Siamo al secondo giorno della Mostra del Cinema e arriva il primo film veramente deludente del concorso. Stiamo parlando del francese Happy Few, di Antony Cordier, il pruriginoso racconto di due coppie di amici che quasi per gioco iniziano una torbida storia di scambismo. Il cinema francese neanche questanno rinuncia a portare al Lido un film che non disdegniamo di definire “inutile”, soprattutto se si considera che Müller e soci hanno posizionato lopera di Cordier tra quelle in gara, relegando ad altre sezioni titoli ben più meritevoli della ribalta offerta dal concorso.
Torniamo alla coppia di coppie (ci si perdoni il gioco di parole), perché i nostri quattro eroi, sposati, felici e con prole, un po per gioco, un po forse per noia, un po per fantasie sessuali regresse (molta la superficialità della scrittura in questo passaggio) iniziano un gioco che dovrebbe sembrare pericoloso: lo scambio di partner, passato il primo, immediato, senso di colpa, finisce per piacere e così i due uomini e le due donne vivono felicemente una bella favola di sesso, riuscendo a restare ottimi amici. Il segreto? Lassenza di regole, cioè il rifiuto di vivere in maniera clandestina la cosa, preferendo fare tutto alla luce del sole. Quando però iniziano ad affiorare le prime gelosie, i primi dissapori, gli amplessi restano tali (ci sono pure unorgia nella casa in campagna tra sacchi di farina e un momento lesbico), ma le psicologie dei personaggi dovrebbe cambiare.
Usiamo il condizionale perché è proprio quello che nel film non accade. Happy Few propone ben poco al di là dellidea iniziale: Cordier perpetua allinfinito il plot di partenza, trasformando il film in una lunga (troppo) serie di incontri, scopate, gite fuori porta e avvitandosi perciò su se stesso. Non riuscendo a ritrovare il bandolo della matassa nel momento in cui arriva (comè naturale) il momento di crisi, i quattro personaggi si ritrovano imprigionati in discussioni che vanno a vuoto, finendo per essere prevedibili nel momento in cui non dovrebbero esserlo. Certo, ci sono alcune battute azzeccate, alcuni momenti paradossali ben calibrati, ma a Cordier mancano la “cattiveria” e la “scorrettezza” necessarie per far decollare la storia. Sul tappeto restano solo quegli infiniti chiacchiericci e quelle noiosissime scene damore, che di proibito non hanno nulla e a cui purtroppo una fetta del cinema doltralpe contemporaneo fatica a rinunciare.
In un paese in cui le tensioni sociali sono sempre più palpabili, in cui si legittimano politiche xenofobe e si pestano gli stranieri nelle carceri fino a farli morire, è davvero difficile accettare questo tipo di cinema. Meno male che a Parigi e dintorni ci sono signori chiamati Audiard, Ozon, Cantet a stare sullaltro lato della barricata. |
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