. Nudo, un nudo che sa di buono, di bene. Uno scatto la mano sfiora la superficie, manca il riflesso, ma... è lì il presente. E’ nel cristallo, immagine…

È morire dolcemente e che fa paura. Domani ripasserai davanti. Da vecchio, magro oltre che nudo, poi, soltanto tu, ci passerai.

Ma tu, quando ti sei trovato davanti alla prima donna? Che fai?

Come, che fai?

Donna, bambina.

Lo stesso. Quello che è, l’Altro, lo senti. Quando lo senti, lo è. Allora, lo è.

Il Gatto si sposta e si accoccola.

CORO

Povera Ifigenia. Antigone forse. Principessa

Sciagurata.

Ingenua. Sentimentale. Mi sembrava.

Innamorata?

Ma no, ma no, ora altro mi sembra

Perché l’altra voce da bambina,

voce sapiente, voce più saggia della nostra,

con le sue disobbedienze i suoi capricci, lei…

Il Gatto miagola.

Non era lotta

La sua era ricreare 

Un’ombra per lasciarla incisa nella mente

Non nella notte che finisce all’alba, non

Nella sabbia cancellata dal frangente,

rimane impressa forse nella nostra coscienza.

Grazie gattino che passando getti sempre

La stessa ombra, che tu sia nero

Che tu sia bianco. 

Il Gatto s’allontana.

 

4. Padre e Figlia  

Nel confronto verbale, forse non si guardano nemmeno.

FIGLIA  Papà?. Perché mi guardi. 

PADRE  Perché sei bella… Forte.

FIGLIA  Sento una voglia… Morirei, quando mi dici bella.

PADRE  Una voglia? Da quando? Voglia di morire. 

FIGLIA  Da quando ho cominciato a parlare.

PADRE  Fai paura.

FIGLIA  Bella, no? Scherzo, no? E’ una bugia. No. 

Pausa. Avviene qualcosa e si cambia registro. 

FIGLIA  Papà. Tu che ne dici? Di noi che cosa pensi?

PADRE   Noi chi? 

FIGLIA   Noi la nostra famiglia.

PADRE   Mi pare che.

FIGLIA   Eravamo tanto… Così uniti.

PADRE   Davvero così.

FIGLIA   Piangi?

PADRE   Non piango. Magari. Prima ci riuscivo.

FIGLIA   Non ci riesci. Dimmi qualcosa.

PADRE   Dimmela tu che sei la più… 

FIGLIA   Giovane… Mi dicevi le cose belle. Soltanto quelle belle mi raccontavi. Di quando eri piccolo tu, di quando piccola sono arrivata io.

PADRE   Ma cosa dici, le raccontavo per me.

FIGLIA   A me le raccontavi. Le inventavi per me.

PADRE   Faccio uno sforzo, è così…

FIGLIA   Le voglio. Vorrei sentirle ancora.

PADRE   Innaturale. Ascoltare? Non è la verità.

FIGLIA   Che verità. Chi ti chiede la verità? Non ti domando la verità.

PADRE Quando andavamo a pescare. Senza mulinello. 

FIGLIA   Col mulinello s’imbrogliava. 

PADRE   Vecchio vedi non mi raccapezzo.

FIGLIA    Di noi, dimmi di noi. Dove andremo. 

PADRE   Ora dobbiamo solo…

FIGLIA   Cosa ci aspetta.

PADRE   Una pazienza infinita.

FIGLIA   Non voglio. L’ho già avuta.

PADRE   Non vedi dove sono. Finito.

FIGLIA   Per quello, finita anch’io.

PADRE   Un prima un dopo. Io sono dopo, anche se ti sembra strano dato che il vecchio…

FIGLIA   Sei venuto prima. Ma non posso andare via, io, ora.

PADRE   Ora che qualcosa almeno è chiuso.

FIGLIA   Appunto. Dal momento che lei… Lei, lei che non c’è più. Ecco cosa… Di nuovo, davanti c’è il vuoto.

E dietro, il vuoto c’è… Dopo il parto, invece, mi sento piena, piena di lei, viva di nuova vita… 

PADRE  Riempirlo noi, il vuoto, dobbiamo.

FIGLIA   Solo una tomba so, che da vuota era più piena.

PADRE   Il sepolcro. Gesù.

(Pantomima) L’ospite inattesa. Tutti, ci ha visitato.

FIGLIA   Può darsi. O qualcuno l’ha visitato di più.

PADRE   Dentro al vuoto trovi sempre qualcosa.

FIGLIA   Per me no.

PADRE   Qualcosa almeno se là dentro. Se ti ci senti ti ci vedi.

FIGLIA   Cosa stiamo qui a fantasticare. Era un consiglio. Chiedevo. Per riempire un po’. 

PADRE   Sì. Forse quelle sono le cose che durano… Si disfano meno. Che passano, però non ti abbandonano, non perdono l’odore.

FIGLIA   L’odore… Profumo. Darci la mano, darci un bacio… (Pausa).

Il sangue…

PADRE   Il sangue, l’emozione…

FIGLIA    Vieni qui (Chiama a sé il Padre. Senza toccarsi ancora, c’è un abbraccio in tensione che sembra contenere una vita. Infatti, restano in piedi, di fronte uno all’altra).

PADRE   Vieni qui.

FIGLIA   Sono qui (S’avvicina. I due quasi si toccano fronte a fronte). 

PADRE   Più vicino. 

FIGLIA   La mia non c’è. 

PADRE  Lo so.

FIGLIA   Lei non c’è più. 

PADRE   So.

Sfiorandosi, ma staccati del resto, mimano l’abbraccio.

FIGLIA  Allora, mi devi guidare.

PADRE  Pensavo te: mi accompagnassi tu.

FIGLIA   Avanti. L’ultima volta. Io ti seguo.

PADRE   Mancano le forze… Figlia.

FIGLIA    Fallo per me.

PADRE  Figlia… Nuova… Vorrei farlo per lei, per noi, se questa è l’ultima volta. 

FIGLIA   (Delirante, nello sforzo di retrocedere nel tempo memoriale). Facciamo finta, che è prima, che è tutto fermo, deve ancora cominciare, succedere e siamo quattro, la famiglia, oppure soltanto ancora tre…

PADRE   Prima? Ma se io sono dopo? Tutti, siamo dopo

FIGLIA   Già. Dopo, la morte. Non è prima?

Iniziano una “danza” di fuga e di inseguimento reciproco. 

PADRE  Perdonami. Perdonatemi. 

FIGLIA   Perdono. 

Sempre separati, mimano: il Padre la accarezza. Bambina, la consola.  

FIGLIA   Perdonami.

PADRE   Non c’è sbaglio e non serve perdono.

FIGLIA   A lei lo chiedo.

PADRE   Già venuto, già dato. 

