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Ciao

di Roberto Fedi
  Alberto Sordi
Data di pubblicazione su web 28/02/2003  
Giovedì mattina, 27 febbraio, Raiuno ha mandato in onda la diretta dei funerali a Roma di Alberto Sordi. Giustamente. Per il più grande attore italiano era il minimo che si potesse fare (due sere prima, la stessa rete aveva trasmesso il suo ultimo film, Sposami papà, con Valeria Marini: un film brutto, addirittura rimesso in circolazione con un diverso titolo per cercare di recuperarlo, e non si è capito se l'avessero fatto per rendere omaggio a Sordi o continuare l'insensato processo di salvataggio di Valeria Marini - chiunque abbia scelto quello fra i quasi 200 film di Sordi andrebbe licenziato in tronco).

È stata una trasmissione che ha, per l'ennesima volta, fatto capire quanto Sordi fosse popolare; e anche come sia difficile, per questa Rai e per questi politici, rappresentare un alto sentire condiviso.

La regia è stata lineare fino alla banalità, più o meno come quando la domenica mattina trasmettono la messa in diretta: l'altare e la cerimonia, qualche carrellata sui fedeli e la sorella, su Ciampi e la moglie, sulle prime file. Il commento sobrio fino alla laconicità, ma è stato meglio così che tentare voli pindarici da dilettanti. Il cardinale Ruini, che celebrava la messa, ha detto poche e sentite parole - come suol dirsi. La regia, in una pausa, ha fatto vedere una registrazione di due anni fa, durante il Giubileo degli attori, con Sordi che si rivolgeva un po' imbarazzato al papa. Cosa c'entrasse il papa con Sordi proprio non è dato saperlo: e come abbiano pensato, fra le migliaia di ore registrate di Sordi, di mandare in onda proprio quei tre minuti imbarazzanti è un mistero gaudioso di questa Rai.
Fuori, in piazza San Giovanni, c'erano - sembra - circa cinquecentomila persone. Un oceano, in un giovedì mattina. La salma è stata trasportata su un palco per i discorsi e i saluti laici. La folla, commossa in modi non volgari, applaudiva interminabilmente, e ci è sembrata l'unica volta in cui in un funerale gli applausi erano appropriati.

Anche alla televisione si sentiva, se ci passate una volta tanto un po' di commozione, l'ondata d'affetto. Si capiva che quelle migliaia di persone non erano lì per vedere da vicino i personaggi di turno (attori, attrici, politici), ma proprio per salutare un uomo che era stato molto di più di un attore.

La regia continuava ad essere piatta. Non sappiamo quante telecamere fossero presenti, ma di sicuro avrebbero dovuto essere di più: per entrare in mezzo alla piazza, far sentire il movimento dei sentimenti, dare il senso palpabile dell'evento.
Ha parlato il sindaco Veltroni, che ha salutato Alberto Sordi e non ha perso occasione per ribadire (non se ne può più) l'unità d'Italia, l'appartenenza di Sordi all'Italia tutta, e di polemizzare con chi l'aveva definito solo un attore romano (il solito raffinato leghista). Ha finito salutando Ciampi (neanche se il defunto fosse lui), e ringraziandolo per essere il tutore dell'unità della nazione. Ha fatto malissimo, naturalmente: non solo perché certe cose vanno signorilmente ignorate visto il pulpito da cui arrivano, ma soprattutto perché quello non era un comizio. Il sindaco della Capitale d'Italia queste cose dovrebbe saperle: altrimenti, qualcuno dovrebbe dirgliele. Ha citato una sfilza di nomi di attori e registi defunti chiamandoli per nome (Veltroni non perde occasione per far sapere a tutti che lui s'intende di cinema), dimenticandosi di Vittorio De Sica, probabilmente il più grande in quella lista. Mah.
Carlo Verdone non si era preparato, e ha improvvisato una serie di banalità. Gigi Proietti ha recitato un suo pericolante sonetto in romanesco, che poteva andar bene per una serata in teatro o per un dopocena ma che lì stonava: non so per voi, ma a noi non è mai sembrato che Proietti fosse assimilabile a Belli.

Il ministro Urbani ha letto un paio di paginette senza alcun pathos, da ragioniere della cultura. Un prete rompendo il cerimoniale si è inserito sciaguratamente, per leggere un compitino scolastico di un paio di ragazzi e per fare il giovanilista. Da dimenticare.

Ettore Scola è stato il più bravo, senza strafare, e ha detto cose sensate e di un certo tono.

Perché, per parlare di fronte a mezzo milione di persone salutando un grande defunto, ci vuole quella che una volta si chiamava Retorica: che può essere anche una buona, anzi una ottima Retorica. Che è l'arte di parlare in pubblico, né più né meno. E di interpretare non la propria commozione, o il proprio affetto, o la personale amicizia: ma la commozione, l'affetto, l'amicizia di tutti. Che erano milioni, in Italia in quel momento. Ai quali sicuramente non interessava nulla, in quelle due ore, né dell'unità d'Italia né del papa né di Ciampi né del fatto che per quello o quell'altro Sordi fosse un amico, un maestro, un collega d'oro. Lo sappiamo.
Cinquecentomila persone, e milioni in tutt'Italia, volevano soltanto salutare uno che - questa volta senza alcuna retorica - ci mancherà, e ringraziarlo come si fa con quegli uomini che ci hanno reso la vita migliore.
Ciao.

Funerali di Alberto Sordi

cast cast & credits
 


Ascolti (fonte ufficio stampa rai):
media: 3 milioni 831mila
share: 56.87% di share
nell'ultima mezz'ora: l'ascolto e' stato sempre superiore ai 5 milioni di telespettatori
















alberto sordi








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la locandina in inglese
dello Sceicco bianco di Federico Fellini (1952)

 
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