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Per vedere che faccia fa

di Manlio Santanelli
  Per vedere che faccia fa
Data di pubblicazione su web 03/05/2010  

La scena consiste in un solo ambiente dallo stile tardogotico (una sala della reggia di Elsinore). Pertanto, sarà sufficiente un principio di volta a vele…sulla parete di sinistra una porta e, in seconda quinta, una finestra a bifore…sulla parete di destra una porta e, in seconda quinta, un quadro a grandezza naturale: è il ritratto del Re Claudio…sulla parete di fondo un grande camino (spento)… l’arredo è ridotto all’essenziale: due poltrone alla parete di destra, tra la prima e la seconda quinta…Quelli che si segnalano per il loro numero sono altrettanti ritratti che riproducono fedelmente la testa effigiata nel ritratto a grandezza naturale… quando inizia l’azione il Capocomico e la Primadonna stanno sistemando i loro costumi...

 
 
Il castello di Elsinore
 

CAPOCOMICO E gli altri?

Lo guarda interrogativa…

CAPOCOMICO Gli altri della compagnia.

PRIMADONNA Nella sala accanto.

CAPOCOMICO Bene. Devono comprendere, una volta per tutte, che noi siamo diversi da loro… sempre pronti a battibeccare… a sputare in terra… a infastidire la servitù femminile… e a volte anche quella maschile…

PRIMADONNA Però sulla scena ci sono accanto.

CAPOCOMICO La scena e la vita non vanno mai confuse.

PRIMADONNA Sacrosanta verità!

CAPOCOMICO Del resto, non ti ho sempre detto che, quando reciti la parte di Ecuba che piange per la strage della sua famiglia, non devi pensare ad altro, ad esempio alla cena della sera, al viaggio del giorno dopo, a nostro figlio che ha preferito la Sorbona al teatro.

PRIMADONNA Povero ragazzo, chissà che starà facendo in questo momento…

CAPOCOMICO Il bighellone assieme ai suoi pari, dietro qualche gonnella…

PRIMADONNA Io, invece, lo vedo chino sui libri in vista del baccalaureato…

CAPOCOMICO Le madri, si sa… Del resto, è colpa mia. Meglio un altro mestiere, molto meglio.. I figli dei comici fanno sempre rimpiangere i padri. (poi in tono professionale) Il tuo costume nel "Re trasformato in mucca", piuttosto?

PRIMADONNA Lo sto riparando.

CAPOCOMICO Quando ci accadrà di fare bei soldini presso una Corte particolarmente prodiga, ne faremo confezionare uno nuovo.

PRIMADONNA Da un sarto fiorentino?

CAPOCOMICO Da un sarto fiorentino…

La Primadonna smette di cucire e guarda in aria, assorta in un suo pensiero…

CAPOCOMICO E ora perché ti sei fermata? Hai finito?

PRIMADONNA Penso a quei poverini, di là. Si sentiranno respinti come appestati.

CAPOCOMICO (duro) E così devono sentirsi. Se non hai pugno non tirano fuori il meglio di loro.

PRIMADONNA E se per rabbia, o che so io… mentre tu fai la tua tirata, catturano l’attenzione del pubblico con un lazzo, una capriola, uno sberleffo alle tue spalle?

CAPOCOMICO E perché credi che io li faccia uscire di scena prima di attaccare il mio assolo? E poi… nelle scene di massa… se qualcuno ha l’ardire di cambiare una battuta, io lo multo. Niente frutta, la sera.

PRIMADONNA Allora siamo tutti multati.

CAPOCOMICO Che dici, moglie? Intendi montare una rivolta sulle paghe? Vai, piuttosto, a vedere a che punto stanno.

La Primadonna esce…

CAPOCOMICO (rimasto solo) I comici!... Su mille se ne salvano tre. E poi si lamentano che è vietata loro la sepoltura in terra consacrata… Che pretese! Dopo una vita a bere, a giocare d’azzardo, a fornicare, vorrebbero anche andare in Paradiso!

Bussano alla porta…

CAPOCOMICO Avanti, prego!

Entra Amleto… ha un brogliaccio con sé… Il Capocomico gli va incontro…

AMLETO Come va, mio buon amico?

CAPOCOMICO Vi conosco?

AMLETO Mi conosci. Non mi riconosci, semmai.

CAPOCOMICO Aiutami… sai, alla mia età…

AMLETO Sono Amleto, il tuo grande estimatore.

CAPOCOMICO Amleto, certo! Ma come vuole che la riconoscessi, Principe. Ora è un uomo fatto. L’ultima volta che siamo stati qui lei non era che un giovincello, un giovincello che giocava con i soldatini.

AMLETO Ricordi male: ho sempre odiato la guerra.

CAPOCOMICO Allora con le pupazze…

AMLETO (contrariato) Con le pupazze giocano le femminucce, amico.

CAPOCOMICO Insomma giocavi.

AMLETO Ero un ragazzo, questo sì. Ma non tanto da non ricordare quella meravigliosa tirata che allora recitasti, ma che non fu gradita alle mille teste che ti ascoltavano.

