Lallestimento del Teatro Stabile di Bolzano propone uninterpretazione molto convinta dellattualità della tragedia euripidea. Marco Bernardi motiva la sua scelta nelle Note di regia, Euripide nostro contemporaneo?, e la chiave di lettura, legittima e coerente, condiziona a senso unico la rappresentazione. Così, i numerosi anacronismi risultano accessori, sovrapposti al testo originale, nellillustrazione dettagliata e perfino pedagogica, oltre che poetica, del grande canto sul dolore e la rovina di un popolo sconfitto.
La denuncia di Euripide, di fronte allinumanità insensata della guerra, è così chiara e potente da rendere quasi ridondanti i rinvii e gli esempi a cui si fa ricorso nello spettacolo, dallambientazione scenografica (tende ai margini di un campo di battaglia da documentario televisivo) allintonazione della recitazione di personaggi (maschili, in particolare) connotati da costumi e attributi di smaccata, provocatoria attualità. Queste prime impressioni perdurano, alla successiva verifica e al confronto col lavoro complessivo.
Gaia Insenga e Patrizia Milani. Credit: Tommaso La Pera
Dal testo sorgono ben distinte le tre vicende personali di Cassandra, Andromaca ed Elena, nella loro condizione emblematica di donne dalle nobili origini, ora umiliate e reiette. Ecuba ne riassume il destino, rendendosi esemplare – nel bilancio degli eventi lungo la rievocazione appassionata del suo dramma – della situazione di dolore e dangoscia che tutte le accomuna. Marco Bernardi evidenzia proprio quelle funzioni nel suo progetto: «Anche da un punto di vista formale, Troiane è un capolavoro innovativo e sperimentale. La storia è raccontata per episodi che sembrano essere autonomi […] per linguaggio teatrale e per registro stilistico, quasi tre spettacoli diversi allinterno duno stesso spettacolo. Al contrario Ecuba, presente in scena dallinizio alla fine, rappresenta lunità della tragedia, il basso continuo». Il regista sinterroga poi sulla distanza fra il mondo antico e il tempo presente e adegua le sue soluzioni drammaturgiche a istanze ideologiche molto avvertite dalla nostra sensibilità. Così individua «tre piani narrativi, tre dimensioni teatrali. A un primo livello, «storicizzato e metafisico», colloca gli dei, sotto sembianze statuarie; figure che nellopera aprono (e che qui anche chiudono, riprendendo circolarmente il discorso) con la loro riflessione a posteriori sugli eventi e avviano un ulteriore patto a danno e castigo degli empi vincitori. I personaggi di Poseidone (Carlo Simoni) e di Atena (Valentina Capone) ricalcano dunque uniconografia immaginaria e mitologica di convenzione.
Corrado D'Elia, Gaia Insenga e Patrizia Milani.
Credit: Tommaso La Pera
Le storie personali delle troiane, complementari nei loro modelli, si svolgono lungo un racconto in tempo reale, affidato a ciascuna come un «numero» in cui esprimere la peculiarità irripetibile del proprio caso. Sono accompagnate con discrezione dalle due rappresentanti del Coro (Valentina Morini e Karoline Comarella). La permanenza in scena di Ecuba dà continuità unificatrice alle varianti dei singoli drammi, mediante il canto funebre sublimato dalla dignità dei sentimenti e dalla chiarezza severa dei giudizi. Patrizia Milani fa sgorgare lintima saggezza distillata dalla lunga sofferenza in ripetute immagini di sconforto e rimpianto; o di più rassegnata rievocazione dei tormenti patiti in rapporto alle compagne di sventura. Testimonia rinnovato stupore di fronte al male; abnegazione, pure nel lamento e labbandono, fino alla prostrazione, ma fedele ai doveri di capostipite, compresa la sepoltura del nipotino. Cassandra appare in veste bianca, già turbata dalla violenza subita, probabile concausa della sua follia e oltranza profetica. Ha in mano la torcia sacerdotale accesa e con essa danza, concretando in racconto visionario la propria sorte di schiava e quella del suo usurpatore e padrone, Agamennone. Gaia Insenga esprime la possessione ultraumana, medianica, oltre che con la danza, coi capricci dellisteria. Per un istante la sua nudità, sporca e insanguinata, impone linsostenibile ferita dello stupro. Davvero sono rovesciate, nel sarcasmo straziante dei suoi accenti, le gioie nuziali che lhanno sconvolta e annientata. Lepisodio è preceduto dalla pistola puntata di Taltibio (un Corrado dElia dallarroganza ostentata), seguito dal suo sguardo lubrico e segnato dal fischio volgare del voyeur.
Sara Bertelà e Patrizia Milani. Credit: Tommaso La Pera
Andromaca, in costume strano, marezzato di giallo e arancione, viene tradotta su un carrello-merci ed esposta, legata, durante il suo dolente trasbordo sulla nave greca. Non reca con sé il figlioletto Astianatte (a cui comunque si rivolge) mentre la fotografia di un bambino abbandonato seminudo è proiettata sullo sfondo. Sara Bertelà esprime appieno la decaduta nobiltà, la vedovanza desolata, con registri vocali duna limpidezza persino incongrua. Lancia un urlo profondo e disperato, alla decisione annunciata di fare morire suo figlio. Elena si presenta al richiamo di Menelao, colonnello in tuta mimetica, interpretato da un poco marziale Riccardo Zini. Valentina Bardi è la giovane e avvenente donna fatale, escort elegante in tubino nero, tacchi a spillo, caschetto di capelli neri, guanti e occhiali scuri. Si mostra aggressiva e sintuisce suadente e subdola. Trova scuse pronte e inconsistenti, melodrammaticamente umile e querula. Nel processo improvvisato per direttissima, Ecuba sostiene la pubblica accusa e ottiene la condanna dellimputata, che simbarca e gode il rinvio dellesecuzione. Nel buio che segue, una figurina cade dal cielo, lentamente, lungamente. Sarà linfaggottato cadaverino di Astianatte, consegnato alla nonna per la sepoltura; mentre Taltibio, in un crescendo di cinismo e sadismo gratuito, finge il pianto solidale e sghignazza. Ai bagliori di Troia fumante, nelle immagini di repertorio proiettate a costituire un teatro delle operazioni fra Medioriente e Balcani, si svolge il rito del «funerale, vanità dei vivi», per la vittima innocente. Ancora il Messaggero-Soldato gira compiaciuto il filmato della partenza dellesercito per archiviarlo nella Storia dei misfatti internazionali. La traduzione di Caterina Barone, preziosa per chiarezza e concisione, è pregnantemente attuale e funzionale alla poetica commozione che la vicenda comporta e che lo spettacolo, a momenti, riesce a comunicare.
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