FIGLIA   Manca. Manca sempre qualcosa.

PADRE   Perdono eterno, perdono infinito. 

FIGLIA   (Movimenti). Basta, ora hai ragione. Mi hai dato. È successo qualcosa. Me l’hai già dato… Forse lei torna

Pausa. Guarda fisso innanzi.

Che di tutti i colori, il più forte, indelebile, fosse il colore del vuoto… 

PADRE   (Movimenti). Vedi come cadono, che mi cadono i capelli (La Figlia si tocca i suoi).

FIGLIA   Ricrescono…

PADRE  (Movimenti). L’ho persi quasi tutti. Ne avevo.

FIGLIA   Se ne hai così tanti (Si torce i suoi). Lunghi.

PADRE   Persi invece(Si accarezza il capo).Sono stanco (Si siede, si sdraia). Dormire. (E cita certe frasi già dette, di quando era in guerra…)

La Figlia agisce veloce, con insolita destrezza, lo solleva, s’accerta che stia bene. Lo accarezza, lo culla quasi.

FIGLIA   Lei forse è tornata a modo suo. Ora dormi, riposa. Forse lei torna. Lei.

 

5. Fratelli a confronto

SORELLA   Tu viaggi.

FRATELLO   Viaggio. Un mese all’anno, viaggerò, se fa tanto.

SORELLA   Beato te. T’invidio.

FRATELLO  Viaggio, ma è stato un caso.

SORELLA   No, che non t’invidio. Ma almeno sei lontano.

Da tutto quanto.

FRATELLO   Conoscere, sapere com’era la bambina.

SORELLA   Cosa ne sai? 

FRATELLO   Io?

SORELLA   Cosa vuoi saperne, tu. 

FRATELLO   Io, niente, appunto. 

SORELLA   E allora.

FRATELLO   Allora niente. Importante però saperlo.

SORELLA   Sapere certe cose… Cose certe. 

FRATELLO   Sapere cos’ha sentito, cos’ha capito almeno.

SORELLA   Te lo dico io. Ti racconto io chi era cos’era cosa faceva, per chi.

FRATELLO   Se lo dici tu. 

SORELLA   Non che me ne parlasse lei. Guardando in me, vedevo lei. Forse com’ero stata, io.

Silenzio.

Ma te lo ricordi quando è nata, lei? Come? 

FRATELLO   Vagamente. In ombra.

SORELLA   Gesù Bambino, per noi.

FRATELLO   Non l’aspettavate così tanto.

SORELLA   Prima. 

FRATELLO   Poi. 

SORELLA   Poi, ho deciso io, quando. Ed è arrivata.

FRATELLO   Vedi che sei potente? Fai quello che vuoi. Quello che vuoi ce l’hai. 

SORELLA   Quello che voglio! Cagare! Sentire la sua voce, vorrei.

FRATELLO   Ma perché. Oramai... Siamo ancora scossi. 

SORELLA   Dice che si può anche registrare. 

FRATELLO   Io non la sentirei. Non vorrei.

SORELLA   Io sì, perché… La mamma forse no, di dolore, così di crepacuore. Ma la sua, della mia bambina… Io…

FRATELLO   Sparita.

SORELLA   Cessata.

Va verso la finestra. Rabbrividisce.

Mi dai quella coperta? La giacca.

FRATELLO  (Non trova gli oggetti. Li cerca con lo sguardo).

Te la prendo.

SORELLA   Sì dai… 

FRATELLO   Scusa. 

SORELLA   Sì prendila… Me l’hanno garantito però. Durante una seduta, qualcosa in aria è passato.

FRATELLO   Qualcosa (Pausa).E l’hanno registrata?

SORELLA    La voce. Chissà. Le voci.

FRATELLO   Io non credo.

SORELLA   Se esiste l’aldilà, viene può venire.

FRATELLO  Non saprei se…

SORELLA    Allora viene.

FRATELLO   Se esiste, anche, non viene.

SORELLA   Non potrebbe venire? 

FRATELLO   No. Figurati.

SORELLA   Io me la ricordo in piedi davanti alla finestra. Bianca. Vestito bianco… 

FRATELLO   Come ora (Pausa). Coricata? No? 

SORELLA   In piedi alla finestra e il sole impossibile. Troppo forte. E la bambina mi diceva mamma, chiudi… Domani. 

FRATELLO   Sapeva. 

SORELLA   Sapeva tutto e si guardava la sua storia si faceva il suo film. Preparava il viaggio l’appuntamento perfino le telefonate, tutto.

(Fruga nei cassetti di un armadio).

FRATELLO   Ti ha telefonato lui. Il dottore.

SORELLA   Sì, ma la voce era lei, la bambina. La sua voce.

FRATELLO   Cosa ti ha detto? Qualcosa…

SORELLA   Per ora aspetto. E tu anche aspetta.

FRATELLO   Fin troppo hai aspettato.

SORELLA   No è stato così veloce.

FRATELLO   Quanti anni ci hai messo.

SORELLA   Non so. L’ho visto all’improvviso.

FRATELLO   Mmmmh (Pausa). Vuoi bere qualcosa. Fa bene bere.

SORELLA   Appena qualche lampo. Le visite… 

FRATELLO   Le operazioni.

SORELLA   La forza, la ripresa. Ma ti rendi conto: da morta quasi era viva ancora più viva di prima. Era lei a telefonare agli amici. Loro non ci credevano. Poi a vederla, si sentivano come sollevati.

FRATELLO   Capogiro. 

SORELLA   Entusiasti.

FRATELLO   Portati. Presi…

SORELLA   Dalla speranza. 

FRATELLO   (Pausa). Beviamo qualcosa dai.

SORELLA   Per bere bisogna bere.

FRATELLO   Hai provato gli infusi?

SORELLA   Ne avrò presi dieci. Tisane…

FRATELLO   Rinforzano le difese.

SORELLA   Ora mi dici qualcosa? Mi parli ora?

FRATELLO   Mmhhh.

SORELLA   Stavamo come a distanza, noi.

FRATELLO   Distanza?

SORELLA   Distanza di sicurezza.

FRATELLO   Uscita d’emergenza.

SORELLA   Vuol dire che io non.

FRATELLO  No, io.

SORELLA   Vorrà dire che lei.

FRATELLO   Ero io.

SORELLA   Io e lei non ci capivi.

FRATELLO  (Silenzio).

SORELLA   Non ci facevamo capire. 

FRATELLO  Quando uno sta zitto…

SORELLA   Stavamo in una stanza, due in una gabbia.

FRATELLO   Non riuscivo a oltrepassare…

SORELLA   Entrare no?

FRATELLO  Passare la soglia.

SORELLA   Anche lei se mi chiamava, sentivo che non mi voleva. Almeno credo.

FRATELLO   Figurati. Eravate una persona sola.

