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London a Cappella Festival

di Michele Manzotti
  London a Cappella Festival
Data di pubblicazione su web 08/02/2013  

Per gli amanti del genere il momento più significativo è stata l’inedita collaborazione tra Swingle Singers e King’s Singers in un brano. Ma la sorpresa regalata dai due più rappresentativi gruppi vocali inglesi ha rappresentato solo un episodio all'interno di tre giorni ricchi di concerti, workshop e di tutto ciò che la musica a cappella internazionale poteva offrire. Il London a Cappella Festival, che si è tenuto al King’s Place della capitale inglese ha quindi convogliato in tre giorni la maggior parte degli addetti del settore da tutto il mondo. Organizzata dagli stessi Swingle Singers, che hanno così dato l'inizio all'anno del loro giubileo, e da Ikon Arts Management, la rassegna è giunta alla quarta edizione. Sarà per il nome dei promotori e per il fatto che gennaio non presenta appuntamenti di rilievo a Londra che la formula si è rivelata vincente. Il format del festival prevede due concerti il primo e il secondo giorno, e tre concerti il terzo, insieme ai workshop specifici per cantanti e appassionati. Inoltre, a margine degli appuntamenti nella Hall 1, sono organizzati vari concerti nel foyer, esibizioni gratuite che per molte formazioni sono l’occasione per entrare in un cartellone prestigioso. Tra queste, anche una italiana, i Seidaccordo da Roma, che la prima sera hanno portato anche un po’ di canzone d'autore italiana (da Lucio Dalla a Lucio Battisti) in un contesto e in un paese diverso dal solito.


King's Singers. Foto di Haydn Wheeler

Tornando alla programmazione, sono stati seguiti tre filoni: quello classico (Choir of Clare College, Cambridge e King’s Singers), la vocalità di marca scandinava (i danesi Postyr e i finlandesi Rajaton) e il pop-rock vocale (Magnets e Retrocity) lasciando fuori gli Swingle Singers per la loro storia particolare che trascende i generi. Nel primo caso la formazione di Cambridge ha dimostrato quanto sia in salute la tradizione vocale britannica: diretti da un maestro come l'ispirato Graham Ross hanno presentato un repertorio del Novecento poco conosciuto, se si escludono i mottetti di Natale di Francis Poulenc e l’Inno a Santa Cecilia di Benjamin Britten. Lo hanno fatto con un gusto e una sicurezza che era difficile immaginare fossero propri di ragazzi universitari, specialmente nel conclusivo (e sicuramente complicato dal punto di vista dell'esecuzione) Friede auf Erden di Arnold Schöenberg. Sui King’s Singers c’è da verificare per l'ennesima volta, e ormai dal 1968, la bontà della formula che mescola rigore e senso dell'umorismo nell’affrontare un repertorio che spazia da Orlando di Lasso fino agli innesti pop del finale di concerto. Per quanti riguarda gli scandinavi, va sottolineato che i Postyr (già vincitori di Solevoci Varese nel 2010) utilizzano in modo massiccio l’elettronica applicata alla tecnica vocale. Condotti da Tine Fris, i cinque danesi di Aarhus puntano su uno show muscolare dal punto di vista del volume, ma affascinante nei risultati. I Rajaton, attesissimi da un pubblico motivato, hanno invece mostrato un'arma tanto semplice quanto non scontata per un gruppo a cappella. Oltre infatti ad avere tecnica e capacità invidiabili (specie quelle del basso Jussi Chydenius) hanno un autore che scrive appositamente per loro e questo li ha affrancati da formazione “da Eurofestival”, dove parteciparono a fine anni ’90, ad ensemble tra i più richiesti della scena internazionale.

Swingle Singers. Foto di Haydn Wheeler
Swingle Singers. Foto di Haydn Wheeler

I Magnets siedono saldamente sul trono dell'interpretazione pop-rock, con un omaggio alla grande tradizione inglese. Da Paul Weller a Richard Hawley, da Brian Ferry agli Elbow, fino ai Led Zeppelin e agli Ac/Dc, la formazione di Londra ha letteralmente conquistato la platea di casa. Un appuntamento stranamente unico, perché normalmente a gennaio i Magnets sono ospiti fissi dal Festival di Adelaide in Australia così come lo sono al Fringe a Edimburgo in agosto. I canadesi Retrocity, che sono saliti anche sul palco con gli Swingle Singers per il gran finale, hanno invece puntato sugli anni ’80 e su un look adeguato all’epoca, senza però far dimenticare i propri eccellenti mezzi vocali. Ai concerti principali si sono presentati anche gruppi che hanno fatto da opening act: ricordiamo gli All the King’s Men, formazione proveniente dal King’s College di Londra e già pluripremiata per i propri arrangiamenti, gli inglesi Vive che presentano una sintesi di vari generi e gli americani Exchange, giovanissimi, che potranno avere una notorietà anche al di fuori del loro paese. Concludiamo con il gruppo ospitante: nel 1963 uscì l'album Jazz Sébastien Bach, grazie all'idea di un musicista dell'Alabama che lavorava in Francia, Ward Swingle. Da quell’anno gli Swingle Singers si sono imposti sulla scena internazionale classica e jazz e tra i primi hanno affrontato quella che oggi è una consuetudine, ovvero la contaminazione tra generi. Il loro concerto ha confermato la duttilità e la bravura tecnica anche nella rinnovata formazione a sette. In Italia li ascolteremo alla Scala ad aprile per la Sinfonia di Berio, mentre nel 2013 sono attesi due album per festeggiare degnamente i 50 anni di buona musica.


London a Cappella Festival



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