Una scelta condivisibile e di tutto rispetto quella del Teatro alla Scala di Milano che ha deciso di inaugurare la stagione di balletto 2012-2013 con Roméo et Juliette, un forte titolo di tradizione su musica di Berlioz nella versione di “opera coreografica” firmata da Sasha Waltz.
La coreografa-regista tedesca considerata erede del Tanztheater di Pina Bausch ma ormai capofila di uno stuolo di “coreoautori” che hanno scoperto il potenziale creativo dellopera. Un genere sentito non solo come perfetta fusione delle arti ispirata alla Gesamtkunstwerk wagneriana ma anche “opera darte totale” in cui lolismo tiene conto – per usare le parole della Waltz – «di tutte le potenzialità espressive del corpo» e nella relazione tra musica, canto e danza, ha in questultima il fulcro di una messinscena unitaria. Un corpo unico di cantanti, coristi e danzatori che realizzano la sintesi suprema dellattitudine mimica, fisica e vocale dellessere umano nella sua declinazione artistica.
Sulla sinistra Mick Zeni e Nicolas Cavallier
(foto di scena di Rudy Amisano)
Così dopo Dido & Aeneas su musica di Purcell del 2005 e Medea su musica di Pascal Dusapin del 2007, Sasha nello stesso anno crea Roméo et Juliette sullomonima sinfonia drammatica di Berlioz per il Balletto dellOpéra di Parigi e lo riallestisce ora con successo per il Corpo di Ballo meneghino accompagnato dagli ottimi Orchestra e Coro della Scala sapientemente diretti da James Conlon. Uno spettacolo di alto spessore che tiene a battesimo il debutto scaligero della Waltz e consente ai più che bravi ballerini milanesi di cimentarsi in una pièce di segno coreografico e registico particolare e personale.
Una mise en place musicale, canora e coreutica, di cui non passa inosservata lindubbia capacità della Waltz di muovere registicamente le masse dei cantanti e dei danzatori, di prendere ispirazione dalla musica di Berlioz senza mai tradire la dimensione atemporale e lastrattismo narrativo e ambientale con cui connota limmortale tragedia di Romeo e Giulietta. Eroi simbolo dellamore e dellinnocenza sacrificati alla violenza e allodio di parte e per questo sempre attuali.
Emanuela Montanari in una scena dello spettacolo
(foto di scena di Rudy Amisano)
Decisivo per questa impostazione è limpianto della scenografia costruita su due imponenti piattaforme quadrangolari disegnate da Pia Maier Schriever e Thomas Schnek con il contributo della stessa Waltz, che scandiscono idealmente i passaggi di una storia di cui non si raccontano gli eventi cronologici, richiamati peraltro da motivi topici (le risse tra Capuleti e Montecchi, la festa in casa Capuleti, il balcone di Giulietta, la notte damore, la morte), ma lintimo coinvolgimento emotivo di tutti i protagonisti. Un allestimento assai suggestivo nel movimento delle piattaforme che si alzano e si abbassano per accogliere le danza dei ballerini, per rievocare le scena del balcone, per esprimere la disperazione di Romeo nello scalare la pedana fortemente inclinata o accogliere la sepoltura di Giulietta, sommersa da tante piccole pietre. Pietre che Romeo toglie per ricongiungersi allamata nellinfelice destino che li attende. Una Emanuela Montanari e un Antonino Sutera che rispondono perfettamente agli inputs della coreografa tedesca lasciando da parte lalta formazione accademica per far emergere lespressività del linguaggio contemporaneo prediletto dalla Waltz.
Unempatia esaltata e accompagnata dalla sinfonia di Berlioz su libretto di Emile Deschamps che assegna allorchestra il compito di esprimere i sentimenti e le passioni e al coro quello tipico della tragedia classica di anticipare e commentare lazione. Una precisa scelta di drammaturgia musicale che la Waltz asseconda e arricchisce con il geometrico taglio scenografico, con il carezzevole chiaroscuro delle luci di David Finn e lelegante ricercatezza dei costumi di Bernd Skodzig. Abiti che vanno dal bianco per i Capuleti al nero per i Montecchi in una serie di gradazioni dal grigio al beige e in materiali morbidi e setosi o pesanti e rigidi ad eccezione degli sbuffanti tutù della festa, unica e inaspettata concessione al balletto classico.
Un momento dello spettacolo per la coreografia di Sasha Waltz
(foto di scena di Rudy Amisano)
Una cura del dettaglio che contribuisce ad una messinscena corale di cantanti e danzatori e ad una compresenza che passa senza soluzione di continuità dai quadri mossi dalle danze dei ballerini a quelli più statici delle esibizioni del coro e dei cantanti fino a mescolarsi nel tragico finale. Un epilogo in cui il ruolo di Padre Lorenzo si sdoppia in quello del ballerino, un convincente Mick Zeni, e del potente basso Nicolas Cavallier in un coinvolgente “duetto” che fonde canto, musica e danza.
Quella stessa fusione ricercata anche allinizio quando il potente mezzosoprano Ekaterina Semenchuk, in un elegantissimo vestito di raso chiaro, richiama la triste vicenda o il possente tenore Leonardo Cortellazzi canta della Regina Mab, la signora delle fate, citata da Shakespeare come «messaggera delicata e leggera».
“Unopera coreografica” questo Roméo et Juliette di cui si apprezza lindubbia coralità impressa alle masse, percepite come un corpo unico, e che rappresenta il pregio maggiore del lavoro di questa coreografa. Una coreografa che sembra assumere sempre più le vesti di una regista in quanto se la danza è il punto di partenza di questa mise en oeuvre, poi lestro della Waltz si dispiega maggiormente nelle scelte registiche. Un chiaro e preciso intendimento visibile anche nella coreografia, una partitura di ampio respiro nellutilizzo dello spazio, nella leggerezza data al movimento, nella fluidità dei passaggi, ma non nel fraseggio dei passi specie nella scena del balcone e della notte damore. Passi poco ricchi di sfumature nel reiterarsi di prese, lift, slanci di braccia e gambe, pose estreme, ma riflesso di una danza che docilmente si piega alla resa registica in perfetta sintonia con la musica e il canto.
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