È arduo il cimento per chi si appresta ad incontrare un mostro sacro come George Balanchine e soprattutto Jewels, il balletto creato dal “Mister B” nel 1967. Un ‘elzeviro coreografico sulle pietre preziose – Emeralds (Smeraldi), Rubies (Rubini), Diamonds (Diamanti) - perfettamente incastonate nel setoso allestimento dei giganteschi drappeggi di Peter Harvey, negli splendidi e originali costumi di Karisnska, nellincanto delle melodie di Gabriel Fauré, Igor Stravinskij e Pëtr IlIČ Čajkovsij. Ebbene il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala di Milano, che presenta tutto intero Gioielli dopo aver danzato più volte Rubies con il titolo Capriccio per piano, supera brillantemente la prova regalando al folto ed entusiasta pubblico una serata radiosa, arricchita dalla presenza delle étoiles Alina Somova, Guillaume Coté, Leonid Sarafanov, e dallimpeccabile direzione dorchestra di David Coleman.
Jewels è un balletto uno e trino, una pietra miliare del repertorio balachiniano e del teatro coreografico del Novecento, che le più blasonate compagnie internazionali (Opéra di Parigi, Royal Ballet di Londra, New York City Ballet, Mariinskij di San Pietroburgo) periodicamente ripropongono in omaggio al ‘padre del neoclassicismo in danza e alla grande tradizione ottocentesca franco-russa di Marius Petipa. Più che logico che anche il Corpo di Ballo del Piermarini, diretto da Makhar Vaziev, ex-direttore del Mariinsky, volesse far parte di questa ‘rosa e dimostrare lottimo lavoro svolto dal direttore che ha saputo trasmettere lo stile giusto e la qualità tecnico-interpretativa necessaria per mettere in scena Jewels. Tre ‘atti unici in cui domina la purezza del dettato coreografico e lessenzialità della forma.
Foto Brescia/Amisano
In effetti Gioielli, pensato per il New York City Ballet, non è neppure ‘parente alla lontana dei cosiddetti ballets-féeries ottocenteschi. Qui non cè né fabula, né intreccio, e quello che conta è la poesia visiva del movimento, ispirata alla bellezza di smeraldi, rubini e diamanti, in un contesto scenografico, costumistico e musicale assemblato ad hoc. Balanchine, da georgiano del Caucaso, ha sempre ammesso la sua passione per le pietre preziose e lidea di creare in danza qualcosa che riflettesse la lucentezza dei gioielli gli balenò dopo aver visto la collezione di preziosi della gioielleria “Van Cleef & Arper” di New York. Così nacque Jewels che è anche un omaggio alle donne perché, come ricorda Marilyn Monroe nel film Gli uomini preferiscono le bionde, «Diamonds are a girls best friends».
In questo ‘elzeviro balanchiniano nella prima parte risplendono gli smeraldi e tutto, dalle scene ai costumi, è di un verde smagliante, nella seconda è il rosso dei rubini ad abbagliare, mentre nel finale è labbacinante chiarore dei diamanti a catturare lo sguardo. Al di là di questi innegabili effetti cromatici, quello che però colpisce di Jewels è la reificazione del concetto di neoclassicismo coreutico, con le sue originali ‘riprese del passato accademico e la loro astrazione, e linsita modernità nellindicare la via a quello che poi sarebbe stato il postclassicismo spiazzante ed acrobatico di William Forsythe. Un balletto dunque che, lungi dallessere datato, risplende ancora oggi di luce propria ed è simbolo di unarte coreografica che ha come scopo la contemplazione della bellezza ideale e la realizzazione cinetica di un iperuranio darmonia. Un iperuranio che comunque ha qualcosa di umano nel legittimare la presenza del corpo, un corpo esteticamente bello e perfetto, forgiato dalla dura disciplina accademica, che sa ‘giocare con uningombrante auctoritas ballettistica e guardare avanti.
Foto Brescia/Amisano
In Emeralds, su musica tratta da Pélleas et Mélisande e dal Shylock di Gabriel Fauré, Balanchine costruisce il pezzo secondo uno schema ben preciso con due coppie principali, tre solisti e un corteggio di dieci ballerine. Il tutto si dipana fra pas de deux, pas de trois e variazioni classicissime che ricordano latmosfera del ballet blanc francese nel lirismo dei passaggi e nellaccuratezza delle pose delle braccia à couronne , sapientemente resi dalle coppie Mariafrancesca Garritano e Antonino Sutera, Petra Conti e Mick Zen.
Altra gemma è Rubies sul Capriccio per piano e orchestra di Stravinskij, un divertissement che, nonostante – come ebbe a dire lo stesso Balanchine – sia nato seguendo le indicazioni della partitura, in realtà per la leggerezza e la verve ‘jazzata delle performances della coppia principale, che si alterna al solista nella guida del corpo di ballo, fa venire in mente lAmerica di Broadway e di Fred Astaire. Ovvero quella scintillante atmosfera e quella non chalance con cui le cose difficili sono rese facili, divertenti e godibili. E i più che bravi protagonisti si divertono davvero con in testa il talentoso Leonid Sarafanov, già stella del Mariinskij e oggi Primo Ballerino del Balletto del Teatro Mikhailovskij, leffervescente Alessandra Vassallo, la sicura Marta Romagna e il giovanissimo Claudio Coviello, che colpisce per presenza scenica e nitore tecnico.
Foto Brescia/Amisano
Ma è soprattutto in Diamonds, interpretato da tredici ballerine e due solisti, che Balanchine sulla Sinfonia n.3 in re maggiore di Čajkovsij tesse il suo più appassionato omaggio al maestro Petipa. Attraverso echi e reminiscenze dal Lago dei cigni, Raymonda, Bella Addormentata, nei passi a due, nei portés, nelluso ‘cignesco delle braccia e delle pose in attitude ed arabesque, lartista firma un tributo neoclassico ‘liberato dalla ridondanza narrativa dei grand ballets petipatiani e ‘incatenato alle potenzialità lirico espressive del corpo, considerato da Balanchine “vero veicolo despressione”.
Alina Somova, perla del Mariinskij, regala virtuosismi mozzafiato allinsegna della classicità balanchinana che le ‘calza a pennello nelle lunghe e armoniose linee, nella sicura e precisa abilità tecnica, nel riflettere la serena armonia del dettato coreografico che risalta anche in Guillaume Coté. Principal del Balletto Nazionale del Canada, Coté è un ballerino dalle sorprendenti doti con cui volteggia nella spinosa variazione e con souplesse la chiude allinsegna della difficilis facilitas. Quella difficilis facilitas che invera il concetto di neoclassicismo in danza e coglie lesprit de finesse che, grazie a “Mister B”, ha rivoluzionato per sempre il codice estetico della danse décole.
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