Ennesimo film di argomento shakespeariano,
Anonymous di Roland Emmerich, si muove su un terreno già ampiamente battuto,
riuscendo tuttavia nel difficile intento di dire qualcosa di nuovo. Quando si
affronta linflazionato soggetto drammaturgico, le vie percorribili sono
essenzialmente due: la riscrittura di un dramma del celebre autore inglese o la
sua biografia. Questultimo, che è poi quello scelto dal regista, è il versante
meno sfruttato. Mentre si perde il conto delle trasposizioni di drammi
shakespeariani, variamente declinati in versioni attualizzanti e non (un
esempio per tutti il recente Coriolanus di Ralph Fiennes, 2010), sono in netta minoranza le pellicole dedicate
alla vicenda biografica dello scrittore. Si pensi sostanzialmente a Il convento (Manoel de Oliveira, 1995) –
che trattava però il tema in modo soltanto marginale – e a Shakespeare in Love (John Madden, 1998).
Il confronto con questultimo
film è dobbligo. Se Madden trasformava il drammaturgo anglosassone in uno scrittore
in crisi, protagonista di una commedia romantica decisamente hollywoodiana,
Emmerich realizza un film ricco di suspense
che rifugge però lazione scattante del thriller
poliziesco americano. Una felice sorpresa da un regista di blockbuster. Avvezzo al disaster
movie, Emmerich riesce a mettere la sua perizia tecnica al servizio di un
dramma storico fantasioso ma accurato. Come nel film di Madden, in cui
era interpretato da Joseph Fiennes, anche qui William Shakespeare è lontano
dalla figura del letterato tradizionale, assumendo invece le sembianze di uno
scanzonato e squattrinato teatrante. Senonché Emmerich porta alle estreme
conseguenze lintuizione di Madden (per il quale rimaneva pur sempre un
drammaturgo), facendone un impostore. Shakespeare sarebbe stato un mediocre
attore e un prestanome – per giunta analfabeta – che per soldi avrebbe
accettato di firmare i drammi in realtà redatti da Edward De Vere, duca di
Oxford. Lidea richiama alla mente le innumerevoli e leggendarie ipotesi che
nei secoli hanno fantasticato sulla figura di Omero: la sagoma del mitico aedo
viene così a sovrapporsi a quella del bardo inglese.
A questo filo della narrazione se
ne intrecciano altri: complicano la trama gli amori più o meno segreti della
regina Elisabetta I e i relativi figli che ne sarebbero derivati; le vicende
dinastiche del trono dInghilterra; la fortuna teatrale di Ben Jonson e i vari
intrighi di corte. Il plot rivela in trasparenza
la felice stagione del teatro elisabettiano, ma anche lombra lunga della
chiusura dei teatri inglesi ancora di là da venire. Emmerich, celebre
soprattutto per i suoi film catastrofici e fantastici, in realtà già con Il patriota (2000) aveva dato prova di
saper convogliare la magniloquenza delle scene di massa e delle grandi vedute
grandangolari (digitalmente rielaborate) nel solco della messinscena
storiografica.
La splendida fotografia di Anna
Foerster dà agli interni un calore intimo e quotidiano che umanizza vicende
altrimenti lontane nel tempo. Il riferimento sotteso al pittoricismo del film
sembra essere, più che quello della piatta bidimensionalità e delle fredde
campiture della pittura rinascimentale nordica che ci ha tramandato i più noti
ritratti di Elisabetta I, quello ben più caldo e intimista delle posteriori opere
di Velasquez. I panorami di una Londra sconfinata e fuligginosa, pur stonando
un po in termini fotografici rispetto alla cifra minuta e “in sordina” del
resto del film, lo arricchiscono dandogli quel respiro che distingue il film di
Emmerich dal resto della filmografia shakespeariana.
Nelle maestose e roboanti
inquadrature aeree sulle truppe schierate sul campo di battaglia, come nelle
vedute che confondono la Londra cinque-secentesca con la Venezia dipinta dal
Canaletto, il chiassoso stile di Emmerich inscena la sobria eleganza inglese, della
quale mette al servizio la propria originale maestria calligrafica. Si direbbe
che il metro shakespeariano abbia conferito il giusto calibro alla sua magniloquente regia.
Il film si apre con una gradevole
trovata metateatrale: una carrellata dallalto su una grande strada cittadina,
poi un brusco stacco di montaggio ci porta a fianco dellentrata di un teatro,
quindi dietro le quinte. Si apre il sipario e un esperto di Shakespeare propone
al pubblico la sua personale teoria sullo scrittore: a metà tra il convegno per
specialisti del settore e il dramma allestito, lo spettacolo inizia; poi un
attore entra in scena correndo e quella corsa ci porta alle strade fangose
della Londra dei primi del Seicento e ai resti del Globe appena bruciato.
Inizia così il lungo flashback che dipana
lo svolgimento del film, finché nel finale torniamo tra il pubblico di quello
stesso palcoscenico sul quale la storia si era aperta.
La struttura circolare del
racconto completa le riprese in teatro laddove si erano interrotte: in apertura
della narrazione avevamo visto dapprima aprirsi il sipario inquadrato da dietro
le quinte e solo in un secondo momento lo studioso osservato dal punto di vista
del pubblico in teatro; nel finale lo vediamo invece direttamente di fronte, sul
palco. Il sipario si chiude davanti alla macchina da presa che indugia in mezzo
agli spettatori in procinto di lasciare la sala. La scelta di incorniciare la
vicenda allinterno di un convegno di studi rafforza la credenza circa la fantasiosa
teoria esposta dal film.
Disomogenea la scelta del cast:
le movenze da giocatore di baseball di Rafe
Spall non sembrano verosimili per il “Grande Bardo”, mentre appare superba Vanessa Redgrave nei panni di
unElisabetta I umanizzata senza perdere in regalità. Altrettanto pregevole
linterpretazione di Rhys Ifans del
conte di Oxford (Edward de Vere in età matura); mentre Jamie Campbell Bower come “giovane” Edward de Vere risulta poco
credibile: quando il suo orgoglio di amante ferito dovrebbe gettarlo nella
disperazione, la furia affidata alla sua adolescenziale baby face sfiora il ridicolo. Tra i comprimari spicca Edward Hogg nel ruolo del Consigliere
di corte Robert Cecil, spregevole e mellifluo quanto basta. Nel complesso Anonymous resta una buona nuova prova,
che si aggiunge alla nutrita schiera di film shakespeariani.
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