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Il paesaggio che uccide

di Marco Luceri
  Meek's Cutoff
Data di pubblicazione su web 05/09/2010  

Ecco arrivare al Lido il vero film che non ti aspetti, ovvero quello della regista americana Kelly Reichardt e del suo western metafisico Meek’s Cutoff, in concorso. La prima cosa che colpisce guardando questo film è che la definizione vagamente di genere con cui lo si potrebbe identificare gli va davvero stretta: anche se i codici ci sono tutti (i coloni bianchi che si spostano in carovane verso il west, il pistolero sanguinario, l’indiano bugiardo e cattivo, gli immensi paesaggi vergini e i deserti infiniti) siamo di fronte a un’opera complessa, ma a tratti struggente nella sua semplicità.

 

 


 

Alla metà dell’Ottocento tre famiglie di coloni ebrei si mettono in cammino verso il West, sperando di trovare, una volta giunti a destinazione, lavoro e ricchezza. A fare da guida alle tre carovane, con animali e vettovaglie al seguito, c’è un certo Meek, barbuto e scostante pistolero che ben presto smarrisce la strada giusta, facendo piombare il gruppo nell’angoscia. Vagando per chilometri e chilometri nel deserto, con i viveri e l’acqua che scarseggiano sempre di più, i nostri viaggiatori cattureranno un indiano, nella speranza che li porti verso qualche corso d’acqua.

 

È veramente un viaggio infernale quello intrapreso dai coloni verso la conquista mitica dello spazio sconosciuto e infatti il film, man mano che procede, sposta il suo asse narrativo e diventa pian piano una sfida tra i personaggi e il paesaggio. Sebbene esso sostanzialmente non cambi quasi mai (l’unica eccezione è rappresentata da un lago di acqua alcalina non potabile), esso appare in realtà sempre più oscuro e minaccioso perché è il desiderio di arrivare alla meta a diventare sempre più impellente, pena la morte. E’ un vero e proprio paesaggio che uccide quello di Meek’s Cutoff e non sarebbe tale se la macchina da presa della Reichardt non insistesse su una costruzione dell’immagine tesa a ribaltare spesso il rapporto tra figura e sfondo, grazie anche a una rarefazione assoluta del ritmo dell’azione e del sonoro.

 
 


 

Viene così fuori una sorta di western psicologico, privo di spargimenti di sangue, in cui la misteriosa figura dell’indiano diventa il fulcro intorno al quale costruire l’opposizione tra Meek, che lo vorrebbe ammazzare, e una delle giovani spose (l’intensa come non mai Michelle Williams), che al contrario lo vede come l’unica guida di cui potersi fidare. Il finale del film non scioglie nessun dubbio: non sapremo mai chi dei due avesse regione, se la carovana giungerà a destinazione o meno. L’inquadratura finale (che potrebbe essere una soggettiva della protagonista o del paesaggio stesso o forse di nessuno) non risolve nessuno snodo drammatico. L’indiano che si volta e riprende il cammino potrebbe anche essere l’ultimo sguardo sul mondo, ma anche un’allucinazione post mortem.

Meek's Cutoff
cast cast & credits
 



 
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