Con latteso Inception Christopher Nolan rinnova la sua fama di regista cerebrale, impegnato a scandagliare anfratti e voragini della mente dei suoi personaggi e trasforma Leonardo DiCaprio in uno scassinatore dinconscio, anzi, nel principe degli scassinatori dinconscio, malinconico e vulnerabile come si deve. Dietro al pretesto (narrativamente debole a dire il vero) dello spionaggio industriale, Nolan ci conduce in un mondo dove è possibile avere sogni indotti e controllati e accedere a dimensioni oniriche in cui, oltre a muoversi consapevolmente, si può gabbare chi ha le porte dellio sguarnite.
Però i sogni qui illustrati non hanno i contorni sfumati delleffetto flou ma il fragore e i lampi dellaction movie imbevuto in un bagno di generi che vanno dalla fantascienza al thriller psicologico.
Nolan, che ha pensato e sceneggiato Inception, utilizza i duecento milioni del budget a disposizione per farsi beffe delle leggi della fisica e della geometria, ed è senza dubbio notevole vedere una città che si arrotola o selve di grattacieli sorgere dal nulla, così come diverte pensare che quel prologo al caldo e quel finale tra la neve e i cattivi in motoslitta potrebbero venire direttamente dalle memorie di James Bond.
Laspetto videoludico, insomma, per ricorrere a un termine sempre più in uso, è decisamente ciò che per primo connota il film. Ma è possibile che un racconto che ci vuole mostrare i sogni e parlare dellinconscio non riesca proprio a turbare? Che non riesca ad essere mai inquietante? Che una costruzione annunciata come complessa (come dovrebbe essere dato largomento) sia in realtà viziata da banali e tentennanti argomentazioni ad uso e consumo del pubblico dei blockbuster a cui il prodotto è legittimamente destinato? E che qui si spengano anche le pretese autoriali di Nolan?
Se lambizione era quella di nascondere dentro un giocattolo rumoroso e pieno di luci anche il conte philosophique allora lobiettivo non è stato del tutto centrato.
Anche il percorso per riportare il protagonista a una condizione di stabilità non riesce a sedurre, rimangono prevedibili gli agguati del subconscio che Cobb/DiCaprio deve fronteggiare, e per di più in qualche modo stranamente simili a quelli che lo stesso protagonista aveva patito in Shutter Island, dove però Martin Scorsese aveva resistito alla tentazione di prendere lo spettatore per mano e spiegargli tutto.
Resta la prova di alcuni bravi attori, sfruttati però al minimo, come Tom Berenger e Peter Postlethwaite (tra i giovani, Cillian Murphy), e qualche spunto interessante che però Nolan accarezza, soppesa, ma non padroneggia mai davvero.
Una volta che i dormienti a comando scoprono la pratica del sogno controllato, possono assuefarsi e non interessarsi più alla realtà, come alcuni videogiocatori fortemente dipendenti o come i cinefili, quelli di una volta.
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