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Alla ricerca del senso perduto

di Marco Luceri
  Habemus Papam
Data di pubblicazione su web 18/04/2011  

Non sarà facile per Nanni Moretti gareggiare al prossimo Festival di Cannes con gli altri pesi massimi del cinema mondiale; la Croisette ha sempre portato fortuna al regista italiano (ricordiamo la Palma d'Oro vinta nel 2001 per La stanza del figlio), molto amato dai francesi, ma i dati sull'affluenza nelle sale italiane per il nuovo Habemus Papam sono incoraggianti: il miglior incasso del week-end, davanti a commedie italiote e blockbusters americani. Come dire che Moretti se la cava piuttosto bene quando gli “avversari” prendono la forma dello stupidario nostrano e della megapotenza hollywoodiana. Vuol dire che il regista romano è ancora un divo, un'icona, un (anti)Caimano che fa ormai parte integrante della cultura e dell'immaginario italiano.

 

 


 

Con Habemus Papam Moretti prosegue quello che aveva già iniziato nel Caimano, ovvero un'analisi del Potere attraverso il rapporto perverso tra la dimensione pubblica e quella privata di chi lo detiene. I due film sono assai simili, tanto che si potrebbero considerare un dittico: nel Caimano un produttore in crisi si getta nell'impresa disperata di realizzare un film su Berlusconi, in Habemus Papam un attore fallito viene nominato al soglio pontificio. Su tutti e due i personaggi protagonisti incombe dunque un forte senso di inadeguatezza di fronte a una realtà che sfugge a una costruzione di senso. Ciò scatena una crisi di “ruolo”, che travolge l'immagine e la sostanza di chi è chiamato a interpretarlo. E' come se il personaggio si ritirasse dal mondo e da se stesso per ricominciare una nuova ricerca.

 

 


 

È questo che accade nelle prime e folgoranti immagini di Habemus Papam, che da sole valgono il film intero. Con uno stile penetrante come non mai, Moretti racconta la vicenda di quest'uomo mediocre alzando al massimo la tensione dialettica tra il suo smarrimento e l'imponente ritualità di un potere millenario: le prime sequenze, raffigurando l'angosciosa attesa nel conclave, la solitudine intima di ogni cardinale chiamato a una scelta sofferta, fino alla designazione del nuovo papa e alla sua mancata apparizione davanti ai fedeli in festa, hanno un impatto visivo fortissimo (ottenuto soprattutto grazie all'uso dello zoom): la cinepresa di Moretti si muove gradualmente da inquadrature sature di soggetti al vuoto oscuro e impotente. È proprio la metafora dell'horror vacui quella che suggella l'inizio del film e dà ad esso quello spessore drammatico che in seguito, inevitabilmente, si perde. Se Moretti si fosse fermato ai primi 15', girando un cortometraggio, avrebbe realizzato un capolavoro.

 

 


  

Invece, costretto a proseguire il racconto, il film lentamente si sfarina: il rapporto tra il novello pontefice (un dolente e malinconico Michel Piccoli) e il suo psicanalista non-credente si interrompe subito (il papa riesce a fuggire in gran segreto e a girovagare indisturbato per un paio di giorni per le strade di Roma, durante i quali incontra una compagnia che sta preparando la messinscena del Gabbiano di Cechov) e quella che poteva essere una traccia (geniale) da sviluppare si trasforma in una discreta carnevalata in cui Moretti rimette in scena ancora una volta se stesso e le sue capacità comiche (il petulante psicanalista si inventa una partita a pallavolo tra i cardinali, gioca a scopone scientifico e discetta sul darwinismo). Peccato, ma errori di sceneggiatura così grossolani si pagano cari. Il tono drammatico del film, inframmezzato da queste inutili scenette, ne risente fortemente e nonostante si comprenda il pudore di non fare di Habemus Papam un film né ideologico né retorico né irriverente, esso alla fine si appiattisce e scivola verso un finale inadeguato rispetto all'originalità dell'idea di partenza. Che il problema non sia tanto credere in Dio, ma in se stessi, spiace dirlo, ma lo avevamo capito già tanto tempo fa.

Habemus Papam
cast cast & credits
 






 
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