SORELLA   Eppure non saprei. Non so se le facevo piacere. Vicino.

FRATELLO   Figurati.

SORELLA   O se le facevo rabbia. Perché la vedevo. La vedevo così. La vedevo com’era. Lei capiva che la vedevo.

FRATELLO   E non voleva, dici?

SORELLA   Ora credo (Pausa). Sai, i bambini hanno paura, non si fidano dei grandi, quando i grandi ammettono qualcosa che è più grande di loro.

FRATELLO   (Silenzio). Non piangeva.

SORELLA   No, non piangeva. Non per il dolore.

FRATELLO   Non lo faceva vedere.

SORELLA   Non mi ricordo. Sai che non mi ricordo più. Le ore e i minuti, quei giorni, ogni giorno, me li ricordo e potrei rifarti il calendario preciso. Ma il senso…

FRATELLO   I momenti…

SORELLA  Ma il male, quanto, non ricordo. Né di me né di lei ho potuto misurare come, quanto.

FRATELLO  Sappiamo non sappiamo.

SORELLA   E dopo, che erano venuti i suoi amici a trovarla, mi guardava, guardava me con quegli occhi.

FRATELLO   Neri.

SORELLA   Dentro quegli occhi, tutti loro. Quella faccia che distrugge la morte (Pausa). Perché non sono diventata matta.

FRATELLO   Sei forte.

SORELLA   Figurati te. Dico: tutto quello che per te è ancora possibile fa’ conto di averlo. Io te lo do. Mi rispondeva non importa io ce l’ho (Pausa). Una cosa è certa: la sua vita l’ha data a me, perciò mi vedi vivere tanto (Esagitata, rovistando nel cassetto).

FRATELLO  Cosa fai, dai lascia stare. Lascia.

SORELLA  Duro così tanto (Pausa). Mi diceva: Aspetta con me. 

FRATELLO   Tu aspettavi con lei. 

SORELLA   Abbiamo fatto questo, questo soltanto.

FRATELLO   Tanto. Lo avete fatto, proprio. 

SORELLA   Ma a un certo punto non l’ho più fatto. Non ho aspettato.  Non con lei. Non più la stessa cosa non più lo stesso momento. Paura insieme di aspettare l’opposto. Due che aspettano insieme, ma in senso contrario. Contromano. Controvento.

FRATELLO   Pretendere che gli angeli non possano piangere, se sono puro spirito.

SORELLA   Allora te lo dico io, è lo spirito puro che piange. 

FRATELLO   Allora, non hai pianto. 

SORELLA   Eh no, certo. Non era possibile. 

FRATELLO   Vedi gli angeli e non piangono…

SORELLA   Neanche lei piange.

FRATELLO   E tornare indietro non si può. Se non hai pianto però…

SORELLA   Chi si lava la faccia non sempre ha il cuore che sanguina.

FRATELLO   Quando non c’è più niente.

SORELLA  Ci sono madri che ho letto, che allora… Che si mettono a cantare accanto al corpo del figlio.

FRATELLO  Tu?

SORELLA  I capelli. Che glieli strappassi, aveva paura.

FRATELLO  Glieli tagliassi?

SORELLA   No no, strappassi, con le mani magari (Pausa). Caduti, aspettavo che crescessero. Crescevano. Presto, veloci. Via, la parrucca!


6. Della tortura, 1

Buio.

Il Gatto entra.

CORO   Chi sta su questa porta

Le vede passare tutte.

Vede venire tutti e tutti andare.

Entrare uscire.

È l’osservatorio più sicuro, garanzia di presenza

Lunga o corta degenza.

La schiera si svolge lenta o impaziente.

Non ha bisogno dell’ora

Dell’orologio. Chi arriva ha l’ora la sua ora

Impressa in faccia. Anche se il timbro lo mette

L’usciere, il colore del sole o il grigio di nebbia

lo incarna di suo da solo.

Crescendo la luce, si vede la Sorella stesa sul letto, come dormisse, bocconi. Il Fratello entra, attende. Lei si muove. Il fratello arretra.

SORELLA   Avanti.

FRATELLO  Ti senti male? (Movimenti per arretrare). 

SORELLA   Malata, entra.

FRATELLO  Scherzi?

SORELLA  Non diciamo colorita, diciamo pallida, diciamo, quando ti vedi chiara, bianchiccia e non sei più stata al sole. Lasciamo perdere. 

FRATELLO  Come stai?

SORELLA   La camera della tortura. 

FRATELLO   La chiamava lei della tortura?

SORELLA  No, lei la chiamava soltanto camera.

FRATELLO   Operatoria. Sala operatoria. 

SORELLA   Sì, nel senso: operazione della tortura.

FRATELLO   Eppure.

SORELLA   Eppure la bambina.

FRATELLO   Come facevano, loro, i medici? 

SORELLA    I medici dicevano vieni andiamo. Ci siamo noi.

FRATELLO   Cosa faceva lei?

SORELLA   Andava. Per stare con loro.

FRATELLO   Ma la camera.

SORELLA   Tranquilla ci andava. Stava con loro.

FRATELLO   Vedi. Allora.

SORELLA   E da non credere, era contenta, quasi. Come.

FRATELLO   Figurarsi.

SORELLA   La paura la esaltava.

FRATELLO   Non è giusto…

SORELLA   In sala lei conosceva gli apparecchi le analisi e tutto.

FRATELLO   Le posizioni.

SORELLA   Il tempo d’intervento di preparazione di uscita.

FRATELLO   Dal coma sedativo.

SORELLA   Gridava, se non sentiva: Non sento niente! 

FRATELLO   Però. Figurati. 

SORELLA   Dava il segnale: sento male. Ora, ora.

FRATELLO   Non è ammissibile. Ma tu: se tu non c’eri. 

SORELLA   È vero, non potevo entrare. Anch’io però avevo la mia sala, la mia camera. Facevamo la tortura insieme, staccate, ci credi. 

FRATELLO   Insieme. 

SORELLA   Mattina. Mattina presto. Cominciava.

FRATELLO   Di seguito. Insieme?

SORELLA   Di notte finiva. Ero così come affacciata a una finestra, come sul balcone, ero. Ero seduta, allora non ero sdraiata. 

FRATELLO   Un divano una poltrona. 

SORELLA   La porta chiusa, e da lontano (Gesto con la mano) in lontananza era il momento più vicino. I vetri, mi ricordo, appannati. Il nostro orario la nostra cura. Ci facevamo pranzo e cena.

FRATELLO  D’inverno, brina sarà stata.

SORELLA   Appannati di calore. Interno. Là dentro il fuoco. 

FRATELLO   Dicono che il freddo laggiù sia bello forte. Gelo. 

SORELLA   Gridava quando cominciava a sentire. 

FRATELLO   (Divagando). Tu per la mamma, che sensazione hai avuto? 