CAPOCOMICO Forse era un po’ troppo dotta…

AMLETO Era caviale offerto alle scimmie. Come faceva? Aiutami a ricordare…

CAPOCOMICO Be’, di tirate in repertorio ne ho tante. Mi aiuti lei..

AMLETO Mi pare che iniziava così:" Lo scabro Pirro come belva arcana… No, non fa così.

CAPOCOMICO (aulico) Lo scabro Pirro di cui l’arme tetre / e, come i suoi maligni intenti, nere…

AMLETO Così, così!... Ti prego, amico, Vai avanti!

CAPOCOMICO Simili in tutto alla notte apparivano / mentre giaceva entro il fatal cavallo / ora ha coperto questi orrendi e foschi / colori, d’altra araldica, più atroce…

AMLETO Meraviglioso, sublime!

CAPOCOMICO E pure, Principe, lei ha detto che non ama la guerra.…

AMLETO Nella vita. La poesia è un’altra cosa.

CAPOCOMICO Vedo che lei non è cresciuto solo in altezza ma anche in arguzia.

AMLETO In arguzia, forse, anche di più. E’ l’unica qualità, di questi tempi, che ti aiuta a sopravvivere. Ma dimmi, in tanti anni, mentre io crescevo, tu che cosa hai fatto.

 


David Garrick nei panni di Amleto (1773)

 

CAPOC. Con la sua buona pace, Eccellenza, ho girato mezza Europa a capo della mia compagnia. E sempre con grande successo. Fuorché nel mio paese, dove preferiscono le compagnie straniere.

AMLETO E comunque ti vedo in ottima salute.

CAPOC. Mi difendo, Eccellenza. Acciacchi ne ho, ma quando recito me li dimentico:

AMLETO Magia del Teatro! Ma dimmi, qui a Corte ti hanno trattato come si deve agli artisti?

CAPOC. Secondo i nostri meriti.

AMLETO Per la verità, io ho dato disposizioni di accogliervi con attenzioni ben superiori. Se ognuno di noi dovesse essere trattato secondo i propri meriti nessuno sfuggirebbe alla forca!

CAPOC. Avverto circolare nelle vostre parole un umor nero…

AMLETO Non ci fate caso. E’ un po’ di giorni che la mia mente è piena di nuvole. Ditemi, piuttosto, cosa reciterete per noi, stasera.

CAPOC. Be’ come lei, Eccellenza sa, il nostro repertorio va dalla tragedia alla commedia, al dramma storico e pastorale, comico-pastorale, tragico-pastorale, tragico-storico, comico-tragico-storico-pastorale; a scena fissa o a mutanze illimitate; Seneca non troppo greve né troppo leggero Plauto… Nella commedia improvvisa, poi…

AMLETO Ecco quello che volevo sentirvi dire: la commedia improvvisa.

CAPOC. In verità, Eccellenza, e sempre col vostro nulla osta, noi ci eravamo preparati per rappresentare "Il Re tramutato in mucca", dell’abate…

AMLETO (interrompendolo) Ma, da quei maestri dell’improvvisazione quali voi siete, vi sarò sommamente grati se recitaste questo mio scenario (glielo passa). E, resti fra noi, la mia gratitudine, come acqua di fiume in piena, travolgerà gli argini della parola, per tramutarsi in oro sonante.

CAPOC. (vivamente interessato) Maestri dell’improvvisazione, come voi benevolmente ci avete definiti. Ma, se non oso troppo, amerei sapere di cosa si tratta… qual’è la trama di questo testo… quanti comici prevede…

AMLETO Vi prego di non anticipare il mio progetto. Sappiate che, or non è guari, il Re mio padre… un uomo al quale Iddio si era compiaciuto di donare bellezza e nobiltà di cuore, è morto.

CAPOC. Ci era giunta voce…

AMLETO Morto. Almeno questo si dice.

CAPOC. Perché, non è morto?

AMLETO Tra morire ed essere assassinati corre una distanza pari a quella che separa il sole dalla terra.

CAPOC. Assassinato?! Una cosi brava persona… (si corregge) Un Re tanto valoroso!

AMLETO E la corona è passata a suo fratello, che gli rassomiglia come una papera ad un uccello del Paradiso. Costui, non contento, dopo neanche un mese ha preso in moglie mia madre, la consorte di mio padre.

CAPOC. Neanche un mese? E il lutto vedovile?

AMLETO Al diavolo, il lutto vedovile. Economia, amico, economia. I resti del pasto funebre hanno rimpinguato il banchetto nuziale.

CAPOC. (professionale) Una storia dall’intreccio… teatrale, direi.

AMLETO Teatrale, sante parole!

CAPOC. Ma a voi, che sia stato assassinato, chi lo ha detto?


 


Jhann Heinrich Fussli, Hamlet, I, 4 (1796)

AMLETO Il fantasma di mio padre! Mi ha spiegato il come e il quando.

CAPOC: Se mi è lecito, Eccellenza, ora quanti anni avete?

