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Tra danza e Performance Art

di Elisa Uffreduzzi
  Le relazioni pericolose
Data di pubblicazione su web 19/03/2012  

La serata al Teatro Verdi di Pisa si è aperta con la brillante presentazione di Donato Carrisi del suo nuovo romanzo thriller Il tribunale delle anime: un evento che s’inserisce nell’ambito dell’iniziativa itinerante “Libro: che spettacolo!”, promossa dall’Agis nazionale e volta a favorire la presentazione di novità letterarie e teatrali. Per l’occasione, la voce di Lorenzo Maria Mucci ha interpretato qualche passaggio del libro.

Arriviamo così alla tanto sospirata prima mondiale di Le relazioni pericolose, la nuova creazione artistica di Mauro Astolfi, interpretata dalla Spellbound Dance Company, fondata dallo stesso Astolfi nel 1994. Sebbene il titolo dello spettacolo rievochi immediatamente il celebre romanzo epistolare di Laclos, non c’è alcuna attinenza con esso, se non appunto il titolo. La creazione scenica infatti sviluppa il suo discorso in totale autonomia interpretativa, senza un vero e proprio filo narrativo, bensì offrendo una serie di suggestioni visive ed emotive che si dipanano sul palcoscenico senza soluzione di continuità. Una sorta di percorso che passa attraverso i rapporti umani nell’accezione più estesa del termine, fino a sondare il territorio più recondito della psiche, laddove le relazioni che s’intessono sono quelle con una parte di sé, magari celata e rifiutata, ma che condiziona inevitabilmente il confronto con il reale e l’altro.

 


 


photo credit Cristiano Castaldi


 

 

La rappresentazione scenica ha un inizio dirompente, al limite dello happening: a sipario chiuso, poche lancinanti luci puntate sul pubblico, i danzatori della compagnia entrano in platea e si disperdono tra gli spettatori, confondendosi e non, con essi: vestiti con abiti urbani eppure immediatamente riconoscibili nel minimalismo del total look in nero che li contraddistingue, si fermano accanto ad alcuni spettatori, li scrutano, li puntano minacciandoli con lo sguardo, per un tempo minimo ma che sembrerà infinito, nell’urgenza del disagio che quegli sguardi insistiti creano. Poi come sono entrati se ne vanno, abbandonando la sala al suo sconcerto, per ricomparire poco dopo sul palco, stavolta in una cornice spettacolare più convenzionale e rassicurante. L’incipit è manifestamente volto a spiazzare il pubblico, scuoterlo, minacciarlo, instaurando così fin dall’inizio il clima di pericolo evocato dal titolo e suggerendo che le liaisons dangereuses sono una costante della condizione umana, parte del quotidiano e ovunque rintracciabili. Mediante questo stratagemma lo spettatore viene riportato al suo presente, ricordandogli che nessuno è esente dal pericolo, aspetto insito nel concetto stesso di relazione: una splendida intuizione, quella di coinvolgere direttamente il pubblico, che colloca la realizzazione artistica di Astolfi oltre la danza, nel solco della Performance art.  

La scarna scenografia organizza lo spazio come un soggiorno asettico, dai colori sbiaditi, definendo così uno spazio quotidiano eppure anonimo, alienante ma realistico. A destra un divano bianco, posto davanti a un praticabile in marrone chiaro: si tratta della porta che, aprendosi e chiudendosi, scandirà gran parte delle entrate e uscite di scena; mentre a sinistra si trova un forno bianco e al centro una serie di tavolini quadrati, panchetti e sedie lignei, grossolanamente dipinti di bianco, che frammentano lo spazio, costituendo altrettanti ostacoli per i danzatori che li affronteranno ora aggirandoli, ora sfruttandoli come supporto della propria danza. Interessante in particolare l’uso dei tavolini a tre quarti dello spettacolo: impilati l’uno sull’altro vengono intelligentemente utilizzati per creare una sorta di parete praticabile, strutturata come una scacchiera verticale, i cui riquadri,  mediante maniglie sottostanti i tavolini stessi, vengono spostati alternativamente in avanti e indietro, in modo da creare intercapedini attraverso le quali i corpi dei danzatori scivolano dentro e fuori dalla parete stessa, come insidie, di nuovo pericoli.