SORELLA   (Seguendo la sua impressione). “Lo sento, ora”. Così iniziavano, i medici, davano retta a lei. Seguivano le sue indicazioni. “Non mandatemi via”, diceva. “Così esco che sono guarita”. Facevano, loro… Ubbidivano lei, loro. Sentivano capivano, quello che diceva. Lei diceva: “Un minuto”. E loro, partivano fra un minuto. “Brucia troppo”. E loro diminuivano l’intensità, riducevano la dose.

FRATELLO   Che ne pensi di mamma, allora? Io pensavo, sistemata lì, va bene.

SORELLA   (Continuando nella sua impressione). Lo sai cosa chiedeva: fatemi male.

FRATELLO   Be’, che motivo c’era?

SORELLA   Chiedeva, insisteva. Il dolore guarisce.

FRATELLO   (Ambiguità: se riferito alla Sorella o alla scelta per la Madre o all’incomprensione precedente). Ma cosa dici. 

SORELLA   Era convinta di guarire. Di quello, sicura. La cura.

FRATELLO   (In tutt’altra situazione). Visto che tirarla fuori, ormai, era impossibile, la mamma. Curarla per non farla soffrire.

SORELLA    La cura la vita (Concentrata sulla sua bambina). La curavano viva. Da viva, chiamava sempre qualcuno, sempre.

FRATELLO   Ma tu dopo i giorni le ore, dov’eri?

SORELLA   Nella stanza…  Alla finestra sarò stata. 

FRATELLO   Non facevi niente non ci credo.

SORELLA   Niente. Aspettavo.

FRATELLO   Aspetta e spera. Lo vedi? (Pausa). Quanto ti prendeva?

SORELLA   Cosa?

FRATELLO    Ogni volta… Il professore.

SORELLA    Chi? Un… duecento, trecento.

FRATELLO    Mila.

SORELLA    Mila.

FRATELLO   Normale. Ti sembra normale? 

SORELLA   Cosa c’è di normale? 

FRATELLO   Già. Niente. Del resto non abbiamo mai reagito. 

SORELLA   Denunciato? 

FRATELLO   Già. Denunciato.

SORELLA   Cosa c’è di normale? Era lei, malata. 

FRATELLO   Appunto. Mica lui, loro.

SORELLA   Hai un malato, cosa vuoi denunciare? Il professore si prendeva la sua ragione…

FRATELLO   Mmhh… 

SORELLA   Sa, signora, dice, siete voi i malati. Voi. La bambina, insomma, nel caso.

Ma io… ma lei, protestavo.

Sa, signora, c’è chi dà e chi riceve. Tutto si fa quello che si può fare. Umanamente.

Allora io, devo avergli inveito contro qualcosa. Lui ha ripreso, calmo, la sua tiritera: sa, signora. E io devo avere (Si arresta, tremando), ho fatto qualcosa con le mani. E ho urlato.

FRATELLO   Tu? 

SORELLA   (Di fronte a sé vede qualcuno di odiato). Via! Andate via! Maledette! (Calma). Esagerata. Avrò esagerato (Ancora uno scatto urlando). Cagne rognose!

FRATELLO   Figurati. 

SORELLA   Mi hanno dovuto calmare. 

FRATELLO   Avevi ragione.

SORELLA    No, macché. Ho esagerato. Volevo che fosse lui, loro, a chiedere perdono. Dovevano chiedere scusa loro. 

FRATELLO   Ah così. A quel punto? Sofferto. 

SORELLA   Malati loro, chiedere loro scusa.

FRATELLO   Anche se dovevano trattarla così. Senza via d’uscita.

SORELLA   Inginocchiarsi, chiedere perdono. Davanti a chi sta per morire (Pausa). Un’illusione. 

FRATELLO   Un bisogno.

SORELLA   Lei viva. Più morti loro. Li vedo, come i preti che vanno al suo funerale, in processione. In processione, in chiesa, all’ospedale. Verso l’altare, verso la sala, quella. Sempre, sotto la luce (Si copre gli occhi). Gli occhiali… 

FRATELLO   Dove li hai messi? 

SORELLA   Sempre. Dovrei portarli ormai.

FRATELLO   La luce?

SORELLA    Sì luce (Mette gli occhiali e infila la testa nel cassetto). Lei a tal punto si fidava.

FRATELLO   Ti fidi.

SORELLA   Speri. Dalla disperazione.

FRATELLO   Qual è il limite? Ci sarà un limite e dopo…

SORELLA   Non c’è. Non l’ho visto mai. 

FRATELLO   Nemmeno in lei?

SORELLA   No, in lei no, c’era solo il buio e la luce, buio e luce e cambiava la durata del giorno della notte. Aveva inventato…

FRATELLO   Ma è terribile…  

SORELLA   Inventava le ore: le ore brevi le ore lunghe le ore potenti… Le ore delle grandi campane, la sveglia piccola l’ora del telefonino.

FRATELLO   Di questo, al medico, ne hai parlato?

SORELLA   Fra noi. Era fra noi, era un gioco. Non si sa quanto poteva durare, reale.

FRATELLO   Al medico, io gliene avrei parlato…

SORELLA   Erano ore… Le ore profonde le ore fluenti. Ore che non esistono… 

FRATELLO   Informazione. Completare il quadro.

SORELLA   …Ma lei le contava. A proposito, hai visto i disegni i fogli?

FRATELLO   Ne ha lasciati? I suoi…

SORELLA   Un po’. All’ ultimo non faceva altro, non faceva.

FRATELLO   All’ ultimo.

SORELLA   Insomma, prima dell’ultimo. Con le parole, soltanto, non ce la facevo. Più.

FRATELLO   Basta ora. Non è psicologia. 

SORELLA   Psicoanalisi.

FRATELLO   Se no è superstizione.
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Pausa. 

SORELLA   Non ho fatto come la vedova di Sunem… Né come Eliseo coricato sul fanciullo morto bocca a bocca, pancia a pancia. Perché il fiato mio non è tutto sfogato, esalato tutto in una volta sola?

FRATELLO  Non il luogo né l’ora. Non ci è dato.

SORELLA   Colpa mia. Quando un figlio hai, vuoi sentirti indispensabile.

FRATELLO   E io anche se ce l’ho, è un altro paio di maniche.

SORELLA   Sarà che l’hai sentita, ti è capitata in un altro modo.

Forse avremmo dovuto tenerli più vicini, più insieme.

FRATELLO  Forse.

SORELLA   Fatto sta che sarei stata anche un’ipocrita. 

FRATELLO   Impostura a fin di bene.

SORELLA   Dargliela a bere, a lei!

FRATELLO   E cosa volevi dirle? Stai morendo, sei morta.