AMLETO Venticinque, perché?

CAPOC. E alla vostra età credete ancora ai fantasmi?

AMLETO Dispongo di testimoni.

CAPOC. Oculari?

AMLETO Oculari.

CAPOC. Allora è tutto un altro dire. Ma… sempre se mi è lecito… sarebbe opportuno sapere in quale modo noi possiamo esservi utile. Altrimenti, entriamo in scena, e così come siamo entrati ce ne dobbiamo uscire.

AMLETO Troppo giusto. Ma come un esperto di liuto non arretra davanti ad una partitura elementare, così tu, amico, esprimi un’angoscia fuori misura. Il gioco scenico sarà come il salto della corda per un giovane incline a ben altre prodezze ginniche fisiche.

CAPOC. Sì, capisco, ma questa trama…?

AMLETO La trama, è vero. E’ presto detto: un uomo dalla testa coronata giace immerso nel sonno accanto al pozzo della Corte. Ne sentiamo il respiro pesante di chi è dolcemente cullato da Morfeo e…

CAPOC. … e russa.

AMLETO Respira in modo pesante, ho detto. I Re non russano.

CAPOC. Sulla scena. Ma nella vita…

AMLETO Non mi venite fuori con tali sofismi. Purché sia chiaro che è immerso in un sonno limaccioso come una palude. Quando, inatteso, compare un uomo con in mano una boccetta colma di un liquido nero. Fate attenzione al colore: deve essere ben visibile che è un liquido nero.

CAPOC. Un tossico?

AMLETO Esatto, amico.

CAPOC. Potremmo allora disegnare un teschio sulla boccetta. E’ un bell’effetto.

AMLETO Lasciate perdere gli effetti, che sono la rovina del buon teatro. Al pari dell’abbondanza di spezie su una pietanza già saporita di suo. E torniamo a noi. L’uomo, dopo essersi accertato che nessuno possa vederlo, si accosta al Re dormiente e gli versa nell’orecchio il liquido contenuto nella boccetta. Poi, rapido, si dilegua per la via da dove è entrato. A questo punto il Re si sveglia di soprassalto, si contorce atrocemente, affanna come assetato dell’aria che lo circonda, porta le mani al petto e si abbatte esanime. Sipario.

CAPOC. (cercando di non tradire il suo dissenso) Interessante: un regicidio, per dirla tutta.

AMLETO Un regicidio. E voi non sospettate neppure di quale crimine si sia macchiato quell’infame!

CAPOC. E la Regina?

AMLETO La Regina lasciamola fuori della storia. (assorto) Quando verrà il suo turno…

CAPOC. No, perché mia moglie, la Primadonna, quando non ha un ruolo di rilievo va su tutte le furie.

AMLETO E voi le direte che nel mio prossimo canovaccio sarà lei la protagonista.

CAPOC. Non abboccherà. Troppe volte…

AMLETO (sbrigativo, lo interrompe) Le condizioni sono queste. Altrimenti uscirete per la stessa porta dalla quale siete entrati. E prima di stasera, chiaro?

CAPOC. Come il sole che sorge e tramonta ogni giorno. Ma, se la mia curiosità non annerisce il vostro umore, potrei conoscere lo scopo che vi prefiggete da tale rappresentazione?

AMLETO Curiosi come le gazze, i comici!

CAPOC. Per entrare bene nei personaggi.

AMLETO (cupo) Tanto meglio se ne rimaneste fuori!…(poi naturale) Vi basti sapere che avrete per pubblico tutta la Corte, dignitari e personale da camera… Ma, più in vista di tutti, al centro della platea, il Re e la Regina.

CAPOC. Che è la vostra augusta madre, se la mia memoria non mi tradisce.

AMLETO (cupo) Mia madre, purtroppo.

CAPOC. Ho toccato un tasto dolente? Se così, credetemi, Eccellenza, non volevo…

AMLETO A voi comici, e in modo speciale a un maestro quale voi siete, è consentito utilizzare l’intera tastiera. Ma ora che il sole ha percorso un bel tratto del suo sentiero celeste, e già intravede la meta serale che gli concederà il meritato riposo, è tempo che vi diate da fare per essere pronti per la rappresentazione. Vi lascio, amico, ai vostri preparativi e torno ai miei travagli usati. (fa per uscire)

CAPOC. (bloccandolo) Un momento, Eccellenza!

AMLETO (dalla soglia) Ditemi, mio buon amico.

CAPOC. Ma voi..?

AMLETO Io me ne starò in un cantuccio. Ma avrò gli occhi puntati sulla Regina.

CAPOC. Sulla Regina?

AMLETO Per vedere che faccia fa. (esce)

CAPOC. (rimasto solo) Che vita, la nostra! Se avessi l’età di mio figlio mi iscriverei all’università come ha fatto lui. Notaio, o giureconsulto, o protomedico… Danari sonanti, nella propria dimora… Senza dovere scavalcare le montagne, attraversare i fiumi, imbarcarsi su legni periclitanti… E, una volta su tre, ricevere un ortaggio marcio in pieno viso! Ma la mia consorte perché indugia tanto?

