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Lina (in)canta Napoli

di Assunta Petrosillo
  Linapolina
Data di pubblicazione su web 01/10/2012  

«Uscì con la testa fuori dall’acqua, fece un piccolo respiro e fu felice. Si guardò intorno, mare, cielo, e silenzio, silenzio assoluto …», queste le parole pronunciate da Lina Sastri all’inizio della sua cantata poetica in musica. Un omaggio alla sua città che si ripete all’infinito nello stesso titolo dello spettacolo combinato al suo nome.

Lina canta Napoli all’infinito con la voce, il corpo, il cuore, l’anima. Si tratta di un viaggio ‘libero’ tra musica e parole attraverso ‘le stanze del suo cuore’. Parole e versi scritti dalla stessa Sastri che come note di una canzone hanno fatto vibrare lo spazio scenico. Una commistione linguistica tra la lingua parlata poetica in italiano e quella cantata in napoletano. Lo spettacolo si apre con l’ultima canzone cantata nel suo ultimo spettacolo A vita è comme ‘o mare di Faiello. In ogni tappa del suo viaggio teatrale l’attrice e cantante partenopea riprende qualcosa di quello precedente e annuncia il pezzo successivo, questa volta il flamenco, il tango.

Questo spettacolo intimo fa da seguito a quella che possiamo definire la poetica emotiva della Sastri da Cuore mio, Melos, Corpo celeste, Mese mariano, La casa di Ninetta fino a Per la strada. In ogni canzone, in ogni strofa cerca il teatro e nel teatro cerca la musica. La sua vera essenza d’attrice con un uso ben misurato e controllato delle pause, dei silenzi, rende la canzone viva, materica. Le movenze del suo corpo, delle mani, il suo ‘sentire’ ogni nota permette a chi partecipa (e non osserva da semplice spettatore) di sentirsi parte integrante del suo canto, della sua sapiente arte. Riesce a dar corpo e voce alla musica spagnola e a quella argentina del fado, della samba e del bolero. Danza, canta, recita. Con lei sul palco un’eccezionale orchestra composta da Filippo D’Allio (chitarra), Ciro Cascino (pianoforte), Salvatore Minale (percussioni), Claudio Romano (seconda chitarra e mandolino), Gennaro Desiderio (violino), Gianni Minale (fiati), Salvatore Piedepalumbo (fisarmonica), Luigi Sigillo (contrabbasso),  che partecipa e vive con lei ogni sospiro, ogni gemito su arrangiamenti del maestro Maurizio Pica.

Lina Sastri
Lina Sastri

In una scenografia essenziale, ideata da Bruno Garofalo, con un palcoscenico vuoto, senza quinte, ma solo con alcuni tavoli e sedie, Lina balla con Raffaele de Martino, su coreografie di Alessandro Panzavolta, un sensuale tango. È lei a riempire la scena prima indossando un vestito rosso che incarna tutta la sua passionalità e femminilità e poi in quello nero per sottolineare le ferite della sua Napoli martoriata e del suo dolore più intimo. Struggente ed intensa l’interpretazione di Tammurriata nera (di E.A. Mario, Nicolardi), e di Bammenella (di Viviani) e Guapparia (di Bovio).

Di sedia in sedia, la Sastri ci conduce in uno spazio del cuore. In uno specchio mostra a se stessa il suo doppio (Lian) e il suo opposto, si dispera, si agita, soprattutto quando dice «è la paura che ti ferma, in fondo sei una vigliacca, è la paura del confronto. Ecco perché non ti metti in gioco, e invece vivi e fai la diversa … è solo la paura!/ non hai il coraggio di osare, per paura di non essere all’altezza di quei tacchi, di quegli abiti, di quella donna immaginaria che vorresti essere, e che vesti, però segretamente, nel tuo armadio di fantasmi!»

L’ultimo pensiero lo dedica alla sua città matrigna senza cuore, dove è nata – come lei stessa recita – per riscatto e per desiderio di vita la poesia e la musica per mancanza di Dio. Sul finale, acclamata dal pubblico, intona le prime strofe di Napul’è di Pino Daniele, con ardente  e appassionante sentimento.





Linapolina
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