Emily
(Rooney Mara) ha finalmente ottenuto
la vita nel lusso che ha sempre sognato, quando il marito Martin (Channing Tatum) viene arrestato con
laccusa di “insider trading”: in un attimo sprofonda in una vita modesta e
nella depressione più profonda, fino a tentare il suicidio. È allora che
conosce il dottor Banks (Jude Law), psichiatra, che le prescrive
una terapia a base di psicofarmaci dagli inaspettati e cruenti effetti
collaterali. Ed è allora che i ruoli sinvertono e scopriamo che reale
protagonista della storia non è Emily, ma proprio il compíto e ambizioso dottor Banks.
Psico-thriller ben congegnato, Effetti collaterali getta trasversalmente una luce sinistra non
solo sulla vicenda narrata - un omicidio – ma anche sullabuso di farmaci, sulla
professione psichiatrica e i potentati delle case farmaceutiche, troppo spesso
legati più a questioni di mercato che di salute, richiamando la nostra
attenzione su questioni oggi più che mai attuali.
Già
collaboratore del regista per i precedenti The
Informant e Contagion, lo
sceneggiatore Scott Z. Burns ha
ideato un soggetto simmetrico nella struttura, poiché a una prima parte del
film dedicata alla protagonista femminile e che narra levento cardine del plot (lomicidio), ne segue una seconda
che, pur inscindibile dalla prima e ad essa “quantitativamente” equivalente,
narra unaltra storia: quella di un complotto, vittima e protagonista
laffascinante dottor Banks, che in
un attimo perde carriera e vita privata.
La
conclusione svela poi a sorpresa un terzo filo narrativo: la relazione
omosessuale in cui si palesa il cliché
dellattrazione medico-paziente. Il risultato è un film proteiforme e mutante,
che ci sfugge non appena crediamo di averne afferrato il senso, sorprendendoci
e rinnovando costantemente la suspense.
La duplicità della storia narrata, unitamente al fatto che il film non è stato
girato in sequenza, devono aver
costituito unaffascinante sfida interpretativa per gli attori ingaggiati, in
particolare per Rooney Mara, che qui interpreta due facce talmente diverse di
Emily, da rappresentare di fatto due personaggi distinti. Recente scoperta
hollywoodiana (la sua fama è legata ai successi di David Fincher The Social Network, 2010 e Millennium - Uomini che odiano le donne 2011), lattrice conferma qui la
sua bravura, in un ruolo ben lontano dalla “maschera” di Lisbeth Salander (in Millennium). Pur in uninterpretazione
molto controllata, “asciutta” e
minimalista, sul suo volto cè spazio per tutta la gamma delle emozioni. Non lo
stesso può dirsi di Catherine Zeta-Jones,
francamente poco credibile nel ruolo della dottoressa bisessuale Victoria
Siebert: decisamente non è una delle sue migliori performance attoriali. Forse però non è tutta colpa sua: risulta
iperbolico se non posticcio aggiungere la relazione omosessuale alla narrazione
a questo punto del racconto, proprio mentre interviene già il complotto
medico-paziente a spiazzare lo spettatore. Svelare due nuovi ingredienti
narrativi a un passo dal finale sfiora lequilibrismo e il vile denaro sarebbe
stato già un movente sufficiente.
Jude Law pecca un po' dal punto di vista dell'immedesimazione, rimanendo più fedele al proprio personaggio divistico che a quello del dottor Banks. A Channing Tatum stanno stretti i
panni delloperatore
di Wall Street, letteralmente.
Quanto alla regia,
Steven Soderbergh (che ha curato
anche fotografia e montaggio) concorre alla coerenza di una trama che solo a
posteriori, ad unattenta analisi, rivela la propria frammentarietà. Il film si
apre e chiude con due movimenti di macchina del tutto speculari, che disegnano
così una cornice attorno allintero racconto, conferendogli unitarietà. Se
nellincipit la macchina da presa lentamente stringe dal totale di uno scorcio
cittadino in campo lungo (Effetti
collaterali è stato girato principalmente tra New York e dintorni) alla
finestra di una palazzina in dettaglio, nel finale al contrario arretra da una
finestra – quella dellospedale psichiatrico in cui è rinchiusa Emily – fino a
gettare unocchiata complessiva sul contesto urbano in cui questa è compresa. Con
altrettanta fluidità quel primo movimento di macchina introduce il flashback successivo, che riguarda la
narrazione fino allesecuzione dellomicidio, circa a un terzo del racconto:
dal dettaglio della finestra dellappartamento inquadrata dallesterno passiamo,
con linquadratura a seguire, alla stessa vista dallinterno, quindi seguiamo
con la consueta calma tracce di sangue sparso a terra. È linizio dellanalessi.
In linea con la ricercata fluidità di regia, lo stesso flashback si conclude senza soluzione di continuità, semplicemente
trascolorando nella narrazione che segue.
Nel
complesso, Soderbergh realizza un ottimo thriller
di hitchcockiana memoria (lomicidio anticipato, i continui colpi di scena, la
protagonista femminile algida e affascinante, ecc.).
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