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Lettera da Londra

di Michele Manzotti
  Jon Boden in concerto
Data di pubblicazione su web 06/03/2013  

 

Repeating Patters-London Sinfonietta

Purcell Room, 27 febbraio 2103

 

Quando il minimalismo nacque negli Stati Uniti come reazione al linguaggio musicale novecentesco europeo, non era certo per tornare alla melodia. Piuttosto i compositori che si riconoscevano in quel movimento a loro volta volevano stupire. Non solo ogni materiale poteva diventare uno strumento musicale, ma una nota o una serie di note ripetute continuamente si trasformavano a loro modo nel tema conduttore della composizione. Repeating patterns, appunto modelli ripetuti, era il titolo della serata che si è tenuta alla Purcell Room di Londra nell'ambito della rassegna Landmarks della London Sinfonietta.

 

Alcuni dei solisti dell'ensemble hanno quindi affrontato alcuni dei classici del genere (perché ormai divenuti tali) composti da Philip Glass, Steve Reich e Terry Riley. Citiamo per primo il violinista Jonathan Morton che ha affrontato la Violin Phase di Reich e la Knee Play 2 di Reich con una tecnica invidiabile e un fraseggio che ricordava quello della suite per violino di Bach. Ricordiamo anche il percussionista David Hockings che su un tavolino di legno amplificato ha tamburellato con le dita la complicata 1+1 di Glass ed è stato raggiunto dal collega Serge Vuille per Clapping Hands di Reich dove il battito di mani, apparentemente semplice, diviene una lezione di ritmica grazie ai tempi differenti affidati ai due esecutori.

 

Forse la parte più attesa del concerto era il finale In C di Terry Riley dove l'accordo di do maggiore viene dilatato per 15 minuti da 11 strumentisti. Si tratta di uno dei brani maggiormente eseguiti di questo genere tanto che l'album originale eseguito dall'autore è stato recentemente ristampato dall'etichetta inglese Esoteric. Una serata all'insegna del successo di pubblico (era la seconda replica dello stesso programma) che non si è conclusa con l'uscita dalla sala. Le maschere infatti consegnavano agli spettatori un cartoncino con la Ear Piece di Riley, per un'ulteriore iniezione di minimalismo a casa propria.

 


copyright: londonsinfonietta.co.uk

 

 

Jon Boden & The Remnant Kings

Cecil Sharp House,1 marzo 2013

 

Esiste a Londra una vera e propria casa del folk, la Cecil Sharp House, dedicata a colui che nel primo novecento recuperò dalla tradizione orale le musiche popolari inglesi. In quella che è la sede della English Folk Dance and Song Society si danno appuntamento i migliori solisti del genere trovando un pubblico fedele di appassionati. Tra questi anche vere e proprie star del folk come Jon Boden, noto per essere insieme a John Spiers l'animatore del gruppo Bellowhead.

Oltre a questo progetto destinato a conquistare una platea discografica più vasta, Boden ne ha altri due: uno in coppia con Spiers e l'altro con il gruppo The Remnant Kings. Proprio con quest'ultimo, Boden si è esibito alla Cecil Sharp House in una serata che per i cultori del genere era imperdibile. Tra i quattro Remnant Kings infatti ci sono due componenti dei Bellowhead, Paul Sartin e Samuel James, ma soprattutto i cinque musicisti sono tutti polistrumentisti e cantanti. Se Boden è un animale da palcoscenico perfetto, il suo gruppo lo asseconda con una base solida fatta di violini, organetti (o meglio la concertina), percussioni, oboe, contrabbasso che dividono il palco con due grammofoni d'epoca utilizzati talvolta tra un brano e l'altro.

 

Per quanto riguarda il repertorio, Boden sceglie pezzi da lui composti, rielaborazioni di musiche tradizionali, e cover insospettabili come Dance with somebody di Withney Houston trasformata in valzer e una rilettura di Bach. L'atmosfera non è gioiosa, Boden sceglie come filo conduttore il timore di un'Apocalisse imminente dove la speranza è quella di poter andare avanti trovando il buono nella vita quotidiana. Bella ispirazione che si consolida in brani come Hard Times of Old England, Rose in June, Penny for the Preacher e nel fuori programma Don't Wake Me Up 'Til Tomorrrow. A fine concerto tutti al bar, artisti e pubblico per festeggiare insieme la buona musica.

 

 




 
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