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Fantasmi d'amore

di Paolo Patrizi
  Anaïs Nin
Data di pubblicazione su web 14/07/2010  

Spettacolo breve – poco più di tre quarti d’ora – incentrato su un tema eterno del teatro tragico (l’incesto), dedicato a una delle protagoniste femminili del Novecento (Anaïs Nin) e realizzato da uno dei maggiori compositori di oggi, non a caso misuratosi di recente anche con la Divina Commedia (Louis Andriessen). A fronte di tanta sintesi, e della forza di tali ingredienti, il risultato è però quello di un lavoro diluito e come disinnescato. Resa lode all’icasticità di certi affondi armonico-ritmici di Andriessen e al suo uso sapientemente ludico di fiati e percussioni, resta poco di quella capacità d’immergere l’esperienza onirica nel flusso del quotidiano che caratterizza molte pagine della Nin, e ancor meno di quella naturalezza con cui la scrittrice franco-americana sapeva esprimere nelle sue prose erotiche l’emozione dei sensi. Siamo, piuttosto, nei paraggi dei nipotini di Schönberg, con la struttura per voce solista e strumenti che strizza l’occhio al Pierrot lunaire (rivitalizzato da Andriessen con innesti parajazzistici alla Weill e una passacaglia che fa tanto Wozzeck) e le lacerazioni da psicodramma femminile che rinviano implicitamente a Erwartung. Ma anche sotto quest’ultimo profilo il teatro d’opera contemporaneo ha saputo darci frutti ben più sostanziosi e illuminanti: basti pensare alla bellissima Das Gehege di Wolfgang Rihm (2006).

 


Nieuw Amsterdams Peil

 

Qui l’utilizzo di stralci diaristici ed epistolari dà luogo a una drammaturgia di dubbia teatralità (nella stessa trappola cadde di recente Detlev Glanert, quando pensò di mettere in musica Il diario di Nijinsky), dove la sensibilità di Andriessen sembra occhieggiare, per empatia di musicista, più al padre-amante della scrittrice (il pianista e compositore Joaquín Nin: l’inserimento del pianoforte, nel piccolo ensemble richiesto dalla partitura, può esser letto anche come un omaggio a lui) che non alla scrittrice stessa. Il tutto montato in una sorta di “momenti della vita di Anaïs Nin”, dove gli altri illustri personaggi che transitarono nella sua camera da letto – lo psicanalista René Allendy che l’ebbe in cura, Antonin Artaud, Henry Miller – prendono la parola (per il tramite della voce fuori campo di Han Buhrs) in rapidi filmati, talvolta destinati a riavvolgersi all’indietro come la zigzagante psiche della protagonista. Non resta spazio invece né per le oasi saffiche, che rappresentarono forse l’unico momento gioioso dell’inquieta vita sessuale di Anaïs, né per il rapporto tra la Nin e la musica, sebbene nel suo Romanzo del futuro avesse gettato i semi proprio per una proficua dialettica tra musica, pittura e letteratura.

 


Cristina Zavalloni

 

Priva nominalmente di un regista, la messinscena è spartana nell’impianto, con gli eccellenti otto strumentisti del Nieuw Amsterdams Peil collocati sul palco accanto alla protagonista, ma non sempre asciutta come il soggetto e la scrittura di Andriessen avrebbero desiderato: la Nin che all’inizio, quasi a mo’ di avvertenza al pubblico, sbuccia e assapora una banana non è una metafora elegante. Lo spettacolo resta però di grande vitalità grazie al talento canoro (oltremodo duttile nell’assecondare tutti gli impulsi ritmici della partitura) e alla fisicità nervosa (quasi scheletrica, eppure carnalissima) di Cristina Zavalloni. È la sua arte di cantante-attrice e attrice vocale a rendere memorabile la serata. E il fatto che si tratti di una prima assoluta commissionata dall’Accademia Musicale Chigiana rende ottimisti sul fatto che un teatro musicale in Italia, di compositori italiani o meno, sia ancora possibile.

Anaïs Nin
Monodramma su testi di Anaïs Nin


cast cast & credits



Una scena



 
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