Reduci dal successo planetario e di lunga durata di Persepolis, Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud sono ora alla prova del fuoco con questo nuovo film che, uscendo dal chiuso incantevole e protettivo del disegno animato tenta la strada di uno stile misto nel quale comunque linevitabile pesantezza dei corpi venga alleggerita da una tecnica di ripresa che li amalgami armoniosamente al tratto lieve del disegno, secondo il collaudatissimo mélange narrativo di Amélie. Scelgono abilmente una storia che si lega al film precedente e che mescola il fascino delle fiabe della patria delle Mille e una notte alla realtà assai più concreta della storia reale del paese, estendendo anche larco cronologico del film desordio (la storia di formazione di una bambina che diventa donna negli anni della rivoluzione islamica di Khomeini e che, a ventanni, lascia il paese per vivere in Francia). La vicenda prende larco di tre generazioni dagli anni Trenta agli anni Novanta. Rinunciando però quasi programmaticamente a riferimenti e appigli politici tenta la strada della metafora o, più semplicemente, si rifugia nel piacere di narrare una storia personale che è però anche una fiaba.
Con una mescolanza sempre attraente di tecniche visive viene mostrata lultima settimana di vita di Alì Nasser Khan, celeberrimo violinista che ha deciso di lasciarsi morire dopo che gli è stato rotto il violino. Neppure il magico rinvenimento di uno Stradivari suonato dal divino Mozart gli ridà la voglia di vivere. È chiaro dunque che il violino è una proiezione della sua vita ideale. In questa settimana, nella penombra della stanza dove ha deciso di concludere il suo cammino terreno, scorrono i ricordi dellintera vita e si capiscono le ragioni di unaffezione quasi maniacale. Perché lo strumento è anche il ricordo di un grande, unico amore, stroncato dalle convenzioni sociali e dallacquiescenza dellamata ai voleri paterni. Ma nei ventanni delle trionfali tournées allestero e nei più lunghi e grigi di una vita ripiegata nella norma dei doveri coniugali e paterni subiti dopo il ritorno, le note uscite dal violino erano sempre risuonate in ricordo del suo non dimesso amore.
Con una trama del genere, furbetta il giusto, si può fare di tutto. I due registi tengono la mano assai leggera, divertiti e solleciti, e trovano nella felicissima scelta di Mathieu Amalric linterprete ideale, con la sua stupita inettitudine. Anche gli altri sono assai efficaci (dalla insoddisfatta e recriminatoria ma innamorata moglie di Maria de Medeiros che tenta di risollevarlo al piacere del vivere con il pollo alle prugne, allavvolgente madre di Isabella Rossellini). Tutto a posto quindi per un film che non mancherà di piacere ma che ha laria di essere stato fatto, appunto, proprio per questo. Niente di male, ovviamente, solo la leggera delusione di una confezione che prevale non diciamo su unurgenza morale ma, quanto meno, su unesigenza artistica e pare collocarsi con navigata abilità nel solco del politicamente corretto.
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