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L'invasione del barbaro

di Roberto Fedi
  L'invasione del barbaro
Data di pubblicazione su web 04/10/2010  

Venerdì sera, su La7, riecco Le invasioni barbariche. Che a noi non piacciono, a partire dalla Bignardi, che vaga fra la Rai e la sorella povera de La7, sempre senza saper bene che fare, e con l’aria di dire ‘io sono qui, ma lo faccio per voi…’. Invece lo fa per sé, e per l’ingaggio che si prenderà, si presume lauto.

 

Non ci piacciono tutti quelli che fanno talkshow, perché cercano di assomigliare a David Letterman e, naturalmente, non ci riescono. Altrimenti, che diavolo ci vuole a fare interviste in Tv? Domandine preparate, nessuno scontro, nessuna ironia, tutto politicamente corretto e in linea con la vulgata, niente di niente che non sia l’ospite di turno, novantanove volte su cento insulso a meno che non straparli o non dica parolacce. Capirai.

 

Per condurre un talkshow ci vuole professionalità (enorme), grande preparazione, faccia tosta, ironia, senso del tempo (proprio teatrale), cultura, competenza, presenza di spirito, indipendenza, e si potrebbe continuare. La Bignardi non ha niente di tutto questo, neanche, a scelta, una delle cosucce che abbiamo elencato. Quindi il suo programma è soporifero quando va bene, e inutile sempre.

 

Per esempio venerdì scorso. Arriva Renzo Bossi, figlio di Umberto, detto (giustamente) Il Trota. Il nomignolo, azzeccato come pochi, glielo conferì tanto padre, quando, alla domanda se il Renzo era il suo delfino, probabilmente ignorando il significato storico dell’epiteto, sbottò che per ora era solo una trota. E, in effetti, Il Trota se lo guardate bene a cosa somiglia? A una trota, appunto. Incredibile. La scienza della fisiognomica con uno così ci sarebbe andata a nozze.

 

La Bignardi amorevolmente gli fa qualche domandina facile facile. Il Trota è chiaramente in imbarazzo, quasi quasi anche a dire quanti anni ha. È evidentemente impreparato, incapace di articolare un discorso che non sia quello che sentite in autobus fra ragazzotti di circa la sua età: anni 22. La chiacchierata scorre fra qualche battutina, la riproposta di qualche sketch umoristico su di lui (“È simpatico…”: unico commento che ha saputo fare Il Trota). Sorrisi, salamelecchi con uno che a mala pena era capace di dire dove si trovava in quel momento.

 

A un certo punto la Bignardi gli fa l’unica domanda seria della triste serata barbara: lei quanto guadagna? Il Trota, per chi non lo sapesse, è consigliere regionale in Lombardia. “Diecimila”, risponde Il Trota come se avesse detto la cosa più normale del mondo.

 

Diecimila? (anzi, di più, veramente). Immaginatevi a questo punto cosa avrebbe fatto Letterman. Lo avrebbe sbranato, con il suo sorriso da squalo. E la Bignardi? Niente. Si vede che a lei diecimila e più euri al mese sembrano normali. In altre parole: la regione Lombardia (e così tutte le altre regioni) paga questa cifra (più del doppio di quello che prende un universitario premio Nobel, meno di un Rettore, sei volte lo stipendio di un docente di qualsiasi scuola, e così via), per Il Trota.

 

Di fronte all’invasione del barbaro c’è ormai poco da fare. Ma che una conduttrice di un rinomato talkshow se la rida col Trota alle spalle degli italiani, beh, questo è un po’ troppo.

 

Per questo nessuno di questi signori & signore troverebbe un posto neanche di magazziniere in nessun talkshow americano. Sono incapaci, furbetti, banali. Non sanno cogliere l’attimo. Non hanno idea di cosa sia il loro pubblico, la società, la realtà che li circonda.

 

Vivono, visto che siamo alle invasioni, da decadenti nobili bizantini. Resta solo da sperare nei Barbari, ma quelli veri – non nelle Trote, per carità.







 
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