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Il Paradiso può attendere

di Roberto Fedi
  Roberto Benigni
Data di pubblicazione su web 24/12/2002  
Qualche mese fa, intervenendo a Sanremo, Roberto Benigni lesse (meglio: disse) l'ultimo canto del Paradiso di Dante. Fu una sorpresa. Nessuno se l'aspettava: in quell'ambiente di provinciali depressi e di pippibaudi la trovata fu quasi choccante, e mise in risalto proprio per opposizione la pochezza, non solo intellettuale ma proprio drammaturgica, di quel palcoscenico e dei suoi occupanti. Del resto, quella di leggere Dante era da tempo una specie di fissazione di Benigni: addirittura in qualche università (e non nel corso di laurea DAMS, ma proprio in quello di Letteratura italiana) era stato invitato a tenere letture e conferenze sul poema, che a quel punto si potevano definire senz'altro lecturae Dantis in senso letterale. Non vogliamo essere cattivi per Natale: ma almeno la nota a margine che questo è solo l'ultimo documento sulla decadenza dell'università italiana, ce la concederete.

Perché a noi, francamente, queste performances falso-spontanee ci hanno sempre convinto poco, un po' come accade per le trasmissioni pomeridiane con la gente che piange: tutto finto. Ci sembra insomma che il performer Benigni, strepitoso e irridente nella sua prima versione, da qualche anno stia ripiegando su una più tranquilla funzione di corifeo di una parte intellettuale e para-ideologica più o meno perbenista, omologata e politicamente corretta, e genericamente giovanilista e magari, ma non solo, di sinistra, ovviamente cattolica - se questo può significare qualcosa, oggi. Come se si fosse spostato, e non solo di casa, dalla provincia di Firenze ai salotti romani, dalle campagne di una Toscana anticlericale, dolce e allo stesso tempo violenta, eversiva ed emarginata, ai paginoni centrali di "Repubblica".

In questo rientra, a nostro parere, anche il Benigni 'dantista': che legge Dante straparlando della Poesia, del Poeta 'strepitoso', della Bellezza 'spettacolare' dei versi, dell'Amore e di altre sciocchezze da pievani urlanti, e poi legge il Paradiso con impegno e senz'altro commozione, ma senza che nemmeno una virgola di quella poesia sia valorizzata, se non sul piano dell'emozione. Rimanendo in tema, a parer nostro il più grande lettore di Dante, proprio per la sua semplicità e scorrevolezza, è stato Vittorio Sermonti, capace con grande attenzione e umiltà intellettuale di leggere e interpretare e di far capire: tutti gli altri, Gassman in testa, fanno parte solo dell'inutile ed esibizionistico gruppo dei tromboni. Benigni, in più, ci mette di suo la buona volontà e le qualità di mattatore improvvisamente rabbonito.

Così su Rai Uno, la sera del 23 dicembre, Benigni per due ore ha intrattenuto convenuti illustri - gli stessi cha vanno a farsi vedere da Gianni Morandi - e anonimi telespettatori (L'ultimo del Paradiso). In realtà, la lectura Dantis era la parte finale della solita scorribanda fra satira e risate, un one man show che abbiamo visto parecchie volte e anche letto (in un volumetto Einaudi di qualche anno fa: E l'alluce fu): non per questo meno impegnativo e difficile, ma certo non del tutto nuovo. Il tutto condito da troppe citazioni pinocchiesche di rinforzo al film (da noi recensito alla sua uscita: Pinocchiest Gump) in uscita negli Stati Uniti e reduce da incassi cospicui ma al di sotto delle attese in Italia nonostante il battage e il merchandising di supporto.

Si aggiunga che Benigni non ci è sembrato particolarmente in forma. Affannato all'inizio, qualche volta banalizzante, ogni tanto ripiegava sui soliti colpi bassi: saltini, corsette, e magari anche la minaccia sentita mille volte del mettersi nudo, e le banalità ormai d'annata delle dimensioni del pisello (questa volta di Morandi: sai che divertimento). Di fronte a un pubblico come al solito benevolo e partecipe, che ogni volta che sentiva pronunciare il nome di Berlusconi o di D'Alema si metteva a ridere, Benigni ha fatto la sua parte, in uno show diviso in due e all'apparenza contraddittorio: a una prima metà di satira (ma molto più bonaria del solito e francamente un po' raffazzonata) ha fatto seguito la lettura, prima commentata e poi diretta, dell'ultimo canto del Paradiso. Che, se vogliamo proprio essere perfidi come il primo Benigni, a noi è sembrata in larga misura una lezione di catechismo.

Indubbiamente, sentire leggere Dante alla Tv in prima serata fa una certa impressione. Sentirlo leggere come se a leggerlo fosse Pinocchio lascia imbarazzati; sentirne fare l'apoteosi come poeta dell'Amore universale può far piacere al papa in periodo di Natale, ma sicuramente non c'entra nulla con la realtà storica e la poesia dell'Alighieri. Ovviamente questo non significa niente: Benigni non è mica un filologo dantesco, per fortuna. Ma è proprio qui, allora, che si rimane perplessi, e dubbiosi anche su tutta l'operazione. Perché - e lasciando perdere le evidenti furbizie commerciali e di promozione cinematografica - alla fine si rimane con l'idea che tutto sia stato così consolatorio, così perbene, così gradito a tutti, così ecumenico da sembrare, nonostante tutto, stonato. Proprio come Benigni quando canta le canzoncine, bruttine, del suo altrettanto unidimensionale Pinocchio.


L'ultimo del paradiso

cast cast & credits
 

Ascolti
fonte Ufficio stampa Rai
www.ufficiostampa.rai.it
media
12 milioni 687mila telespettatori
share
45.48%
punte d'ascolto
14 milioni / 49% di share
 
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