Il luogo di mezzo cui allude il titolo è la stazione di servizio dove lavora Zehra (Neslihan Atagül), una giovane cameriera, e in cui automezzi e persone vanno e vengono, solo per una breve sosta. Ma è anche la metaforica terra di mezzo in cui si trova a vivere un popolo diviso tra innovazione e tradizione. Zehra e i suoi colleghi lavorano incessantemente per lunghe giornate interminabili. Con lei ci sono Olgun (Baris Hacihan), il ragazzo con cui flirta e Derya (Nihal Yalcin), per lei unamica e una guida oltre che collega. Le loro piatte esistenze scorrono immutabili giorno dopo giorno accrescendo in Zehra un forte senso doppressione. Fino a quando passa di lì Mahur (Φzcan Deniz) con il suo camion rosso: innamorata, Zehra silluderà di poter finalmente sfuggire alla sua soffocante routine, ma dovrà presto fare i conti con la realtà.
La regista turca Yeşim Ustaoǧlu (classe 1960, debutto nel lungometraggio con Iz, 1994) orchestra una tranche de vie sincera, in cui nulla è superfluo. Dialoghi praticamente azzerati, presenza discreta della musica incentrata sulle tradizioni locali , il film si affida quasi esclusivamente al racconto per immagini, ricorrendo alle battute solo quando inevitabile. Ne risulta un impianto fumettistico, in cui si rende pertanto necessario scrutare minuziosamente i personaggi, per coglierne lineffabile: sensazioni e sentimenti, che in mancanza della parola non potremmo cogliere altrimenti. È anzi proprio in virtù di questa scelta registica, che le emozioni sullo schermo tanto più intensamente colpiscono e rendono partecipe anche il pubblico. Primissimi piani, suono in presa diretta, dettagli, macchina a mano che tallona i personaggi seguendoli nel loro andirivieni quotidiano, carrellate in primissimo piano che percorrono letteralmente corpi e sguardi. Tutto questo, imbevuto di una fotografia che non si cura di levigare le imperfezioni della vita, concorre a una verità visiva e di conseguenza emotiva molto convincente. Non manca qualche gradevole esercizio di stile, come tra le inquadrature iniziali quelle che descrivono il primo incontro tra Zehra e Mahur: il montaggio alterna il primissimo piano del volto stanco della ragazza, al piano ravvicinato della vetrata della stazione di servizio. A questo punto un delicato gioco di messa a fuoco si concentra dapprima su una goccia di pioggia che cola lungo il vetro e fa il paio con la lacrima che ha appena rigato il viso di Zehra , poi sullesterno visibile oltre la finestra, con Mahur che scende dal suo camion. Molto efficace la scelta di cogliere la drammaticità dellaborto attraverso il volto della protagonista, prima di mostrare lavvenimento vero e proprio.
Interessante vedere un film che coglie la tragicità dello scontro tra passato e presente nella Turchia contemporanea.
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