Come evocata, entra la Primadonna…

CAPOC. Oh, alla buonora!

PRIMAD. Che cosa ti è successo, marito mio!

CAPOC. Perché?

PRIMAD. Una tela bianca delle Fiandre è meno bianca della tua faccia.

CAPOC. Vorrei vedere te nei miei vestimenti! Il programma è cambiato.

PRIMAD. Cambiato?

CAPOC. Cambiato, sei diventata dura d'orecchi?

PRIMAD. E lo scenario nuovo?

CAPOC. Eccolo! (e glielo porge)

PRIMAD. (sfogliandolo) Ma io cosa faccio? Non c’è il ruolo per me.

CAPOC. Ma la prossima volta…

PRIMAD. Non ti credo. In troppe circostanze…

CAPOC Potresti sempre fare il pozzo, volendo.

PRIMAD. Le tue facezie sono come il raglio di un asino durante la messa.

CAPOC. Non ti do torto. Ma se stasera, e i giorni che seguiranno, vogliamo mangiare, ebbene, questo passa la Reggia. Va’, piuttosto, ad avvertire gli altri.

La Primadonna esce…

CAPOC. Ai capocomici che verranno dopo di me: mai, dico mai, mettersi accanto la propria donna! O la vostra vita, sulla scena come fuori, sarà un serie di disgrazie con qualche sciagura.

Bussano alla porta…

CAPOC. Avanti, prego!...

Entra Ofelia, una ragazza dalle bionde trecce, timida, impacciata… ha con sé un brogliaccio… Si ferma sulla soglia…

CAPOC. Vieni, figliola. Non ti mangio mica. Anche se noi comici siamo noti più per la fame che per l’arte.

OFELIA (avanzando verso di lui) Non volevo arrecarvi troppo disturbo, Maestro.

CAPOC. Disturbarmi, voi?

OFELIA Seppure giovane e ignara di tante cose, so bene che agli artisti della scena non bisogna sottrarre tempo prima della…

CAPOC. E’ un sano principio. Ma farò un’eccezione per te.

OFELIA Vi sarò devota per sempre.

CAPOC. Per sempre? Lo ritengo un tantino esagerato. Ma nella vita "melius abundare quam deficere", dicevano gli antichi. In cosa questo vecchio ti può essere utile? Parla! Chi sei?

OFELIA La figlia di Polonio, il consigliere del Re.

Entra la Primadonna… Ofelia la accoglie con un grazioso inchino…

PRIMAD. La figlia di… Come sei cresciuta, bambina mia. Sei una donna, adesso.

OFELIA Mi conoscete, signora?

CAPOC. La conosci, moglie?

PRIMAD. Era una bimbetta alta quattro palmi, l’ultima volta che siamo stati ospiti in questo castello. E ora… Si vede che chi semina bene meglio raccoglie.

CAPOC. (ad Ofelia) Ma ancora non mi hai detto qual vento ti spinge fino a me. Così che io possa giudicare se è buono o cattivo.

PRIMAD. Chi?

CAPOC. (con un lieve fastidio) Il vento, moglie. (ad Ofelia) Allora, figliola?

OFELIA Mi concedete di essere sincera?

CAPOC. Non esiste concessione che ti farei più volentieri.

OFELIA Mi ero preparata a parlare con una sola persona. La grazia che devo chiedervi abbisogna di molta discrezione.

CAPOC. Ma lei (indica la Primadonna) è mia moglie. E quanto ti accingi a dirmi non uscirà da questa sala.

Ofelia indugia…

 


 John William Waterhouse, Ophelia (1910)

 

PRIMAD. Ho capito: devo uscire. (ad Ofelia) Ma prima ti avverto, figliola: il mio amato consorte, specie con chi gli chiede quanto stai per chiedergli tu, è di mano lunga, molto lunga…

OFELIA Rispettosamente, a me le sue mani mi sembrano tanto lunghe.

CAPOC. Fate capire qualcosa anche a me?

La Primadonna gli si accosta e gli parla all’orecchio…

CAPOC. Ci siamo: la solita storia! Non posso recarmi in nessun luogo senza che qualche giovane, uomo o danna non mette conto, non mi chieda di mostrarmi il suo talento comico. Ignorando di quanti disagi – e dico poco - è lastricato il nostro cammino. Avanti, purché tu sia rapida: Che cosa vuoi farmi sentire? Che cosa hai preparato?

OFELIA Con il vostro permesso, Maestro, mi avete frainteso.

CAPOC. (risollevato) Meglio così. Allora?

OFELIA Dovete sapere che or non è guari sono uscita di convento, dopo aver appreso quanto s’addice ad una giovane di buona famiglia qual’io sono. C’è, però, una cosa a cui era severamente vietato anche di pensare soltanto.

CAPOC. Vale a dire?

OFELIA L’amore.

