François Ozon, uno dei maestri del cinema francese contemporaneo, con il suo nuovo film ha dimostrato ancora una volta, se ce ne fosse ancora bisogno, di essere autore versatile, inventivo e soprattutto a proprio agio con qualsiasi genere intenda mettere in scena. Uno pensa a Le refuge, uscito nelle sale italiane alla fine di agosto e vi ritrova un regista splendidamente a suo agio con il dramma intimista, poi vede Potiche ed ecco una scoppiettante commedia dai meccanismi perfetti e così via…
Già, perché, inutile nasconderlo, Ozon è oggi lunico cineasta doltralpe capace di riproporre i meccanismi più tipici del cinema francese (ambientazioni borghesi, contrasto tra campagna e città, amori in crisi, tradimenti coniugali e soprattutto tanti e tanti dialoghi) senza cadere nella logora riproposizione di stilemi fuori tempo. Il segreto? Quello di riuscire a guardare ai propri personaggi attraverso il filtro mai banale dellironia e della leggerezza e non cercando di fare discorsi più grandi di quelli che effettivamente richiederebbe la storia messa in scena. Beninteso, naturalmente, che il talento stilistico del nostro resta una componente fondamentale della buona riuscita di quasi tutti i suoi film.
Con Potiche, si dirà, loperazione era semplice, avendo dalla propria parte un cast dattori dallesperienza insuperabile come lelegantissima Catherine Deneuve, larcigno Gérard Depardieu e linsuperabile Fabrice Luchini. Ma la scelta di questo cast funziona a meraviglia perché a monte cè un copione perfetto, una rete di relazioni tra i personaggi costruita a orologeria e anche una significativa operazione nostalgica, che rimette in scena leterno amore contrastante della coppia Depardieu/Deneuve, salita alla ribalta proprio negli anni Settanta/Ottanta (vi ricordate, ad esempio, il “mitico” Le choix des armes di Alain Corneau?), ma capovolgendolo: niente dramma sentimentale, ma commedia allo stato puro.
Come accade spesso nel cinema di Ozon le feminin prende il sopravvento su le masculin: i personaggi femminili di Potiche sono gli eredi diretti di quelli di Otto donne e un mistero (2002), ovvero espressione del tentativo di capovolgere i meccanismi socio-politici attraverso la profondità, lacutezza e il coraggio che solo le donne sembrano avere nei momenti cruciali dellesperienza umana. La protagonista del film, Suzanne, che allinizio è solo la moglie irreprensibile, ricca e fedele di un irascibile industriale di ombrelli, diverrà anche amante libertina, imprenditrice spregiudicata, politico rampante e soprattutto madre. Al confronto, i personaggi maschili appaiono pallide e bambinesche pedine di un gioco di cui non sono loro a tenere le redini.
A far funzionare la scacchiera è proprio la capacità di Ozon di capovolgere continuamente non solo la situazione comica, ma anche di infondere alle inquadrature un carattere caricaturale (i colori saturi, la musica sdolcinata, le immagini di amori al tramonto, in tutti i sensi, ecc.) che imprime una forza davvero notevole non solo ai meccanismi drammatici, ma allintero tono del film. |
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