Più ombre che luci nel nuovo film della fantasiosa regista siciliana Roberta Torre, I baci mai dati, che ha aperto con molte attese la sezione “autarchica” di Controcampo Italiano. Peccato, perché il film mostra per lennesima volta i limiti di certo cinema italiano che pensa, con eccessiva presunzione, che basti mettere insieme un buon cast (e qui ci sono alcuni tra i migliori attori italiani di oggi: Donatella Finocchiaro, Beppe Fiorello e Piera Degli Esposti), qualche idea vagamente autoriale (i colori, le acconciature e le scenografie volutamente forzate e le fughe nellonirico identificano subito il cinema della Torre) e lo sfondo di una periferia disastrata (Palermo) per fare un film.
Una scena del film
E invece no, non funziona così: bisogna avere delle cose da dire o, se non si hanno, saperle mascherare bene, ma per far questo servono molti soldi, altrimenti si fa scivolare il film verso la noia assoluta. Il difetto de I baci mai dati è lassenza grossolana di una scrittura complessiva, che metta insieme una buona sceneggiatura e un altrettanto degna messa in scena. La storia della ragazzina che dice di essere miracolata dalla madonna, sfruttata da genitori avidi e ignoranti, che fanno leva sulle difficoltà del quartiere popolare in cui abitano, che poi si pente, dice che è tutta una bugia, ma poi il miracolo “laico” lo fa davvero, non è proprio originale: nel 2003 Edoardo Winspeare portò qui a Venezia il suo molto più riuscito Il miracolo; ma a parte questo, la fragilità di reggere questa storia incide pesantemente sul film.
Roberta Torre sul set
Se lasse narrativo si concentra sul rapporto madre-figlia, poi non si può pretendere di fare un film “corale” (ad esempio, il personaggio di Fiorello scompare lentamente e inspiegabilmente dalla scena) e infatti il film, pur breve (88) sembra lunghissimo, anche per colpa di un fastidiosissimo e invasivo commento musicale, mai veramente incisivo. A voler essere cattivi, si potrebbe dire che i personaggi, non avendo niente da dirsi, lasciano il campo alla musica, una sorta di set-list buona per un insieme di videoclip. Peccato, davvero, ma sembrano ormai veramente lontani i tempi di Tano da morire (1997), Sud Side Stori (2000) e Angela (2002), quelli cioè di una giovane autrice che aveva aperto al cinema meridionale una strada inedita e innovativa. Con questo ultimo film questa strada sembra più essere diventata un vicolo cieco.
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