CAPOC. (imbarazzato) Be’, non ti nego che nella mia vita di comico, e ancor più di capocomico, ne ho combinate di cotte e di crude. Canterine, servette, e anche qualche dama dai facili costumi… Ma esserti maestro nella materia che dici non mi è proprio possibile, vuoi per il rispetto che porto a tuo padre, vuoi perché con quella lì (e indica la porta) alle calcagna sempre giorno e notte, notte e giorno… Qualche toccatina, ecco a cosa s’è ridotto questo vecchio Adone!…

OFELIA Niente di tutto ciò. E perdonate il mio verginale rossore…

CAPOC. Continua, allora.

OFELIA Uscita che fui dal convento, mio padre mi volle presso di sé in questa Reggia.

CAPOC: E il suo volere sta ad indicare che è un uomo probo e di sani principi, nonché un padre amoroso.

OFELIA Ne convengo, Maestro. Ma oltre agli insegnamenti che volle impartir mi perché mi comportassi a Corte in maniera ineccepibile, avrebbe dovuto dirmi…

CAPOC. Dirti..?

OFELIA Dirmi che tra queste antiche e maestose mura vive un giovane… un giovane bello come pochi. Il Principe Amleto.

CAPOC. Ah, il Principe! L’autore di…? (si blocca in tempo)

OFELIA (curiosa) L’autore di…

CAPOC. Non farci caso, figliola. Alla mia età a volte la mente vacilla, si confonde, inciampa in altri ricordi… Ma non mi è chiaro perché vivere sotto lo stesso tetto del Principe costituisce un problema per te, una sorgente di affanni.

OFELIA Al contrario: Io mi considero pervenuta in Cielo già prima della morte. Ma il Principe è sempre melanconico, uggioso, ipocondriaco. Quando mi incontra per le gallerie del Palazzo mi ferma, mi guarda fisso negli occhi, sembra addolcirsi come a volermi dire qualcosa di tenero, di confidenziale, di amorevole… Ma all’istante si incupisce, mi scosta via con maniere poco principesche e "Va’ in convento!", mi grida. Io ne sono appena uscita…Egli prosegue per il suo cammino. Io non desidero che vederlo sorridere. Almeno una volta. Darei la mia vita per alleviare le sue pene.

CAPOC. Ne sei innamorata, è chiaro come la luce del sole.

OFELIA Innamorata? Io sono ancora troppo piccola per una parola così grande!

CAPOC. Andiamo, Ofelia! Alla tua età la natura, che dispone di tutto e fa fiorire gli alberi quando è giunto il loro tempo, sospinge il tuo animo verso un simile sentimento. E tu non sei più una bambina che gioca con le bambole. Lo vedo con questi occhi. Hai già tutti gli attributi che… (indica il petto, la forma dei fianchi, poi si controlla) Be’, se vuoi il modesto parere di un vecchio che ne ha fatto di…

OFELIA Di cotte e di crude.

CAPOC. E tu che cosa ne sai, figliola?

OFELIA Lo avete detto testè. Anche se mi risulta oscuro il senso.

CAPOC. Insomma, a mio avviso dovresti essere tu a favorire questo legame. Prendere l’iniziativa, fare la prima mossa come un giocatore di scacchi a cui sono stati assegnati i pezzi bianchi.

OFELIA Io fare la prima mossa? (si segna)

CAPOC. E allora, cara mia, rassegnati al ruolo di una rosa che appassisce sullo stelo perché nessun giardiniere la coglie.

OFELIA Col suo riverito permesso, Maestro, voi quale rimedio al male mi prospettate il peggio.

CAPOC. Che ne dici se proseguiamo questo dialogo dopo la recita? Eh!... (tra i denti) Quando si presentano i problemi? Sempre prima di andare in scena.

OFELIA Come volete lei. Ma c’è qualcosa che non vi ho detto. Qualcosa che mi angustia e non mi fa godere della luce del sole, del profumo dei fiori, del canto degli usignoli…

CAPOC. Parla, allora. Ma una cortesia: senza oscuri giri di parole.

OFELIA (decisa) Il Principe è scorbutico nei miei riguardi, ma quando è in compagnia del suo amico Orazio ride, scherza, ammicca… E così anche l’altro. E poi il Principe gli passa il braccio sulle spalle e vanno via, vanno via chissà dove!

CAPOC. E’ un suo caro amico. E, si sa, in gioventù con gli amici si è più sinceri che non con le donne.

OFELIA Amico? (titubante) Io, viceversa, penso che… (si blocca) No, sento che la pudicizia mi serra la gola e mi rende impossibile continuare.

CAPOC. E invece dovresti. Altrimenti abbiamo solo perso tempo.

OFELIA Io penso che siano più che amici.

CAPOC. Che vorresti insinuare?... (battendosi la fronte) Ah, ora capisco! Tu vorresti dire che egli, per una inclinazione naturale, preferisce gli uomini alle donne?

Ofelia abbassa la testa fino a toccarsi il petto col mento…

CAPOC. Però! Nel convento da cui provieni qualcosa sull’amore vi hanno pure insegnato!

OFELIA In ogni scuola c’è sempre un’allieva che ne sa più del diavolo.

