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Jewels: Emeralds, Rubies, Diamonds

di Gabriella Gori
  Jewels: Emeralds, Rubies, Diamonds
Data di pubblicazione su web 10/06/2011  

È arduo il cimento per chi si appresta ad incontrare un mostro sacro come George Balanchine e soprattutto Jewels, il balletto creato dal “Mister B” nel 1967. Un ‘elzeviro’ coreografico sulle pietre preziose – Emeralds (Smeraldi), Rubies (Rubini), Diamonds (Diamanti) - perfettamente incastonate nel setoso allestimento dei giganteschi drappeggi di Peter Harvey, negli splendidi e originali costumi di Karisnska, nell’incanto delle melodie di Gabriel Fauré, Igor Stravinskij e Pëtr Il’IČ Čajkovsij. Ebbene il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala di Milano, che presenta tutto intero Gioielli dopo aver danzato più volte Rubies con il titolo Capriccio per piano, supera brillantemente la prova regalando al folto ed entusiasta pubblico una serata radiosa, arricchita dalla presenza delle étoiles Alina Somova, Guillaume Coté, Leonid Sarafanov, e dall’impeccabile direzione d’orchestra di David Coleman.

 

Jewels è un balletto uno e trino, una pietra miliare del repertorio balachiniano e del teatro coreografico del Novecento, che le più blasonate compagnie internazionali (Opéra di Parigi, Royal Ballet di Londra, New York City Ballet, Mariinskij di San Pietroburgo) periodicamente ripropongono in omaggio al ‘padre’ del neoclassicismo in danza e alla grande tradizione ottocentesca franco-russa di Marius Petipa. Più che logico che anche il Corpo di Ballo del Piermarini, diretto da Makhar Vaziev, ex-direttore del Mariinsky, volesse far parte di questa ‘rosa’ e dimostrare l’ottimo lavoro svolto dal direttore che ha saputo trasmettere lo stile giusto e la qualità tecnico-interpretativa necessaria per mettere in scena Jewels. Tre ‘atti unici’ in cui domina la purezza del dettato coreografico e l’essenzialità della forma.

 
 


Foto Brescia/Amisano 

 

In effetti Gioielli, pensato per il New York City Ballet, non è neppure ‘parente’ alla lontana dei cosiddetti ballets-féeries ottocenteschi. Qui non c’è né fabula, intreccio, e  quello che conta è la poesia visiva del movimento, ispirata alla bellezza di smeraldi, rubini e diamanti, in un contesto scenografico, costumistico e musicale assemblato ad hoc. Balanchine, da georgiano del Caucaso, ha sempre ammesso la sua passione per le pietre preziose e l’idea di creare in danza qualcosa che riflettesse la lucentezza dei gioielli gli balenò dopo aver visto la collezione di preziosi della gioielleria “Van Cleef & Arper” di New York. Così nacque Jewels che è anche un omaggio alle donne perché, come ricorda Marilyn Monroe nel film Gli uomini preferiscono le bionde, «Diamonds are a girl’s best friends».

 

In questo ‘elzeviro’ balanchiniano nella prima parte risplendono gli smeraldi e tutto, dalle scene ai costumi, è di un verde smagliante, nella seconda è il rosso dei rubini ad abbagliare, mentre nel finale è l’abbacinante chiarore dei diamanti a catturare lo sguardo. Al di là di questi innegabili effetti cromatici, quello che però colpisce di Jewels è la reificazione del concetto di neoclassicismo coreutico, con le sue originali ‘riprese’ del passato accademico e la loro astrazione, e l’insita modernità nell’indicare la via a quello che poi sarebbe stato il postclassicismo spiazzante ed acrobatico di William Forsythe. Un balletto dunque che, lungi dall’essere datato, risplende ancora oggi di luce propria  ed è simbolo di un’arte coreografica che ha come scopo la contemplazione della bellezza ideale e la realizzazione cinetica di un iperuranio d’armonia. Un iperuranio che comunque ha qualcosa di umano nel legittimare la presenza del corpo, un corpo esteticamente bello e perfetto, forgiato dalla dura disciplina accademica, che sa ‘giocare’ con un’ingombrante auctoritas ballettistica e guardare avanti.

 
 


Foto Brescia/Amisano

 

In Emeralds, su musica tratta da Pélleas et Mélisande e dal Shylock di Gabriel Fauré, Balanchine costruisce il pezzo secondo uno schema ben preciso con due coppie principali, tre solisti e un corteggio di dieci ballerine. Il tutto si dipana fra pas de deux, pas de trois e variazioni classicissime che ricordano l’atmosfera del ballet blanc francese nel lirismo dei passaggi e nell’accuratezza delle pose delle braccia à couronne , sapientemente resi dalle coppie Mariafrancesca Garritano e Antonino Sutera, Petra Conti e Mick Zen.

 

Altra gemma è Rubies sul Capriccio per piano e orchestra di Stravinskij, un divertissement che, nonostante – come ebbe a dire lo stesso Balanchine – sia nato seguendo le indicazioni della partitura, in realtà per la leggerezza e la verve ‘jazzata’ delle performances della coppia principale, che si alterna al solista nella guida del corpo di ballo, fa venire in mente l’America di Broadway e di Fred Astaire. Ovvero quella scintillante atmosfera e quella non chalance con cui le cose difficili sono rese facili, divertenti e godibili. E i più che bravi protagonisti si divertono davvero con in testa il talentoso Leonid Sarafanov, già stella del Mariinskij e oggi Primo Ballerino del Balletto del Teatro Mikhailovskij, l’effervescente Alessandra Vassallo, la sicura Marta Romagna e il giovanissimo Claudio Coviello, che colpisce per presenza scenica e nitore tecnico.    


 


Foto Brescia/Amisano

 

Ma è soprattutto in Diamonds, interpretato da tredici ballerine e due solisti, che Balanchine sulla Sinfonia n.3 in re maggiore di Čajkovsij tesse il suo più appassionato omaggio al maestro Petipa. Attraverso echi e reminiscenze dal Lago dei cigni, Raymonda, Bella Addormentata, nei passi a due, nei portés, nell’uso ‘cignesco’ delle braccia e delle pose in attitude ed arabesque, l’artista firma un tributo neoclassico ‘liberato’ dalla ridondanza narrativa dei grand ballets petipatiani e ‘incatenato’ alle potenzialità lirico espressive del corpo, considerato da Balanchine “vero veicolo d’espressione”.  

 

Alina Somova, perla del Mariinskij, regala virtuosismi mozzafiato all’insegna della  classicità balanchinana che le ‘calza a pennello’ nelle lunghe e armoniose linee, nella sicura e precisa abilità tecnica, nel riflettere la serena armonia del dettato coreografico che risalta anche in Guillaume Coté. Principal del Balletto Nazionale del Canada, Coté  è un ballerino dalle sorprendenti doti con cui volteggia nella spinosa variazione e con souplesse la chiude all’insegna della difficilis facilitas. Quella difficilis facilitas che invera il concetto di neoclassicismo in danza e coglie l’esprit de finesse che, grazie a “Mister B”, ha rivoluzionato per sempre il codice estetico della danse d’école.

 

Jewels: Emeralds, Rubies, Diamonds
cast cast & credits
 



George Balanchine


 
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