SORELLA   (Consapevole dell’inadeguatezza, dell’estraneità, senso di mancanza: il millantato credito, un modo di raccontarsi agli altri. Specialmente quando li si ama). Così io appunto mi raccontavo a lei, perché lei mi raccontasse di sé, mi dicesse quello che non poteva dire. E io non provavo, quasi mai, a fare la forte, la più forte, quella che resiste e fa coraggio… Io no, io facevo la debole la fragile, ero io quella che dev’essere aiutata che chiede una parola di conforto… Da lei, capisci, chiederlo a lei, capisci. Ti rendi conto. 

FRATELLO   No io no.

SORELLA   Capisci come funziona: io so, insomma, alla fine, che tu non sai che io, veramente, anche se non voglio, sono un altro. Così è l’impostura. Lo sai e vuoi che l’altro non lo sappia. 

FRATELLO   Mica la volevi ingannare. 

SORELLA   Eh altro che! Proprio passarla per scema. Proprio.

FRATELLO   Proprio. Per modo di dire. Di modo che. Insomma…

SORELLA   (Scivola a usare il dialetto). Vedi, lo vedi, ti veddi, ti o veddi anche ti… Lo stesso gioco con me.

FRATELLO   Ora dai bisogna che.

SORELLA   E con lei, anche. Se non c’è, c’era. O meximo zeugo

FRATELLO   Non è possibile… sempre… giocare.

SORELLA   No l’è vea, ti o dixi ti. Saio matta. Zeughemmo sempre, emmo sempre zeugou.

La Sorella trova piccoli giocattoli nei cassetti e li osserva.

 

7. Vocazione originale

Il Gatto si sposta e si apposta.

CORO

Se ricordassimo tutto,

Tutto,

La storia sarebbe già

Bella pronta.

Ma…

Ma noi…

Ma tu.

SORELLA   E a te sembra giusto normale che facciamo dei discorsi come questi?

“Cara, vuoi il latte?

Col miele?

Con lo zucchero?

Con lo sciroppo di rose?

Tesoro, ti faccio la passata? Una bella… Amore, ti cambio il lenzuolo…

Tesoro, prendiamo il libro con le figure.

Amore, cosa ti do col caffè… Io, te lo leggo io.

Ti sembra logico, ti sembra umano, giusto, sì. E di quella cosa, quelle cose, che a lei costavano così tanto, a ma’, che a lei ci pensava così tanto, così importante, così tutto, trovarlo bello e ricco, più della vita…

(Pausa).

Lo sai che è destinata a crollare, la casa? Lo sai che suo fratello, lo zio, tuo zio, la casa se l’è vista crollare, l’ha vista sfasciare, l’ha vista sbriciolare… L’acqua, côse l’è che ti veu, a ghe passava sutta, passava sotto, poi passava sopra non c’era più il tetto la cantina l’ha vista che gli andava via. Mentre lo tenevano i vigili, gli avranno dovuto mettere le manette, se no quello lì, si tuffava. Bene, lui l’ha vista andare via, sciò…. E lei, non ci crede che può succedere anche a lei, alla ma’, invece succede succede, viene giù se è fatta male, giù: lo dicono i muratori che ci sono stati che il cemento magro l’hanno impastato loro il cemento, armato.     

Devo farli, devo farli io, i discorsi da matti? Per chi li faccio? O non li faccio? Perché sono matta, dillo! Ditemelo sei matta, sono matta. Sì lo ammetto.

A me, il dolore, faceva paura, fisico. Morale, no. Fisico, perciò volevo la dormia e a lei se ci penso, all’anestesia... Te l’ho detto, mai, che lei durante – dicono – non smetteva di parlare, sognava. Io anche, un pochino, sonnambula. In piedi con gli occhi chiusi, la nonna una volta l’ho vista io. Faceva il tragitto preciso, andata ritorno, beveva l’acqua con la tazza si asciugava la bocca, si fermava allo specchio l’assurdo a guardarsi non vedersi allo specchio.

Eh specchio specchio… E anche tu a volte magari. Se mi ci metteva, la ma’, mi ci piazzava davanti per misurarmi il vestito, non ci volevo stare ferma neanche morta. “Un momento cosa ti costa”. Per i capelli, ferma, neanche. Da sola, sì, per fare la manfrina, la pantomima, e demoe, anche senza le bambole, così da bambina, bambina grande, quella che la guardano, i grandi; quella che i bambini i maschi la chiamano e poi si nascondono, la chiamano e scappano. Futta via! E lei li sente, li vede, alle spalle. I bambini, i maschi, i fuenti, s’avvicinano dietro e scappano. Futta lì! Li sento, li vedo, anche senza occhi.  

FRATELLO   Ma tu davvero, dove li avevi gli occhi? Tua figlia stava già male.

SORELLA   Gli occhi neh, con certe ciglia… Vengono già le nuvole, si chiudono gli scuri, i cancelli… le lunghe chiome scendono sulle spalle…

FRATELLO   Sì il buio temporale.

SORELLA   Insomma non servono gli occhi. Serve sentire, serve il cuore. Te lo dice la pancia la schiena. Te o dixe o cu, te o dixe! Qualcosa te lo dice, i brividi…

FRATELLO   Be’ non siamo così…

SORELLA   Così come? 

FRATELLO   Non siamo tutti uguali.

SORELLA   Fræ e so.

FRATELLO   Appunto. Diversi.

SORELLA   E poi la femmina, si dice! Cosa ne sapete! I brividi. A dieci anni, sarà stato, a undici nemmeno, sarà stato. Quando il bambino davanti a te, lì ti vede e tu lo vedi che ti vede. Ecco perché quando è dietro… uguale. I brividi… li puoi provocare. La donna, bambina…

FRATELLO   Da donna, la bambina, sa già di essere bella così?

SORELLA   Da bambina, la donna sa già di essere bella, di essere com’è. Prima, no. D’improvviso, poi, sì (Pausa). È successo a me.

FRATELLO  (Pensando fra sé). A lei no. 

SORELLA   Sa già, lo sai già, di essere desiderata. Perciò voleva, non voleva. 

FRATELLO   Figurati.

SORELLA   Sai già non importa da chi. 

FRATELLO   Sai già? 

SORELLA   Desiderata. Saperlo. Necessità. Non ci si rende conto però è un’età che viene la trovi a t’arriva fra capo e collo sei lì è il momento ti rendi conto, fai come se è un’ora precisa; un’ora del tempo fatale. Pure non ne hai ancora capito niente. O tempo du belin. Lei lo sa. Lo sai e contemporaneamente ne hai paura. Tanto sai tanta paura. 

FRATELLO  (Fra sé). Scendono i fiumi, invadono le rive.

SORELLA   Paura. Insieme. Quello che dico… 

FRATELLO   Non importa. Se mai…

SORELLA  Ora ti racconto cos’è successo a me. È importante per me. Che lei non c’è più.

