Cherchez Hortense è una graziosa commedia francese in piena regola: piccoli equivoci, relazioni amorose, il gusto dellassurdo e una garbata ironia trovano il loro humus ideale nel milieu borghese, vagamente snob anche e soprattutto quando fa sorridere. Piace perché: sa raccontare con leggerezza una storia di immigrazione, nascondendola dietro a quella di una crisi coniugale.
Protagonisti sono Damien (Jean-Pierre Bacri), un professore di storia cinese e la moglie Iva, nervosa regista teatrale (unottima Kristin Scott Thomas), che vivono noiosamente a Parigi con il figlio adolescente Noé, più maturo di quanto i suoi genitori siano disposti a credere. Unesistenza regolare, nella quale arrivano a mettere un po di pepe Antoine, lultima scoperta del palcoscenico di Iva, e Zorica, serba, che rischia lespulsione dalla Francia in seguito al divorzio. Il loro ingresso mette in crisi il rapporto tra i due coniugi e la fiducia in loro stessi, allorché si scoprono entrambi diversi da come credevano di essere. Quanto allHortense del titolo, non è unaffascinante signora, bensì Henri Hortense, luomo di potere che potrebbe mettere una parola buona per Zorica.
Classe 1946, il regista francese Pascal Bonitzer (debutto nel 1996 con Encore) realizza un film in cui la camera indaga lo spazio guidata dai personaggi, dei quali segue spesso un gesto fino a scoprire con esso una nuova porzione di spazio, prediligendo dunque il piano ravvicinato, rispetto a quello dinsieme. Come nellinquadratura ricorrente di Damien, che allunga un braccio mentre se ne sta a letto: la camera carrella sullarto stesso fino alla mano e al cuscino a fianco, sul quale dapprima cè Iva, poi nessuno, poi qualcun altro!
Col tipico gusto tutto francese per il mélange di serio, faceto e assurdo, Damien a un tratto racconterà a Zorica di aver incontrato molti anni prima in Cina un uomo vestito di blu intento a guardare rapito il cielo. Tale immagine lo aveva molto colpito, tanto che Damien si era chiesto cosa avesse potuto catturare così intensamente lattenzione delluomo, in quel cielo nel quale egli non riusciva a cogliere niente. Gli piacerebbe rincontrarlo un giorno per chiederglielo e allora – confessa a Zorica – finalmente capirebbe qual è la sua strada e tutto tornerebbe a posto. Magicamente nel finale appare proprio un cinese in abiti blu, che Damien non incontra per un pelo. Lultima inquadratura fissa lobiettivo sulle foglie morte appese agli alberi, contro un cielo grigio tenue: è la soggettiva delluomo cinese, proprio quando Damien sembra aver finalmente trovato la propria strada.
|
|