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Machete manda messaggi

di Francesca Valeriani
  Machete
Data di pubblicazione su web 07/06/2011  

È possibile trattare reali, drammatici problemi di attualità in un film classificato con il termine B-movie, genere tornato in auge negli ultimi anni insieme all’amore e la malinconia per le atmosfere vintage che stanno contraddistinguendo l’ambiente artistico-culturale sia dell’Europa che dell’America? Robert Rodriguez ci riesce. Tenendosi alla larga, come di consueto, dalla retorica e dalla banalità, il regista texano, accompagnato dall’esordiente Ethan Maniquis (già montatore dello stesso Rodriguez), denuncia con fermezza e coinvolgimento il dramma vissuto da migliaia di immigrati messicani che ogni anno tentano di varcare illegalmente il confine materiale e immateriale tracciato tra Messico e Stati Uniti.


 


 

La trama, piuttosto semplice e lineare, non risulta solo un pretesto per esibire il personalissimo stile registico di Rodriguez, ma rappresenta la base su cui si poggiano tutte le soluzioni espressive adottate nel film. «C’era una volta in Messico...». Potrebbe cominciare così la narrazione della vicenda che vede come protagonista Machete (Danny Trejo), federale onesto e infallibile, che viene tradito dal suo datore di lavoro, in realtà un boss spietato e corrotto  (Steven Seagal). Privato della famiglia durante un agguato, l’eroe messicano è costretto a vivere un’esistenza da latitante, nascondendosi in Texas. Ma la sua fama lo precede: Michael Booth, uomo politico dalla pessima reputazione, assolda l’ex federale per uccidere il senatore MacLaughlin (Robert De Niro) che imposta la sua campagna elettorale sul Protezionismo e la discriminazione razziale. Ingannato ancora una volta, Machete diviene vittima di un complotto imbastito dalle più alte sfere istituzionali texane: nel contrastare tale corruzione, il protagonista si imbatte in un caparbio agente federale, Sartana Rivera (Jessica Alba), e viene coinvolto in una vera e propria rivoluzione messicana, guidata dalla passionale eroina Luz (Michelle Rodriguez). Presentato fuori concorso in occasione dell’ultima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, Machete rappresenta la summa del cinema di Robert Rodriguez. Il soggetto del film deriva direttamente da un ‘falso trailer’ costruito ad arte dallo stesso Rodriguez, originariamente destinato a introdurre l’atmosfera splatter dominante nel progetto Grindhouse, condotto con l’amico e collega Quentin Tarantino e costituito da due distinte pellicole, Death Proof (Tarantino, 2007) e Planet Terror (Rodriguez, 2009).

 


 


 

Anche in Machete violenza e sesso continuano a rappresentare un binomio indissolubile per il regista, tanto da coabitare all’interno della medesima scena: il desiderio sessuale viene così associato all’istinto omicida, se non alla necrofilia. Come già si verifica nelle precedenti opere firmate dall’autore, e più in generale nei film da cui esso prende ispirazione, gli oggetti di uso quotidiano sono impiegati come efficaci e distruttive armi di massa. I numerosi schizzi di sangue conquistano lo schermo secondo precisi criteri estetici: le macchie rosse danno vita ad “armoniose” composizioni, a dimostrazione di quanto niente venga lasciato al caso, e quanto sia sbagliato considerare il b-movie di Rodriguez letteralmente “un film a basso costo, girato in breve tempo e con poche risorse”, dunque una pellicola senza gusto estetico e particolari accortezze tecnico-linguistiche. Ciò che invece non viene contemplato dall’universo del regista è l’ambizione e la pretesa di dar vita a un’opera ‘intellettuale’: in altri termini, l’autoironia che contraddistingue sia Rodriguez che il cast stellare chiamato a interpretare una serie riprovevole di antieroi, non solo allenta la tensione, ma consente allo spettatore di analizzare con più distacco e spirito critico certi meccanismi insiti nel mondo della criminalità, partendo dal traffico di droga fino ad arrivare alla corruzione politica. Tutti gli interpreti, da De Niro a Lindsay Lohan, riescono a esprimere con spontaneità ed efficacia un necessario e imprescindibile sarcasmo, mantenendo, chi più (Trejo) chi meno (De Niro), una recitazione inaspettatamente contenuta e composta. L’attore di origine messicana (ex galeotto e boxer), grazie al suo volto visibilmente segnato e deturpato, può limitare al massimo la gamma di espressioni facciali che ogni attore dovrebbe essere in grado di assumere, mostrandosi al pubblico in tutta la sua ‘straordinaria naturalezza’. Fiero della sua maschera imperscrutabile, Danny Trejo si lascia filmare dalla cinepresa senza calcare la mano, evitando così di esasperare il carattere inverosimile del protagonista. Grazie all’interpretazione di Machete, l’attore rafforza ulteriormente la tipizzazione del suo personaggio.

Tra le battute più interessanti del film occorre segnalarne una in particolare: quando l’agente Sartana accusa Machete di non essersi tenuto in contatto con lei, l’uomo le risponde: «Machete non manda messaggi». Più avanti l’eroe sarà costretto a ritrattare le sue affermazioni: il film, così come il suo protagonista, trasmette più messaggi di quanto ci si possa preventivamente immaginare: uno su tutti quello politico, che non risulta preponderante solo nel genere horror, ma emerge con straordinaria forza anche nel b-movie.

 

Machete
cast cast & credits
 






 
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