CAPOC. In questo caso vuoi il mio modesto parere? Lascia perdere il Principe Amleto e dedica i tuoi pensieri ad un giovane che sappia far tesoro delle grazie di cui la natura ti ha dotato.

OFELIA Ma io vorrei fare un ultimo tentativo. Per evitare che poi la coscienza mi rimorda tutta la vita. Per questo, vi ho cercato, Maestro. (gli mostra il brogliaccio che ha sotto il braccio)

CAPOC. Di cosa si tratta?

OFELIA Voi siete noti per la vostra abilità di comici sempre pronti ad improvvisare.

CAPOC. Corrisponde alla verità, alla sacrosanta verità.

OFELIA E allora leggete.

CAPOC. Ma questo è uno scenario!? Non mi dire che…

OFELIA Non oso sperare. E tuttavia non oso non sperare. Voi dovrete inscenare la seguente azione. In una sala un giovane triste e biondo come il Principe è a colloquio con una figliola dalle trecce come le mie. Il giovane è sulle spine, non vede l’ora di porre termine a quel ‘rendez-vous’. La giovane lo trattiene per il giustacuore. Il Principe si divincola. Quando giunge un altro giovane. I due si salutano baciandosi sulle guance e, avvinghiati l’uno all’altro, se ne vanno ridendo felici. Rimasta sola, la figliola li segue con lo sguardo e poi scoppia in un pianto disperato.


Henrietta Rae, Ophelia (1890)
 

CAPOC. Hai del talento, mia cara. Ma tu, sempre ammesso che io accetti di recitare questo tuo scenario...

Senza farlo finire, Ofelia gli lancia una borsa tintinnante…

CAPOC. (afferra la borsa, poi deciso) Quando reciteremo, tu dove sarai?

OFELIA In mezzo al pubblico. Ma in una posizione dalla quale poter guardare il Principe.

CAPOC. E perché?

OFELIA Per vedere che faccia fa.

CAPOC. Mi hai convinto. (tra i denti) Quando si dice che la donna può far crescere gigli nel deserto…Va’, va’ tranquilla, figliola.

Ofelia fa un grazioso inchino ed esce…

CAPOC. E di quell’altro scenario cosa ne faccio? Semplice, lo useremo come materiale da ardere nelle lunghe sere d’inverno. Nessuno potrà accusarmi di aver sottratto alle delizie dei posteri un capolavoro. E…

Entra la Primadonna…

CAPOC. Ah, brava, capiti a proposito, come la pioggia dopo la siccità. Anzi, sei anche un tantino in ritardo… Altrimenti…

PRIMAD. Mi vuoi dare il tempo di avvertire la compagnia che è cambiato il programma?

CAPOC. Altrimenti avresti sentito con le tue orecchie che il programma è cambiato un’altra volta (e le porge il brogliaccio)

PRIMAD. Ah, no, non riuscirai a convincermi.

CAPOC. Io, magari, no. Ma questi penso proprio di sì. (e le mostra la borsa tintinnante)

PRIMAD. Corro! (ed esce)

Rimasto solo, il Capocomico armeggia con i vari costumi per cercarne uno adatto…

CAPOC. Certo che, per essere una educanda di fresco uscita da un cenobio di ingenue monacelle, ne sa anche più di quanto occorre… (si prova una parrucca bionda, poi si rimira ad uno specchio portatile)

Bussano contro il muro… Il Capocomico si gira per capire da dove proviene quel suono... Bussano ancora…

CAPOC. Avanti, prego!

Da un varco ben mimetizzato dietro il grande quadro, con una vistosa corona sul capo e un brogliaccio tra le mani, entra il Re Claudio…

CAPOC. Maestà!

CLAUDIO Maestro, con il vostro permesso. (avanza di qualche passo)

CAPOC. Maestà! Quale onore! (e si inchina quasi a toccare il pavimento con la fronte)

CLAUDIO Mi scuserete se non faccio altrettanto. Temo che mi caschi la corona.

CAPOC. Dio non voglia: togliersi la corona per la mia umile persona… Ma, se così fosse, non vedo il problema.

CLAUDIO Non lo vedete? E già, voi siete soltanto un comico, anche se di gran fama.

CAPOC. Nell’infausto caso, potreste sempre raccoglierla e riporla sul vostro regale capo.

CLAUDIO Volesse il cielo!

CAPOC. Anche voi soffrite di schiena fissa? Io non posso chinarmi più di tanto. (e fa un mezzo movimento in avanti)

CLAUDIO Siete fuori strada, Maestro.(grave) E’ che quando una corona cade dal capo di un Re, quasi mai vi fa ritorno. (viene avanti) Posso parlare come ad un fratello?

CAPOC. (vivamente preoccupato) Un vostro fratello? Per l’amor di Dio! Facciamo un cugino. (poi per rimediare) Nasco da umili lombi, come potrei…

CLAUDIO La lealtà non si misura con il metro della nobiltà. E come un uccello dalle penne di tutti i più splendidi colori può fare il nido su un semplice sorbo, così la lealtà può annidarsi in un animo semplice .

