Maestro indiscusso di storie incrociate (ricordiamo almeno Traffic, Oscar 2001) Soderbergh trova con Contagion un altro ottimo soggetto per attirare lo spettatore nella rete delle sue corrispondenze e costringerlo allattenzione fino alla fine per chiudere il cerchio della narrazione in modo soddisfacente. Ma. Cè sempre un ma nei marchi di fabbrica ed è il rischio della serialità. Lo spettatore è ormai abituatissimo (e il talento di Soderbergh è forse tra i maggiori responsabili di questo affinamento dellacutezza e della memoria dello spettatore) alle storie incrociate e segue molto bene i suoi personaggi nei labirinti delle loro azioni. Nelle serie televisive li segue di puntata in puntata, addirittura di anno in anno. Quindi figuriamoci che sorpresa quando, dopo un inizio puntato su Gwyneth Paltrow che amoreggia per telefono con un signore con cui ha passato la notte tra uno scalo e laltro di un volo transoceanico, ci troviamo a casa con lei, figlioletto e marito.
La vicenda si impenna quando il film entra alla grande nel genere, catastrofico, almeno all apparenza, una sorta di disaster movie che procede per via virale (si ammalano in migliaia, in tutte le parti del mondo, il panico monta, le autorità sono assolutamente sprovvedute e quei formicai umani che sono le grandi metropoli sono pronte a trasformarsi in necropoli). Tutti sono allo sbando ma a poco a poco emergono i protagonisti di una corsa alla salvezza e sono le loro storie che si incrociano. O, meglio, si integrano perché di fatto corrono parallele e si svolgono un po per conto proprio. Sfavillando di guest stars: Matt Damon, immune, in un sol giorno vede morire la moglie, il figliastro e scopre che ladorata consorte (che viene considerata il paziente zero) ha fatto una sosta troppo lunga e non prevista allaeroporto di Chicago; inghiotte lacrime di varia natura e si preoccupa di salvare la figlia adolescente; della Paltrow si è detto (tornerà a più riprese “ tracciata” in tutti i suoi spostamenti precedenti); arriva poi Kate Winslet (che adoriamo, che non ci stanchiamo mai di vedere ma che qui a Venezia è forse un po sovraesposta) giovane ricercatrice inviata dal capo di una qualche importante struttura sanitaria (Laurence Fishburne: Matrix, CSI etc) a monitorare lo sviluppo dellepidemia (morirà) poi cè una deliziosa Marion Cotillard che monitora pure lei e viene rapita in estremo oriente onde garantire anche colà lapprovvigionamento di vaccini al momento opportuno.
Nello spaesamento, anche geografico, le storie si alternano con un andamento compatto e convincente. Ma non trascinante. Anche perché nessuno è veramente originale, tranne il personaggio di Jude Law, blogger strapotente che ben mette in evidenza (per chi continui ad averne bisogno) che non è tanto la qualità dellinformazione (e ancor meno la quantità) ma il suo uso che sono determinanti. Una buona messa in guardia sui nuovi strumenti “di libertà”. Professionalità impeccabili di tutti (forse qualche riserva proprio di sceneggiatura: come mai nessuno, alla ricerca dei contagiati e dei veicoli di contagio, se ne va a cercare lamante aeroportuale?) concorrono a fare comunque un bel filmone.
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