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È in gioco la puntualità!

di Fabiana Campanella
  Caravaggio. Sacrificio di Isacco
Data di pubblicazione su web 23/11/2011  

 

Ancora una volta i Sacchi di Sabbia stupiscono con la capacità innovativa della loro ricerca. Abram e Isac è l’ultimo nato, ben avvolto tra i fili intessuti dal gruppo fondato a Pisa nel 1994. L’episodio biblico del mancato sacrificio del piccolo Isacco si riaggancia alla linea tematica del sacro, già percorsa dai Sacchi di Sabbia con Pauperis Oratorium Christi (1998), Il teatrino di San Ranieri (1999), Turma Infantium Suite (2006), La passione di Clermond Ferrand (2008), e lo stesso Tragos, spettacolo che nel 2005 valse alla compagnia il premio Ubu. Sulla scia di una ricerca musicale d’ironia sempre più raffinata, come quella del divertente Don Giovanni mozartiano (2010), recentemente insignito del Premio nazionale della Critica, Abram e Isac restituisce inoltre la poesia del canto e l’ossessione del tempo, per via dell’onnipresente metronomo. Ma soprattutto lo spettacolo sublima il focus sul medium cartaceo e sul fumetto, percorso stilistico sotterraneo sin dalla nascita della compagnia, passando per Viaggio in Armenia (2006), ancora La passione di Clermond Ferrand e soprattutto per Essedice, lavoro del 2010 tratto “S.” di Gipi. Se nel lavoro con l’autore de L’ultimo terrestre il fumetto si incarnava nei protagonisti in carne, ossa e maschere sulla scena, qui i protagonisti tornano a vivere su carta, sagome bianche senza volto animate dalle tre attrici in scena, che scandiscono precise i momenti della storia spalancando sull’altare una lunga sequenza di pop-up.

 

«L’occasione del bando di produzione per la rassegna “I Teatri del sacro” di Lucca ci ha spinti a tornare su alcuni testi che avevamo studiato e mai realizzato sulla scena» ci spiega Giovanni Guerrieri, regista dello spettacolo con Giulia Gallo, e voce fuori campo. «L’idea delle sacre rappresentazioni ci ha sempre accompagnato: qualche anno fa abbiamo anche iniziato a studiare La Passion des jongleurs, testo in lingua d’oc di una certa difficoltà filologica. Poi nel ’99, dopo aver visto il Teatrino di San Ranieri, Goffredo Fofi mi segnalò l’Abram e Isac di Feo Belcari, poeta religioso quattrocentesco che per primo ha innestato frammenti di realismo nell’episodio biblico. Il testo ha ispirato la comica finale di Tragos, con l’angelo ritardatario che non riesce a salvare il caprettino. Ma il tema era rimasto sospeso».

 


 

La breve storia di Abramo e Isacco, padre e figlio, 15 righe del libro della Genesi, senza madre, senza testimoni, senza altre rappresentazioni iconografiche se non quella di un gesto estremo intercettato e bloccato prima della tragedia, summa di fede incondizionata, apre da sempre riflessioni. I due testi Timore e tremore di Søren Kierkegaard, in cui il filosofo danese presenta quattro variazioni sulla scena, con i possibili fallimenti di Abramo nella sua prova di fede, e «...Soprattutto: niente giornalisti!». Quel che il Signore disse ad Abramo, di Jacques Derrida, graffiante pamphlet sulle deformazioni del privato asceso agli onori della cronaca, sono tra gli spunti del lavoro dei Sacchi di Sabbia. L’apice del dramma, infatti, è costruito su uno spostamento dello sguardo: non sarà un angelo a fermare l’azione cruenta, ma la presenza di un pubblico, di cui Abramo, in scena, col pugnale puntato contro il figlio, si sovviene con orrore.

 

«Oggi – continua Guerrieri – se dovessi sintetizzare in una parola il sacrificio di Isacco, direi “puntualità”. L’esattezza dei tempi determina la salvezza del figlio, e in quel punto preciso del tempo e del gesto si cristallizza l’unica visione che abbiamo di questo episodio, così misterioso che si mostra solo per un attimo. Il sacrificio di Isacco è uno dei pochissimi temi biblici raffigurato tradizionalmente in un solo modo, senza possibilità di sviluppo iconografico. Il gesto dell’assalto con l’arrivo dell’angelo non ammette altre rappresentazioni, mentre altri temi biblici si mostrano in variazioni infinite. È un episodio talmente misterioso che ti viene voglia invece di guardarlo in faccia, e da qui l’idea delle piccole sorprese, qualcosa che guardi e che si moltiplica nella forma di pop-up, piccole architetture che sbocciano dai libri, che io colleziono da quando ero bambino.»

 

Giulia Gallo, regista, attrice in scena e architetto, è l’autrice delle complicate strutture cartacee di pieghe e sagome senza volto che raccontano in crescendo la chiamata di Abramo, la salita al monte, la preparazione del sacrificio: a volte le figure sono identiche, ma nella successione dei passaggi si ingigantiscono, insieme alla tensione del silenzio blu e austero della chiesa romanica di San Cristoforo di Lucca, dove lo spettacolo ha debuttato.

 

«Se introduci la suspense – e secondo l’interpretazione di Guerrieri il testo quattrocentesco la introduce – la fede vacilla. Ci sono due elementi in Belcari che non esistono in nessun altro testo sul sacrificio di Isacco: l’incertezza del padre e la paura della madre Sara, altrimenti mai menzionata. Ma l’incertezza e la paura sono sentimenti troppo umani, che mai la Bibbia avrebbe rappresentato».

Nel crescendo drammaturgico di questa sacra rappresentazione a fumetti, mai profana e piuttosto rispettosa della scrittura, la suspense si interseca con la dilatazione di quel momento di svolta, culmine di fede cieca, in cui la figura umana si trova a interagire con la sagoma di carta. Tra i plausibili sviluppi del lavoro che al debutto è durato poco più di mezz’ora, c’è proprio l’idea di costruire altri pop up, variazioni sul tempo e sulle apparizioni umane, che nella ritualità oscura delle tre sacerdotesse di libri e visioni spiccano con forza dirompente.

 

Il progetto è tra i vincitori del bando biennale per I Teatri del sacro, che grazie ai finanziamenti della Conferenza Episcopale Italiana ha ospitato 27 nuovi lavori nella rassegna lucchese di fine settembre. Il prossimo anno, dopo una breve tournée che lo vedrà affiancato alla Passione di Clermont-Ferrand, approderà alla co-produzione del Teatro delle Briciole di Parma, che ha attivato un bando per la produzione di spettacoli di bambini, confermando i Sacchi di Sabbia nel novero dei gruppi italiani che riescono ancora a trovare modi sempre nuovi per raccontare storie, per pubblici di ogni tipo, senza fossilizzarsi su un unico stile.

 

«L’idea – conclude il regista – è di realizzare un cartone animato vivente, portando all’estremo questa modalità. Io non sono sicuro che sia la strada giusta, questa continua sperimentazione che oscilla dal lavoro sull’attore al teatro di figura. Ma sono estremamente attratto dall’artigianato artistico: la tela va dipinta con tutto lo sfondo, con la perizia del mestiere. Il guizzo d’arte altrimenti rischia a un certo punto di esaurirsi».

 

 

Abram e Isac. Sacra rappresentazione in cartoon
cast cast & credits
 



 
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