La partitura coreografica ordita da Astolfi, al pari della musica, è un continuum, che riunisce in un'unica soluzione il movimento possente, anche quando si fa più fluido. I corpi agiscono l’uno rispetto all’altro funzionando un po’ come le tessere di un gioco di domino, in cui al movimento dell’una, consegue necessariamente quello di un’altra. In questo modo ogni istante della coreografia, ogni singolo gesto trova una sua necessità, come le reazioni emotive che regolano i rapporti umani e ne definiscono il pericolo intrinseco. Ogni azione provoca una reazione nell’altro, ogni movimento ne comporta un secondo, ogni corpo ne costringe un altro ad agire. Il testo tersicoreo è ricco di suggestioni e momenti diversi, pur nella sua continuità. Fatto di movimenti fluenti ed energici, all’interno di esso l’estensione, il flex, la tensione muscolare e le glissade atipiche - se così si possono definire - costruiscono un discorso visivo molto convincente.

 


 


photo credit Cristiano Castaldi


 

 

Le musiche originali del gruppo Notfromearth, pur costituendo un accompagnamento costante nel corso dello spettacolo, passano attraverso situazioni sonore molto diverse tra loro, mescolando a momenti più convenzionalmente melodici, elettronica, rumore, bisbiglio indecifrabile e dialoghi cinematografici in sottofondo, creando così atmosfere evocative, di supporto alla coreografia, che pure agisce indipendentemente dall’accompagnamento, salvo alcuni  passaggi.

Lo spettacolo si apre con una sola ballerina, seduta sul divano bianco, che proprio a partire da esso comincia a descrivere linee contorte nello spazio circostante, come volesse definirlo e organizzarlo attraverso il gesto, profondamente sentito. Una maniera di agire sul palco che forza i confini dell’arte coreografica, giacché creando spazi e linee vorticosi e invisibili, la danza assomiglia sempre più alla performance di un gruppo di mimi e acquisisce così nuovo potenziale espressivo. Quello stesso divano bianco è protagonista, ostacolo e supporto, di un passaggio particolarmente riuscito della serata: due ballerini e una danzatrice lo portano in posizione verticale attraverso una sequela di passi a catena, in cui nulla risulta superfluo e avvertiamo con forza la tensione emotiva che si vuole trasmettere.

Anche la reiterazione del gesto fa la sua breve ma significativa apparizione, in una delle sequenze più “teatrali” dello spettacolo. Ne è protagonista una coppia di danzatori: lei ripete ossessivamente l’azione di togliersi una lunga canotta nera, che lui la costringe a indossare nuovamente, in un crescendo ansiogeno, mimato prima ancora che danzato.

Nel complesso Astolfi ha creato uno spettacolo davvero persuasivo, in cui alla qualità di movimento che gli è caratteristica, ha saputo aggiungere la cifra della Performance art, che costituisce il valore aggiunto di questa sua nuova prova artistica, radicalizzando una tendenza presente in nuce già nel precedente Le quattro stagioni, che due anni fa aveva debuttato anch’esso al teatro Verdi di Pisa. Desta tuttavia qualche perplessità la lunghezza della rappresentazione scenica, che si fa inevitabilmente sentire, laddove si tratta di danza contemporanea non narrativa. Le suggestioni emotive e visive offerte al pubblico risentono infatti un po’ dell’insistenza, mentre trattandosi di atmosfere e relazioni soltanto suggerite e non raccontate, la brevità costituirebbe condizione necessaria e sufficiente.



Le relazioni pericolose
cast cast & credits
 


photo credit Cristiano Castaldi




 
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