Spettacolo breve – poco più di tre quarti dora – incentrato su un tema eterno del teatro tragico (lincesto), dedicato a una delle protagoniste femminili del Novecento (Anaïs Nin) e realizzato da uno dei maggiori compositori di oggi, non a caso misuratosi di recente anche con la Divina Commedia (Louis Andriessen). A fronte di tanta sintesi, e della forza di tali ingredienti, il risultato è però quello di un lavoro diluito e come disinnescato. Resa lode allicasticità di certi affondi armonico-ritmici di Andriessen e al suo uso sapientemente ludico di fiati e percussioni, resta poco di quella capacità dimmergere lesperienza onirica nel flusso del quotidiano che caratterizza molte pagine della Nin, e ancor meno di quella naturalezza con cui la scrittrice franco-americana sapeva esprimere nelle sue prose erotiche lemozione dei sensi. Siamo, piuttosto, nei paraggi dei nipotini di Schönberg, con la struttura per voce solista e strumenti che strizza locchio al Pierrot lunaire (rivitalizzato da Andriessen con innesti parajazzistici alla Weill e una passacaglia che fa tanto Wozzeck) e le lacerazioni da psicodramma femminile che rinviano implicitamente a Erwartung. Ma anche sotto questultimo profilo il teatro dopera contemporaneo ha saputo darci frutti ben più sostanziosi e illuminanti: basti pensare alla bellissima Das Gehege di Wolfgang Rihm (2006).
Nieuw Amsterdams Peil
Qui lutilizzo di stralci diaristici ed epistolari dà luogo a una drammaturgia di dubbia teatralità (nella stessa trappola cadde di recente Detlev Glanert, quando pensò di mettere in musica Il diario di Nijinsky), dove la sensibilità di Andriessen sembra occhieggiare, per empatia di musicista, più al padre-amante della scrittrice (il pianista e compositore Joaquín Nin: linserimento del pianoforte, nel piccolo ensemble richiesto dalla partitura, può esser letto anche come un omaggio a lui) che non alla scrittrice stessa. Il tutto montato in una sorta di “momenti della vita di Anaïs Nin”, dove gli altri illustri personaggi che transitarono nella sua camera da letto – lo psicanalista René Allendy che lebbe in cura, Antonin Artaud, Henry Miller – prendono la parola (per il tramite della voce fuori campo di Han Buhrs) in rapidi filmati, talvolta destinati a riavvolgersi allindietro come la zigzagante psiche della protagonista. Non resta spazio invece né per le oasi saffiche, che rappresentarono forse lunico momento gioioso dellinquieta vita sessuale di Anaïs, né per il rapporto tra la Nin e la musica, sebbene nel suo Romanzo del futuro avesse gettato i semi proprio per una proficua dialettica tra musica, pittura e letteratura.
Cristina Zavalloni
Priva nominalmente di un regista, la messinscena è spartana nellimpianto, con gli eccellenti otto strumentisti del Nieuw Amsterdams Peil collocati sul palco accanto alla protagonista, ma non sempre asciutta come il soggetto e la scrittura di Andriessen avrebbero desiderato: la Nin che allinizio, quasi a mo di avvertenza al pubblico, sbuccia e assapora una banana non è una metafora elegante. Lo spettacolo resta però di grande vitalità grazie al talento canoro (oltremodo duttile nellassecondare tutti gli impulsi ritmici della partitura) e alla fisicità nervosa (quasi scheletrica, eppure carnalissima) di Cristina Zavalloni. È la sua arte di cantante-attrice e attrice vocale a rendere memorabile la serata. E il fatto che si tratti di una prima assoluta commissionata dallAccademia Musicale Chigiana rende ottimisti sul fatto che un teatro musicale in Italia, di compositori italiani o meno, sia ancora possibile.
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