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Favole diversamente sonore

di Sara Mamone
  Staff Benda Bilili
Data di pubblicazione su web 28/06/2011  

Vuol dire “Guardare oltre le apparenze” Staff Benda Bilili, il nome della band congolese che è approdata con grande successo al Ravenna Festival, davanti al pratone gremitissimo del palazzo san Giacomo, appena fuori dal paese di Russi, inglobato da qualche tempo tra i luoghi della manifestazione. Dedicata quest’anno alla fiaba la rassegna, che si conferma sempre più come un imperdibile appuntamento culturale, potrebbe quasi prendere a motto questa misteriosa espressione, così profonda e cosi desueta nell’Occidente dell’apparire, sempre più affannato, disorientato e scontento. Che cos’ è la fiaba se non un tentativo di andare oltre le apparenze, di guardare il significato profondo delle cose nascoste dal velo di una lettura superficiale e primaria? La fiaba può anche essere letta come un tentativo di risarcimento fantastico rispetto alla miseria reale del vivere quotidiano.

 

E allora eccola, la favola bella di chi non si arrende, di chi, caricato dal destino di un fardello che è quasi un catalogo di disgrazie (i Benda Bilili, nascono dalla volontà di “Papa” Ricky Lickabu e Coco Ngambali, paraplegici espulsi a causa di un incendio da un ricovero per senza tetto della periferia di Kinshasa e costretti a vivacchiare con altri reietti ai margini dello zoo cittadino) riunisce una piccola comunità e allevia le sue sofferenze col proprio, formidabile, talento. A poco a poco la fama del gruppetto dello zoo, dotato di un irresistibile senso musicale che si arricchisce via via di nuovi adepti, si estende alla città: le indiavolate jam session a base di rumba congolese, funky, reggae, le loro improbabili carrozzelle motorizzate divengono un’attrazione. Il giovane Roger Landu, adolescente vissuto per le strade della città, si unisce a loro con l’apporto di uno strumento assolutamente personale (che chiamerà satongué, dal nome di un mago gentile della tradizione locale), costruito con una scatola di conserva, una corda ed un arco e che diverrà una sorta di primo violino del complesso sempre più numeroso e sempre meno ignoto.

  


 

Fino a che... fino a che la forza dell’amore (per la vita? per la musica?) mette nella strada polverosa di Kinshasa l’occhio di due documentaristi occidentali (qui nella veste della fata) che restano travolti dalla forza della loro arte, ne fanno i protagonisti di un’opera che va al festival di Cannes insegnando a molti appassionati quanta ricchezza ci sia oltre le apparenze. L’entusiasmo ondeggiante del pratone del palazzo san Giacomo ha confermato una fascinazione ormai sperimentata. La bravura del gruppo è stata confermata ancora, e soprattutto la sua forza trascinatrice. Forse una certa ripetitività si è fatta sentire. Ma ormai era tardi per le sofisticherie critiche, gli spettatori erano tutti in campo a ballare. Un successo? Certamente. Ma anche una cosa diversa dal successo, un sentire fraterno (se l’aggettivo può ancora essere usato correttamente).

Staff Benda Bilili



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