FRATELLO   Abolire il tempo sospendere il dolore.

SORELLA   (Parla in dialetto). Falo joa lasciù.[farlo volar lassù]

FRATELLO   Non soffrire, non sbagliare più.

SORELLA   Ragionamento magari, ricordo. Dialoghi di uno, di una sola. Da matti. Matta.

FRATELLO   Provo a dirlo io.

SORELLA   Di me? 

FRATELLO   Mi, de ti.

SORELLA   Mi, da matta?

FRATELLO   Io, da matto. Da sveglio, anch’io.

SORELLA   Per essere in due?

FRATELLO   Soli, ma due. Quella paura ha due forze. La paura la forza…

SORELLA   … della bambina. Lei sì.  

FRATELLO   Sì la donna bambina. 

SORELLA   Mi ricordo, una fissazione. Il vestito era bianco e rosso, corto. Il vestito.

FRATELLO   Bianco e rosso? 

SORELLA   Quello bianco e rosso.

FRATELLO  Quello corto?

SORELLA  Quello.

FRATELLO  Glielo aveva cucito la mamma, scommetto. Prima.

SORELLA  La mamma, certo.

FRATELLO   Prima, la mamma.

SORELLA   Certo (Colta da memoria vertiginosa). Dopo il prima rosso un bel rosso scuro, una bella mela rossa porpora rosso un bel sangue cosa dico un bel mantello scuro profondo rosso come… cosa dico…

Il Gatto miagola.

Io… Per me… A me…

FRATELLO   Forze, paure… Voglio dire che conseguenze può avere il desiderio, desiderare l’altro, desiderare altrui. Paura che l’altro non desideri te mentre tu senti che ti desidera, lo senti. Indifferenza può darsi. Rifiuto. L’altro vede, sa, ti sa…

SORELLA   E ti rifiuta? No, a me, no. La prima volta pure mi è corso dietro. Si vedeva, subito.

FRATELLO   Sì va be’. In generale, dico.

SORELLA   L’avevo appena guardato. Una mano forse ho mosso appena.

FRATELLO   Il secondo, timore, il senso di non essere adeguata. Brutta grassa magra, non conforme insomma lo sai cosa c’è dentro che non va… Per non meritare l’attenzione dell’altro.

SORELLA   L’altro.

FRATELLO   Non ti vede o ti vede storta, non ti pensa non ti vuole, donna.

SORELLA   L’altro. L’Altro, non l’uomo, non necessariamente.

FRATELLO   Però, non siamo pessimisti. Non è questa la norma, la via probabile. Disistima, svalutazione… questo in partenza poi è la causa.

SORELLA   Rifiuto di sé, in quanto soggetto non funzionante per l’altro…

FRATELLO   Prendiamo l’altra, prendiamo la via della coscienza… Sentire, sapere positivo di sé, se pure fluttuante, sapere la propria bellezza.

SORELLA   Saperla. Certa.

FRATELLO   Ecco. La bellezza…

SORELLA   Il gioco.

FRATELLO   La bellezza gioca.

SORELLA   Quello che dicevo io. La prova è il gioco. E giocando provi. Giocando vedi, lo impari.

FRATELLO   La seduzione. La bambina giocava alla seduzione (Quale Bambina? La morta o lei, Madre-Sorella che si ricorda bambina?).

SORELLA   Te la raccontavo. Esperienza, seduzione. Decidi, senza spiegare. Il gioco, lo giochi. Senza regole. Giocare. E allora vedi… Alloa ti veddi cose succede… Una bambina di undici, dodici anni, avrò avuto, io. Ecco perché lei… Io, con lei, diverso.

FRATELLO   Diverso? Perché?

SORELLA  Proibito.

FRATELLO   Perché? Ti faceva male… In lei ti riconoscevi…

SORELLA   Eravamo uguali. Facevamo lo stesso, non cambiava, lo stesso trent’anni dopo. Sapessi cosa accadeva. Dopo anni. Ma era, dopo?

FRATELLO  Se era, era allora.

SORELLA    Era, prima? Di quando, di cosa?

FRATELLO  Per dire…

SORELLA   Vedi come si diventa. Matti. Matta davvero.

FRATELLO  (Fra sé, più raziocinante e staccato). Una bambina di undici, dodici, tredici anni, può provare a sedurre, misurare l’effetto, misurare i gradi d’influenza sull’altro… Un gioco in cui conduce lei. Certe non ci provano, certe, per paura, per…

La Sorella abbraccia il Fratello, spaventata, sconsolata, per farlo tacere o capirlo meglio.

… la paura di restare scottata, frustrata. Meglio tranquilla, niente rischi. “Non sono adatta al gioco, questo gioco, il successo è impossibile” (Pausa). È così, vero? Non vuoi? (Pausa).

Il musicista, il cantante, se no, non si metterebbe neppure a suonare, manco salirebbe sul palco…

SORELLA  Se fosse convinto di quella… sfortuna…

FRATELLO   Ecco.

SORELLA   No, non farmici rinunciare.

FRATELLO   Tu, hai altre soluzioni?

S’abbassa la luce.

SORELLA   Una carezza. Non mi accarezzi mai, fratellino. Da quegli anni là. Poi…

FRATELLO   Mi hanno spiegato… una carezza… ha un significato. Carezza che un po’ mi fa paura, ora. Scusa.

SORELLA   Tu, scusa.
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La donna si accarezza distratta.

SORELLA  Verso la fine non la guardavi più. Paura?

FRATELLO   Per non aumentarle il male. Crudele. Evitare di compatire.

SORELLA   All’inizio, faceva venire il discorso. Di te, di te e me, fratelli. Sarà che qualcuno di noi nasce che ha in testa l’oro, l’oro del parafulmine, che il male, i fulmini, li attira.

Una cosa è certa: la sua vita l’ha data a me. Se no, non mi vedresti vivere, non potevo arrivare fin qui.

La Sorella apre l’armadio della Bambina.

SORELLA   Lo butto all’aria. Rovisto nell’armadio, poi lo rimetto in ordine io.

Trova un mangianastri. Lo guarda, lo aziona. Si ode una canzone nota del passato.

Quelle che le piacevano, gliele registravo io.

La musica prosegue.

 

8. Intermezzo del Padre

PADRE   Due, sono due lì davanti.

Sono due me, ma non li conosco. Non ci riconosciamo.

Lei, allora, perché è morta? Per chi, di noi? 

CORO  La forza del presente.

PADRE   La forza, orribile…

CORO  … Del presente… presente… presente… 

PADRE  È forse già al lavoro, non per farti dimenticare, ma proprio dal ricordo, farti morire, morire e rimorire…

CORO   … rimorire…

PADRE  Questa? È questa, la nuova vita?

