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Insensibili

di Roberto Fedi
  Marco Berry
Data di pubblicazione su web 03/12/2003  
Recensire Invisibili (Italia 1, venerdì, ore 23.25: è l'anno secondo) non è facilissimo; anzi, diciamo che provoca un leggero stato di disagio. Perché, dopo averlo visto, restiamo perplessi fra il riconoscere le (probabili) buone intenzioni e il (certo) discutibile risultato. Tra l'argomento, come pochi serio e doloroso, e la realizzazione del programma: che, alla fine, deve pur obbedire alle esigenze - insensibili - dello spettacolo, e sia pure di uno spettacolo senza lustrini. Vediamolo da vicino.

Marco Berry, "jena" qui temporaneamente in solitario, va con un cameraman negli angoli disperati delle città: le stazioni, le mense dei poveri, i sottopassi. Incontra quelli che genericamente si definiscono "barboni", insomma gli invisibili: diciamo meglio, gli emarginati sociali, quelli che vivono in strada. Ne presenta due a puntata, scelti non si sa come. Li segue nella loro giornata, parla con loro, ne condivide i pasti incerti, li fa parlare, dorme con loro per terra - o questo almeno è ciò che si vede.

Le storie degli emarginati sono raccontate da loro stessi, e - ahimè - sceneggiate da attori in brevi inserti di cinema-verità. Già qui la cosa ci lascia perplessi: che bisogno c'è? Passiamo oltre. Alla fine della serie di spezzoni relativi al personaggio di turno (accompagnato da Berry nella sua vita quotidiana, sempre in cammino da una parte all'altra della città), ecco che si torna in studio. Qui, in diretta, i due (Berry e l'uomo o la donna di cui si è parlato in precedenza), sono di fronte. Si scambiano parole, qualche incoraggiamento, qualche notizia ulteriore. C'è anche un numero di telefono a cui può telefonare chi ha conosciuto, per strada o altrove, quella persona. Qualche volta succede.

La scenografia dello studio è molto bella: chiaroscuri, graffi di regìa, inquadrature non banali. La confezione è eccellente (ogni tanto lo schermo appare come striato, si macchia di giochi grafici stridenti, dà il senso della pena e della difficoltà). Marco Berry è indubbiamente bravo, anche se qualche volta eccede in commozione. E allora perché non ci lascia convinti? perché non ci lascia con l'amaro in bocca, con il vuoto allo stomaco, con l'ansia della non soluzione del caso?

Per capirlo dobbiamo tornare un po' indietro; e precisamente a un programma eccezionale, il più bello di questo genere mai visto negli ultimi anni in Tv: Vite violate, di Loredana Dordi (da noi debitamente segnalato: Ombre). Lì si parlava di prostitute, di schiave da strada - ma ancora prima la stessa Dordi aveva dedicato un servizio al tema degli emarginati. Lì il narratore non c'era: le donne, in tagli di luce sobri ma di grande efficacia stilistica, parlavano di sé, senza apparente emozione. Non c'era insomma un "presentatore"', inevitabilmente protagonista. Era una cronaca non scarna ma essenziale: senza forzature visibili, senza lacrime. Alla fine, a noi restava un senso di abissale disperazione.

Invisibili, pur con le migliori intenzioni, è invece un programma "costruito" per lasciare in chi lo guarda uno strascico di commozione. Come sempre accade quando si passa dal narratore oggettivo e assente sulla scena, al narratore "onnisciente", che governa la storia. La parte sceneggiata, la più inutile ancorché breve, non si distingue da un medio prodotto di sceneggiato a puntate: tende, visibilmente, a fare di quell'uomo o donna un personaggio. La sezione finale in diretta e in studio è al tempo stesso coraggiosa (la diretta presenta sempre rischi), e però non del tutto dissimile se non nelle intenzioni (ripetiamo) dalla televisione "del dolore" che tanto ci ammorba. Come queste, alla fine è consolatorio.

Resta, con la commozione inevitabile (lo stesso Berry nella prima puntata è scoppiato a piangere nella parte dei "pezzi" filmati in giro per la città: che è, narrativamente parlando, un modo facile per far sentire buono anche lo spettatore, che si identifica con il presentatore), un'idea che non riusciamo a levarci di dosso. E cioè che questi protagonisti, senza volerlo, abbiano partecipato a uno show, del tipo "reality" che tanto va di moda. Uno di loro, Roberto, nella prima puntata, quando è finita la sua "parte" in studio non si rendeva conto che i suoi quindici minuti di "celebrità" erano finiti, e che - vogliamo dirla brutalmente? - doveva sloggiare. "E ora? che devo fare? posso rivedermi?" ha chiesto; e, capito che il suo tempo era scaduto, ha ripreso i suoi cani. "Scusa, scusa…" ha sussurrato andandosene.

È stato quello il vero pugno allo stomaco, involontario, di tutta la serata.



Invisibili

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Marco Berry

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