CAPOC. Credo di avere inteso che una corona di spine accerchia il vostro regale cuore.

CLAUDIO Avete colto nel centro. (quasi sussurrando) Il mio trono vacilla. Come se avesse una gamba più corta dell’altra.

CAPOC. Avete provato con uno zeppo?

CLAUDIO (risentito) Fate dell’ironia? E sulla mia pelle? Chi vi dà tanto ardire!?

CAPOC. Perdono, Maestà (si inginocchia) Perdono! Una deformazione professionale… E io, ahimé, sono naturalmente ironico.

CLAUDIO Alzatevi! Siete perdonato. Ma a patto che mi diate ascolto senza interrompermi.

CAPOC. Parola di Capocomico.

CLAUDIO Preferirei di buon cristiano.

CAPOC. Parola di buon cristiano.

CLAUDIO Voi non potete immaginare quante tribolazioni per ascendere dove sono asceso io!

Il Capocomico fa per dire: lo so…

CLAUDIO (duro) Il giuramento!

Il capocomico fa l’atto di cucirsi la bocca…

CLAUDIO Si suol dire:" Cosa non si fa per l’amore!" E invece bisognerebbe dire:" Cosa non si fa per il potere!"… Ma non è nei miei intenti soffermarmi per aggiungere messi di tedio alla piantagione di ansie che un artista è costretto a dominare prima di ogni sua esibizione. Ragion per cui, sarò breve.

Malcelato sospiro di sollievo del Capocomico…

CLAUDIO Avete da sapere che a Corte sostano sovente due giovani di ottima porsàpia, amici del mio figliastro Amleto. Ebbene, costoro mi chiedono sovente di potersi allontanare da Elsinore per recarsi a proseguire i loro studi a Londra.

Il Capocomico mugola…

CLAUDIO Vi urge dire qualcosa? Parlate, dunque.

CAPOC. E’ che in ciò non vedo nulla di male.

CLAUDIO Perché in barba al giuramento non avete controllato la vostra impazienza. Tacete e ascoltate. Uno di costoro, che risponde al nome di Rosencrantz, è stato visto più volte negli appartamenti della Regina. Lunghi colloqui che mal si conciliano con la necessità che il giovane adduce, ossia lo studio presso l’ Università di quel luogo. Chi me lo ha detto? 
 


Daniel Maclise, La scena ritrae la colpa di Claudio
 

Il Capocomico fa un gesto come per dire: io non vi ho chiesto niente…

CLAUDIO Sappiate allora che l’Inghilterra è legata a noi da un trattato di amicizia, di non aggressione reciproca. (quasi urlando) Ma… ma nelle vene di quei barbari scorre il sangue della espansione territoriale. Quanti sono: cinque milioni? Ebbene, dieci milioni di occhi sono puntati sull’Europa, e quasi tutti sul nostro Paese. Io non ho motivo di sospettare del Re. E’ un pacioccone a cui piace gozzovigliare tra cibi rari e vini pregiati, toccare il fondoschiena delle dame compiacenti, e la sera, prima di addormentarsi far quattro tiri con la sua pipetta di schiuma. La spina nella mia nobile carne è la Regina inglese. Non fidarsi mai delle Regine, ecco il mio motto!

Il Capocomico alza il dito per poter parlare…

CLAUDIO Dite pure, adesso.

CAPOC. Com’è questa Regina, giovane, vecchia?

CLAUDIO Di un’età di mezzo. Ma bene in carne, devo riconoscerlo.

CAPOC. Con il vostro augusto consenso, non vedo niente di pernicioso per voi nei colloqui, per quanto segreti essi siano, di un giovane danese con una Regina anglosassone. E’ un rovello che dovrebbe albergare nella mente del suo legittimo consorte, semmai.

CLAUDIO Si vede che siete un artista. E come tutti gli artisti conoscete la malizia, ma la praticate soltanto sulle tavole del palcoscenico. Non vi sfiora neanche la vipera del sospetto che io, messo da Dio… (ci ripensa) sì, insomma, giunto al trono, abbia trascurato di seminare informatori presso tutte le Corti dei Paesi limitrofi.

CAPOC. In fede mia, augusta Maestà, ne sapete più di Minosse e Astarotte sottobraccio!

CLAUDIO (vanaglorioso) Astuzie del Potere. Voi avete le vostre. Io le mie.

CAPOC. Noi, per la verità non abbiamo il Potere, ma semmai l’arte.

CLAUDIO E allora diciamo astuzie dell’arte del Potere. Ma lasciatemi seguitare. Questo mio informatore mi ha inviato un dispaccio nel quale, con parole coperte dal velo dell’ambiguità, mi ha fatto intendere che il giovane Rosencrantz e la polposa Regina si trattengono lunghe ore a colloquio, e sempre sullo stesso argomento: come realizzare nel migliore dei modi, vale a dire senza lasciarsi dietro vedove e orfani sia inglesi che nostrani, l’invasione del nostro Paese. E io… io che ho fatto Dio sa cosa per questa qui (si toglie la corona dal capo e, piangendo, l’accarezza) Di proposito esiste quel cunicolo

CAPOC. Ah, volevo chiedervelo. Perché siete entrato di là?