 

9. Tramonto

SORELLA   Ma insomma, Dio come te lo immagini tu. Una persona, no.

FRATELLO   L’ho sempre sentito una persona, sì, uno che mi cammina a fianco. “Ma io vi mostrerò cosa diversa dall’ombra vostra che dall’alba al tramonto passo passo v’insegue”.

SORELLA    Un papà, una mamma: da potergli dire, aiutami, aiutami tu.

FRATELLO   Un altro me.

SORELLA   Quello che gli parli. 

FRATELLO   L’unico che ti ascolta. 

SORELLA   Tant’è, sei, è un altro tu. Bene, vedi come siamo ridotti?

FRATELLO   Non riusciamo… Forse, a…

SORELLA   A non sapere niente a non credere più a niente.

FRATELLO   Oppure che tutto funziona così, indipendentemente…

SORELLA   Rassegnati.

FRATELLO   Il più… il più forte di te.

SORELLA   Rassegnarti, se no muori.

FRATELLO   Rassegnarti, no. È una curiosità, un non sapere… Ma che vuoi sapere perché.

SORELLA   Perché perché. L’hai vista.

FRATELLO   Sì.

SORELLA   Perché l’abbiamo chiesto dall’inizio. Nemmeno ora lo sappiamo. 

FRATELLO   Non lo sapremo.

SORELLA   Così parliamo.

FRATELLO   Io, te, lui, anche lei, persino la bambina, facciamo le voci.

SORELLA   Sì, il coro. Ci facciamo le voci noi e ce le ascoltiamo.

FRATELLO   Le voci sappiamo che ci sono. Finché ci siamo noi.

SORELLA   Appunto. Quando vado via di testa e che le sento. 

FRATELLO   Scritte. Ho provato a scriverle. 

SORELLA    Bene. Magari quelle servono, a qualcuno che ora nemmeno c’è ancora. 

FRATELLO   Primo, servono a me.

SORELLA   In futuro, dicevo. Se verrà qualcuno.

FRATELLO   Le nuove generazioni.

SORELLA   Ecco si spiegano tante cose.

FRATELLO   Come.

SORELLA   Si spiegano un po’ le cose, si spiega che eri lontano, che mi sembravi strano. Me lo sono un po’spiegata: strana ero io, a pretendere l’uguaglianza, la parità. Al centro… 

FRATELLO   Del dolore?

SORELLA   … al centro, chi c’è c’è. Uno solo al mondo, in tutto il mondo è solo, al centro. Te l’immagini.

FRATELLO   Che sia dolore.

SORELLA   Felicità, metti. Che sia felicità. Cosa cambia?

FRATELLO   Non cambia. 

SORELLA   (Inizia a intercalare parole, frasi in dialetto). No cangia ninte, no cangia. 

Silenzio.

Ti ghe væ sempre, a messa?

FRATELLO   Sì sì.

SORELLA   Vedi. Almeno tu.

FRATELLO   Tu no…

SORELLA   Mi scì. Però… T’æ visto a moe. Le a l’è stæta, da ‘na parte, a l’è stæta afortunaa.

FRATELLO   Fortunata, sfortunata. Dev’esserci una differenza, un salto di qualità.

SORELLA   Fortunata. Lei, ad andarsene senza accorgersene, senza soffrire.

Forse la Sorella snocciola una preghiera, arcaica e improntata alle “voci”. Mentre stacca vestiti, golf, camicie dall’armadio e li butta via. Alle sue spalle, il Fratello cerca di bloccarla.

SORELLA   Fermo! Sta’ fermo: è peggio. 

Il Fratello cerca di impedirle l’accesso all’armadio.

La Sorella prende a spogliarsi e a gettare via i suoi vestiti.


10. Soluzione finale

SORELLA   Ci verresti in terrazza a prendere il sole? 

FRATELLO   Con questo caldo.

SORELLA  Ci abbronziamo. A prendere un po’… La tintarella.

FRATELLO   Per me lo sai che non ci tengo.

SORELLA   Eppure, anche tu all’aria aperta…

FRATELLO   Nella natura. Se proprio dobbiamo andare su, andiamo sui Forti. Andiamo (Sorridendo) sulla Lanterna.

SORELLA   A Lanterna?

FRATELLO   La Lanterna: l’hanno aperta al pubblico.

SORELLA   Se dovemmo vesti, cangia. No, o piggemmo chi (Traffica nei cassetti, apre sportelli, cerca una chiave). Ti veddi che a ghè. Eccola qui.  

FRATELLO   Il costume?

SORELLA   Ma che costume!

FRATELLO   Ci vedono i vicini.

SORELLA   Gh’è poco da vedde (S’avvia decisa, occupando lo spazio luminoso di un “terrazzo”, senza ringhiere  né bordi: una sommità illimitata, un tetto nel sogno, irreale; un po’ abbagliante e vertiginoso. La Sorella si spoglia e si sdraia).  Fanni comme mi (Lo invita a spogliarsi. Imbarazzato, il Fratello si spoglia lentamente, ma decisamente e resta nudo).

FRATELLO   Non si vedono i monti, strano.

SORELLA   Quarcosa se veddia.

FRATELLO   No se vedde manco o ma.

SORELLA   Alloa, megio, no. Ti veddi, no gh’è nisciun.

FRATELLO   Faccio ridere (Guardandosi). Dai, che faccio… Facciamo ridere.

La musica ritorna, dal mangianastri di prima.

SORELLA   No gh’è da avei puia.

FRATELLO   Un po’ freddo, no?

SORELLA   Quante l’ea che voueivo vegni.

FRATELLO   Quassù. Sei contenta… T’e contenta, coscì.

SORELLA   E chi l’ha dito? A l’è ‘natra de mæ lotte, de mæ battaglie. Contenta, no se peu. In paxe, foscia.

I toni visivi e vocali diventano sempre più grotteschi. Tra parole sentimenti intuiti o accennati gesti, anche incongrui: tutto stride, è fuori posto, scomposto. Tra volgarità (non ostentata) e ieraticità, per un formalismo instabile.Tra psicodramma autentico e catarsi convenzionale.

La Sorella si alza e s’avvicina pericolosamente al bordo del cornicione. La luce come di un potente faro - la Lanterna di Genova? - la investe violenta. 

Vegni chì.

Lei accende il mangianastri, suona la canzone già udita.  

Il Fratello si alza e le si avvicina. Si danno la mano. Sono magari in controluce, i profili quasi indistinguibili, macchia unica a contrasto.

No stæmmo ben?

FRATELLO   Insomma, mi fa ridere, un po’. 

SORELLA   Noiatri dui. Insemme.

FRATELLO   Attenta al cornicione.

SORELLA   L’unico moddo, pe fali torna tutti, comme ‘na votta, ‘na votta sola… Tutti insemme.

Lo trae per mano, verso il vuoto. La musica si distingue meglio.

