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Ridateci Santoro

di Roberto Fedi
  Excalibur
Data di pubblicazione su web 23/02/2003  
Confessiamo che non abbiamo mai avuto nessuna simpatia per Michele Santoro. Non ci è mai piaciuto il suo modo di fare televisione: arrogante, di parte, populista. Non ci piaceva come trattava gli ospiti, costringendoli a difendersi, a dichiararsi vinti o in crisi. Non abbiamo mai apprezzato la sua faccia tosta. Non ci è piaciuto il vezzo di compiangersi, quando è rimasto in minoranza; né ci piaceva quello di maramaldeggiare, quando era in maggioranza. Insomma, per farla breve: il suo era un modo di fare televisione da paese disposto a credere ai capipopolo e a cedere alla piazza. E neanche ci è mai piaciuto il suo modo furbo e 'scafato' di fare politica: di blandire i potenti di turno, e di strapazzare i perdenti.

Beh: per favore. Ridateci il Michele. Perché il Santoro ci faceva incavolare, ci faceva spengere il televisore per rabbia. Non per noia. Non per eccesso di banalità.
Al suo posto abbiamo ora Antonio Socci, che è anche vicedirettore di Raidue, quindi ha una funzione interna all'azienda di tipo dirigenziale. Il Socci è l'autore e il conduttore di Excalibur, il martedì in prima serata appunto su Raidue. Non ne abbiamo mai parlato perché a nostro parere certe volte è meglio il silenzio. Ma questa volta facciamo un'eccezione, perché il troppo, come si diceva una volta, stroppia. E l'altra sera, 21 febbraio, Socci & C. hanno stroppiato.

Si parlava, in questa che già dal titolo è una trasmissione fantasy, di amore, di felicità, e cose del genere.

Per carità, l'amore è una cosa seria e la felicità anche: personalmente, garantito, non ci basta mai. Non ne siamo mai sazi. Se proprio ne dovessimo parlare, parola: ne parleremmo per ore. Ma quel che è certo che nessuna persona normale (vogliamo dire: di intelligenza e acutezza intellettuale normale) ne parlerebbe neanche un minuto, neanche in treno quando non si sa più che pesci prendere, con interlocutori come Vittorio Sgarbi, Francesco Alberoni e la di lui signora - di cui ci sfugge sempre il nome (chissà perché) e che si presenta sempre in coppia con il marito-mentore, e che chiameremo perciò Alberina. C'era anche in collegamento Pupi Avati, di professione regista un po' decaduto e un tempo dedito al patetismo ad usum delphini, e forse qualche altro che nella memoria non ha lasciato tracce. Insomma: piatto ricco.

Il Socci predilige un tono casual, in maglioncino e barbetta e capello spettinato. Un boy scout. Si aggira nello studio, come faceva anche Santoro (che invece indossava Armani, e si vedeva che, da bravo parvenu, ci teneva parecchio). Ha la mano spesso pensosamente sul mento, assorta (come Vespa, che ne ha fatto quasi un 'segno'). È, di fatto, completamente assorto, al punto che l'altra sera ci pareva che ogni tanto fosse così assorto da assentarsi dalla discussione. Meditabondo, insomma. Avrà avuto dei problemi suoi, perché come faccia uno a meditare su ciò di cui sparlacchiano Alberoni e Alberina non si sa.

Si parlava d'amore, di felicità. Tutti, ad essere sinceri, avevano facce piuttosto infelici. Alberoni, i cui libri astutissimi hanno (con merito: se uno li vuole così, che se li compri) venduto sempre molto, ci ha fatto sapere che una volta Roland Barthes gli disse più o meno "ma come farai a parlare d'amore? è impossibile" e lui rispose: "ne parlerò con il linguaggio dell'amore" o giù di lì. Ora, Barthes era una persona gentile, oltre che un genio, e quindi magari avrà lasciato perdere: ma secondo noi, dopo, deve averci riso parecchio. L'Alberina lo guardava come se fosse una Madonna di Raffaello (lui, non lei): sognante. Sgarbi, a un certo punto, visto che la trasmissione languiva e che il Socci-scout era sempre più meditabondo e forse aveva perso il filo, si è scatenato a freddo contro Benigni e la lettura del trentatreesimo del Paradiso (il quale Benigni, che al cinema ha fatto fiasco ma alla Tv 'tira' sempre, era anche apparso in un filmato mentre recitava allucinato il quinto dell'Inferno: roba da interdizione perpetua dai pubblici schermi), urlando non si è capito bene cosa, rivolgendosi a tutti e prendendosela con tutti: "voi" ("voi" chi? "noi"?) poveri berlusconiani ("noi"??), che avete un'idea estetica corrotta dalla Tv… eccetera eccetera. Onestamente, sarà stata l'ora tarda ma ci si è capito poco. Il Socci-scout meditava, aggirandosi nello studio come in un accampamento di giovani marmotte.

Abbiamo a questo punto solo una certezza e una speranza. La certezza è che i canti della Divina Commedia sono 100, e che quindi Benigni al massimo ce ne può infliggere ancora solo 98; e la speranza è che torni il Santoro. Tutto perdonato.



Excalibur

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antonio socci










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