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Narcisismo, storia e inganni

di Sara Mamone
  Miral
Data di pubblicazione su web 03/09/2010  

Credevamo di aver già visto con Happy few il più brutto film della mostra e quindi di poterci mettere tranquilli. Troppo bello, al secondo giorno aver già risolto. Dobbiamo constatare infatti che c’è di peggio, di molto peggio. Perché Happy few è un film inutile della serie parigino-ombelicale, di nessun interesse per nessuno e quindi requiescat in pace. Parliamo invece di Miral e il discorso da estetico si fa morale. Miral è in questo senso un film bruttissimo, è bruttissimo anche come film, ma lo è soprattutto per l’inganno che c’è alla base. Tratto dal libro autobiografico della giornalista e bellezza palestinese Rula Jebreal e dalla medesima sceneggiato per il compagno e regista Julian Schnabel,  è un atto di puro narcisismo travestito da intenzioni di denuncia storica, anzi di denuncia della più grande tragedia di questi nostri anni: il conflitto arabo-palestinese. Non è certo un soggetto nuovo per il cinema ed è stato trattato con grande dolore e coraggio in molte opere filmiche, in particolare israeliane (per Venezia basti pensare anche solo al Leone d’oro dello scorso anno, Lebanon) anche autobiografiche ma in cui l’autobiografia era semplicemente riflessa nella drammaticità del problema e non era certo occasione per parlare di sé.


 

L’affresco di Miral (è il nome della protagonista che è interpretata da Freida Pinto, copia conforme dell’autrice) è invece l’esposizione di una vicenda personale che vuole farsi misura della tragedia di un popolo, quello palestinese, di cui ben si conoscono le sofferenze e le speranze sempre deluse e che, francamente, non avremmo mai voluto veder rappresentato, nel migliore dei casi, da un procedimento personale di autoanalisi (non vogliamo neanche essere sfiorati dal sospetto che si possa trattare di puro cinismo autopromozionale). Pensiamo soltanto che si tratti di un colossale errore, al quale speriamo che rimedi il silenzio delle sale e anche una qualche resipiscenza nella promozione. E anche una maggior sobrietà della “protagonista” il cui intervento in conferenza stampa non pare andare nella direzione da noi auspicata se, a proposito della drammatica scena del suicidio della madre si lascia andare a pubbliche confessioni del tipo:” L’attrice che impersonava mia madre non sapeva nuotare. Così Julian ha chiesto a me di farle da controfigura. La testa che si intravede tra le onde è la mia. Sono entrata in mare pensando a lei e ho cominciato a nuotare senza fermarmi, sempre più al largo. Non vedevo più niente, non ero più nel film. Pensavo: mio Dio, mia madre ha preso il mio posto, io sono mia madre… L’acqua mi chiamava, stavo lasciandomi andare, finché una mano mi ha afferrata, mi ha trascinata fuori. Era Julian. Mi ha salvata”.


 

Il generoso innamorato ebreo new-yorkese non ha però salvato il film, farcito di luoghi comuni, dall’andamento incomprensibile se già non si conoscono bene i fatti, dal filo conduttore fragilissimo e vistosamente sempre più subordinato allo “sbocciare” della passione politica della giovane orfana raccolta nell’asilo dei bambini creato nel 1948 da Hind Husseini alla quale il film è, diciamo così, dedicato. Insomma quarant’anni di conflitti, di Olp e di Intifada, di insediamenti di coloni e di attentati raccontati in maniera sconnessa, con un andamento  da melodramma di quart’ordine al quale la musica si associa in maniera enfatica dando il peggio di sé. Lo ripetiamo: nel migliore dei casi un film totalmente sbagliato, velleitario e lontanissimo dalla percezione dei problemi reali che agitano la regione. Nel rinnovare l’auspicio per un più modesto profilo professionale segnaliamo agli agenti dei due una frase da non ripetere:”Non c’è dubbio che questo sia un film politico e potrà urtare chi la pensa in altro modo”. Esattamente, noi la pensiamo in altro modo, pensiamo cioè che nulla sia peggio del cieco narcisismo.  


Miral
cast cast & credits
 



 

 

 

 


 

Il regista Julian Schnabel





 

 
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