FRATELLO   Non si può.

SORELLA  No se peu? Scì che se peu.

Danzando lieta, la donna canta a bocca chiusa la canzone.

Ti veddi, o gatto o l’è satou delà.

FRATELLO   O so, o no peu dua.

SORELLA  Neutte giorno, neutte giorno…

FRATELLO   Godiamoci il sole. Fermi. Caldi caldi.

SORELLA    No, sul serio. Vengono, secondo te?

Didascalia di un’azione.

FRATELLO   Vengono. Ci sono già.

SORELLA   Per noi la vita è qualcosa che non succede.

FRATELLO   Eppure.  

SORELLA   Mai più. Basterebbe che fosse lei, qui.

FRATELLO  Però poi, che ci fossero anche loro, a chiedere perdono. 

SORELLA   Restasse lei, lei sola. 

Un fascio di luce investe la Sorella. 

FRATELLO   Alla rovescia, è andata?

La Bambina appare, ora visibile col vestito bianco e rosso. Iconograficamente, ricorda certe statue del Bambino Gesù da chiese barocco.

SORELLA   Chissà (Si colloca sotto il fascio di luce). Dipende da dove guardi. La luce da dove viene.

Il Gatto, portando in bocca una piccola preda, va ad accucciarsi ai piedi della Bambina facendo le fusa.

La luce s’intensifica sulla Bambina. 

SORELLA   È tornata. Ti piace? È bella, neh?

FRATELLO   Non… non la… riconosco. Non so. Non la vedo.

SORELLA   Che bugiardo (S’avvicina al cornicione). Balliamo. Balla. Ballate voi due! Se no ci ballo io.

FRATELLO   Attenta al cornicione.

SORELLA   Vedi? Ti o veddi? Lui la riconosce. Lo sente che lei è qui. Dai, lasciati andare, porto io.

Ballano.

L’Ombra-Bambina sul fondo imita i passi della coppia in primo piano, che s’avvicina pericolosamente al cornicione.

Cala la luce.

VOCE dell’OMBRA BAMBINA   Non andate via! Non andate via! Andate via.

Buio.


Epilogo

Il Gatto, solo e immobile.

CORO  

L’ospite inatteso. Tutti. Ci ha visitato. O ci visiterà.

Non vengono, secondo me. Non arriva nessuno. Nessun cronista, né giornale né radio né TV, ha dato notizia d’uno strano suicidio. Nessun appuntamento, nessun salto nel vuoto, nessun viaggio fantastico ai limiti dell’atmosfera, o nel ventre della terra…

Io? Non posso, io. Sono in ombra, io.

E poi, però, noi gatti, mica abbiamo sette vite, ne abbiamo una sola come tutti. Tutti noi… Tutti…

La luce cresce o diminuisce, nel suo gioco. Il Gatto miagola.

F I N E © 2012

Gloria Bornancin, Olio, Carta su cellulosa (2013)
               
NOTA D’AUTORE

All’alba d’una notte estiva del 2012, in montagna, fui come svegliato da alcune voci che mi suggerivano un dialogo di una poco sacra Trinità. Le voci di un Padre e di un Figlio; poi dei due Figli, Fratello e Sorella. Poi della Madre, sposa del Padre e genitrice dei due giovani: una Famiglia.  Da lì, una drammatizzazione in una scrittura tutt’altro che surrealisticamente automatica, ma molto affidata all’impertinenza di fantasmi lontani e a suscettibilità più vicine. La storia di un figlio dell’uomo dal dopoguerra alla fine del Secolo (veri) attraverso dialoghi (falsi) di un dolore di difficile espressione e condivisione, per i protagonisti storici: se pure esistono, essi rifuggono dalle loro cronache o aneddoti, per cui le loro vicissitudini assumono, nel linguaggio inventato, una presenza emblematica, né realistica né sentimentale.

Immerso in tanti misteri naturali, l’uomo del dramma si interroga accordandosi al flusso di parole. Le situazioni seguono come l’esposizione di temi o forme “musicali” – oratorio, mottetto – passaggi conflittuali e domande. Domande soprattutto sull’evento centrale, la morte prematura dell’innocente (ammesso che altri vi siano, colpevoli). Non è commemorazione né risarcimento; potrebbe essere conforto, nel vedere avverato il funzionamento scenico.

Un Gatto in scena. Un essere vivente, in sintonia se non in simbiosi, con gli esseri umani. È il portavoce (o la controfigura) di Lei-Bambina. Il Gatto fa il Coro, perché parla con cognizione (del dolore?) e in convenzione fiabesca, varca i confini fra intelligenza e natura. Dal di fuori, dall’esterno degli uomini, sordi e ciechi, comunque amici suoi.

I temi e le strutture risentono di letture e forme altrui. Bibbia e drammaturgia del Novecento, con l’espressionismo innestato nell’antica tragedia; e andamenti incongrui (ironia e grottesco) con frammentazioni e paradossi fino all’ossimoro. Parlerebbero mai così delle persone odierne? Come in poesia, dovrebbe valere il “correlativo oggettivo” in un testo drammaturgico, perché anch’esso è (dev’essere) poesia. Ma ulteriori turbamenti vengono dall’inconscio, secondo l’unica lettrice che ne abbia finora affrontato le valenze linguistiche e gli scopi comunicativi. Per lei, le figure portanti sono il sogno, la danza, il sangue. I debiti vengono dagli schemi di fiaba (Hansel e GretelBiancaneve) e fra i più letterari, dai contes cruels di Villiers de l’Ile-Adam, nonché dalla più urtante sua raillerie féroce. L’effetto perfino umoristico potrebbe derivare dal drame excentrique di Baudelaire. Nella scrittura, registra il passaggio dalla freudiana 'sintassi della distorsione' alla 'grottesca distorsione della realtà'. Quanto al Gatto, con precedenti nel Gatto Murr di Hoffmann, il suo ruolo sarebbe metalinguistico, di portavoce-interprete dell’incomprensione del dolore del mondo.

Nei momenti traumatici, i gesti della Sorella sfociano nel potlach e il linguaggio di scambio passa 'istericamente dall’italiano al dialetto'. Sarà quel legame, eros sororale, come Barthes lo coglieva in Phèdre di Racine? Davanti alla danza finale della coppia, monotona nei passi impacciati e simbolicamente rischiosa, lo spettatore vive in stato d’attesa, non soltanto acustica, ma anche semantica. Non può immedesimarsi. Un po’ forse, riesce a stupirsi, del fatto che la bellezza si celi più nell’irrazionale che nell’armonia, mentre sul dolore le domande restino di banale attualità, ma senza risposte.

Le opere riprodotte sono di
Gloria Bornancin
Olio, Carta su cellulosa (2013)
Per gentile concessione dell'Autrice


 
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