Nello splendido scenario del teatro di epoca romana
nel Parco Archeologico di Pausylipon si assiste alla rappresentazione, in
prima assoluta, di Ifigenia in Aulide,
riscrittura dellerudito scrittore e storico delle religioni rumeno Mircea Eliade, per la regia di Gianpiero Borgia.
Un vero e proprio viaggio simbolico, attraverso i
millenni, attende lo spettatore, che raggiunge lantico teatro percorrendo a
piedi per circa un chilometro la grotta di Seiano, scavata nel tufo dai romani
per collegare la zona flegrea a quella napoletana. Alluscita del tunnel come
per incanto irrompono le luci del golfo, il mare azzurro e il teatro a cielo
aperto, sotto le stelle. In questa magica cornice, in una sera ventosa di giugno,
si stagliano davanti agli spettatori strutture in legno e metallo, e lembi di
stoffa svolazzanti. La luce cala e nel buio si sente il suono di una
campanella, mentre un inno rituale si innalza nel cielo. Dalla penombra alcune
figure bianche avanzano lentamente. La storia a cui si assiste è quella di una
giovane principessa, Ifigenia, che con un inganno è condotta da Troia nella
città di Aulide. Ma mentre lei crede di dover sposare il valoroso eroe Achille,
si prepara il suo sacrificio, richiesto della dea Artemide. Achille, anchegli
alloscuro di tale trappola mortale, una volta scoperta la verità decide di
salvare Ifigenia pur non avendola mai vista dal suo triste destino.
Il mito greco diviene con Mircea Eliade un dramma
moderno, una storia che si consuma tra e dentro gli animi umani. I protagonisti
sono figure atemporali, sospese nelleternità delle loro stesse vite, archetipi
veri e onnipossenti, ma con un proprio destino da compiere. Sono anche uomini
come noi, che soffrono, amano, piangono, si spaventano e muoiono. Sono vite esemplari,
connotate da una grande semplicità di sentimenti. Si tratta di figure dilaniate
che non sapranno decidere a quale dimensione del Tempo appartenere, se a quella
di Chrònos, il tempo presente, o a quella di Aiòn, il tempo del mito, eterno.
Le bianche figure si avvicinano allarena, le luci si
accendono e i corpi assumono precisi profili. Sulla spiaggia di Aulide il vento
è furioso e si materializza in un corpo nudo di donna (Ramona Polizzi) che ansima e sbuffa in un totem a forma conica. È la
personificazione della furiosa dea Artemide irata con il re Agamennone che
scalpita, si contorce, e marca il passo della tormenta.
Il servo di Clinnestra, Kilix (Daniele Nuccetelli) di bianco vestito con le catene ai piedi si
stacca dal gruppo e da narratore esterno descrive ciò che sta per accadere. La
dea ha chiesto al re Agamennone il sacrificio di «una vergine di grandissima
libagione, un olocausto di stirpe nobile»: solo dopo tale sacrificio lesercito
acheo potrà intraprendere il suo viaggio verso Troia.
Avvolto in abiti dalla foggia arabeggiante, con anfibi
ai piedi, il re Agamennone (Franco
Branciaroli), è combattuto, dilaniato. Ed è proprio nei differenti registri
vocali, con cambiamenti di toni ed accenti, che il suadente Branciaroli mostra
tutta la lacerazione di un padre costretto a sacrificare la sua stessa figlia.
Al suo fianco una giovane Ifigenia (Lucia
Lavia), che con grande personalità, forte impatto visivo, ammalia prima gli
spettatori e poi lo stesso Achille. La giovane attrice riesce gradualmente a
mostrare gli stati danimo di Ifigenia: da giovane sognatrice a donna
impaurita, e infine a fiera e convinta vittima sacrificale. Lei sola sarà
sprovvista di ironia, perché sarà la sorte ad ironizzare su di lei. Una
recitazione convincente, seduttiva, ben evidenziata nel suo “ballo della morte”,
nella visione della sua stessa fine. Leggera, sottile, eterea, elegante. Le fa
da contraltare lantieroe Achille (David
Coco), che vestito da moderno marine,
con tanto di collanine al collo e cartucciera vuota in vita, agita la sua
pseudo-spada (una rosa bianca) contro chi vuole sacrificare la giovane
principessa. Un figlio “divino” che per concentrarsi invoca il mantra orientale
dellOm, a gambe incrociate. Coco riesce
a caricare il personaggio di ironia, senza mai amplificarlo. Diverte anche
quando si allude ad una relazione omosex
con Patroclo (Nicola Vero), sua degna
spalla. Molto accattivanti anche Ulisse
(Christian Di Domenico) e Menelao (Giovanni Guardiano). Meno incisiva
risulta Clitennestra (Loredana Solfizi),
sottotono e poco sintonizzata con gli altri attori. Ben riuscita la scena del
mancato bacio tra Ifigenia e Achille, e quella dello “scarica barile” tra
Calcante, Menelao e Agamennone di fronte allinfuriato Achille.
La magia dellantico affascina il pubblico
contemporaneo con ironia e drammaticità.
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