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Cinema ad ogni costo

di Luigi Nepi
  Cut
Data di pubblicazione su web 03/09/2011  

“CUT!” grida il grande regista americano Nicholas Ray, morente ed ormai allo stremo delle forze, nel finale di Lampi sull’acqua, un grido d’amore estremo per il cinema e per la vita, fatto guardando fisso l’obiettivo della macchina da presa, in un film in cui il limite tra vita e cinema si fa così sottile tanto da sparire e confondere l’una con l’altro; Amir Naderi sembra partire proprio da questo grido per comporre il suo più esplicito atto di amore per il cinema (e per la vita), intitolato, appunto, Cut. Naderi è, con Kiarostami e Panahi, tra i più famosi registi iraniani, ma, al contrario dei suoi colleghi, ha preferito espatriare negli Stati Uniti per non subire i condizionamenti del regime degli ayatollah, finendo inevitabilmente per scontrarsi con un altro (e più subdolo) tipo di condizionamento: quello produttivo; è così che, a tre anni di distanza dal bellissimo e profetico Vegas: Based on a True Story (che fu presentato a Venezia nel concorso principale), Naderi è costretto a migrare di nuovo per riuscire a trovare una produzione, formata da 37 finanziatori individuali di 13 nazioni diverse, che gli garantisse sufficiente libertà e spazio creativo.

 


 


 

 

Il film nasce dal suo incontro con l’attore-cinefilo Hidetoshi Nishijima e racconta la storia di Shuji, un giovane regista indipendente impegnato, con tutti i suoi deboli mezzi, a contrastare l’idea diffusa del cinema come prodotto d’intrattenimento, poiché il cinema è arte e quindi come tale andrebbe pensato, composto e, soprattutto, guardato. Durante uno dei suoi cineforum clandestini che tiene nel terrazzo della sua casa, Shuji viene prelevato da due emissari della yakuza che lo portano da uno dei loro capi, il quale gli consegna un’urna con i resti del fratello mafioso, ucciso a causa dei debiti mai saldati imponendogli di portare tutti i soldi dovuti entro due settimane. Shuji, che con i soldi del fratello aveva realizzato tre film, sente l’imperativo morale di dover estinguere il debito, decidendo di farsi picchiare a pagamento nel bagno dove hanno ucciso suo fratello, facendosi “sacco umano” per i pugni degli avventori della bisca che lo stesso fratello frequentava prima di morire, fino al colpo di scena finale.

Cut è un film potente, a tratti disturbante, che si snoda intorno al corpo sempre più martoriato di Nishijima, percosso fino allo stremo, come e più di De Niro in Toro scatenato, che trova la sua forza proprio nel ricordo dei programmi dei suoi cineforum e dei capolavori più amati della storia del cinema, dei quali stila una vera e propria classifica dei migliori 100, per cercare di resistere agli ultimi 100 colpi. Fare cinema diventa così assumere una precisa posizione morale ed il percorso che il protagonista si impone è una vera e propria espiazione: pagare in prima persona per quei film realizzati con i soldi sporchi del fratello, ma quella di Shuji è un’espiazione senza catarsi, perché, nonostante tutto, ogni mezzo è lecito per fare cinema e bisogna essere disposti a mettersi in gioco in maniera completa e totalizzante.

 

 



  

Naderi riesce a fondere e a far convivere all’interno di un’unica opera atmosfere tese alla Kitano, con passaggi che sono un esplicito omaggio al cinema di Ozu, di Shindo, di Mizoguchi, fin dalla fisionomia degli stessi attori, ma è possibile scorgere anche squarci di città notturne che rimandano direttamente al digitale di Collateral, il tutto immerso in un sonoro estremamente pulito e tagliente praticamente privo di commento musicale, dove è possibile sentire quel vento che Naderi ama e sa filmare con un’intensità unica, anche tra i palazzi di una metropoli giapponese.

Partendo dall’ossessione generata dal denaro e dal gioco d’azzardo, che già aveva distrutto i protagonisti di Vegas, Cut, con il suo sviluppo narrativo circolare, prende un’altra direzione, finendo per sublimare la fusione tra cinema e arte, cinema e verità, cinema e vita. “Voglio vivere, voglio fare dei film!” ripete, infatti, Shuji davanti alla sua telecamera prima di affrontare l’ultimo massacro. In questo Naderi ed il suo protagonista sono molto simili, per entrambi infatti il cinema è un’esperienza che assorbe tutto il loro essere, per la quale sono disposti a mettersi completamente in gioco, tanto che uno dei produttori del film ha dichiarato che “Cut è senza dubbio il lavoro più autobiografico di Naderi”. A questo punto viene solo da chiedersi per quali alchimie di potere un film come questo non sia in concorso.

 

Cut
cast cast & credits
 






 
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