CLAUDIO Per non dare nell’occhio.

CAPOC. Ah, per questo lo avete fatto costruire...

CLAUDIO In verità, esiste da tempo. E la sua funzione risiede nel portare, correndo sotto terra, fino ad una distanza di sicurezza. Dio non voglia, nel caso di un assedio…(ora singhiozza addirittura)

CAPOC. E se, Dio continui a non volere, venite colto in un’altra ala della Reggia.

CLAUDIO Per tale evenienza ho provveduto io. Ho fatto scavare, dietro ogni mio grande quadro, presente in ogni ambiente, un piccolo passaggio che si ricollega con il cunicolo segreto. (tira fuori un fazzoletto che presenta, ben visibile la scritta. Viva il Re, e si asciuga gli occhi)

CAPOC. Su, su, Maestà! Non vi lasciate scivolare nel precipizio della disperazione. Oltretutto, questa vostra spia…

CLAUDIO Informatore!

CAPOC. …informatore come è venuto a conoscenza di un tale progetto? Prima mi avete detto che i due colloquianti si guardavano bene dallo scambiarsi i loro intenti "coram populo". Non potrebbe aver mentito?

CLAUDIO E perché avrebbe dovuto?

CAPOC. Non so. Magari per… (chiede il permesso) Azzardo?

CLAUDIO Azzardate.

CAPOC. Magari per fornire una giustificazione al lucro che gli viene dal continuo allungare le orecchie. Perché non lo fa mica per dedizione a Sua Maestà, opino.

CLAUDIO Opinate bene. Ogni mese tali… funzionari mi costano quasi metà delle rendite fiscali.

CAPOC. Come vedete, Maestà, anche i comici vivono nel mondo, e del mondo conoscono il bene e il male.

CLAUDIO No, le sue informazioni sono più che sicure. Egli, in ossequio alla Ragion di Stato, è riuscito ad entrare in confidenza con la prima camerista della Regina. Una confidenza, intendetemi, che si affida soprattutto alle tenebre della notte.

CAPOC. E ad un buono strato di lenzuola e coperte.

CLAUDIO Appunto. E vi sarà noto, a giudicare dal vostro capo canuto, che l’essere che risponde al termine di femmina, in certi particolari momenti, non si perita di rovesciare il calice delle indiscrezioni in suo possesso.

Il capocomico si gratta la testa e guarda nel vuoto…

CLAUDIO In qual pensiero è occupata la vostra mente?

CAPOC. Se posso osare, Maestà, non vi è rimasto vacante un posto di… informatore? Danari, femmine…

CLAUDIO Sì, e poi io sarei tanto pollo da insediare in un ufficio così delicato un comico; quando è noto che voi comici, per fedeli che siate, non siete capaci di tenere una bacca in bocca.

CAPOC. Non badate a quel che dico. L’età, a volte, mi è cattiva consigliera, sussurrandomi facezie più adatte alla scena che alla vita. Ma, se la vostra visita non si limitava ad un gesto di amabile ospitalità… sono ben conscio che non meritiamo tanto… potrei sapere in cosa posso esservi di ausilio?

CLAUDIO Ecco parole destinate a non essere portate via dal vento. Prendete. (e gli consegna il brogliaccio che ha con sé) Mi spiace, la calligrafia non è la mia migliore virtù. Ma voi…

CAPOC. Noi siamo in amistà con ogni tipo di scrittura… Ma di che cosa si tratta?

CLAUDIO Le domande, se tale facoltà mi spetta in virtù di questa (e indica la corona) le faccio io, d’accordo?

Il Capocomico fa un cenno di riverenza…

CLAUDIO Che avevate preparato per la recita di stasera?

CAPOC. A dire il vero, noi…

CLAUDIO (interrompendolo in modo perentorio) Bene, reciterete quello. (e indica il brogliaccio) E’ una novità. E io ne sono il modesto autore.

CAPOC. Ma, Sire, mancano poche ore alla sera. E noi…

CLAUDIO Siete o non siete la compagnia, da qui a mille miglia, più abile nella commedia improvvisa?

CAPOC. Senza sottrarre merito a Vossignoria, ebbene possiamo vantarci di tanto.

CLAUDIO E allora sarà un successone! Ma qualche cenno sulla trama. Una sala che dia l’idea di un appartamento reale… Seduti a due lussuose…

CAPOC. Sono costretto ad interrompervi, Maestà. A costo di venire decollato. Noi non abbiamo elementi scenici così preziosi, e dunque…

CLAUDIO ..e dunque sarà mia cura procurarveli. Ma ascoltate. Seduti a due lussuose poltrone la Regina inglese e il giovane, a colloquio, tracciano alcuni cenni su una mappa che non sarà arduo identificare come la mappa del nostro amato Paese. Nascosta dietro una tenda, la camerista della Regina non si lascia sfuggire una sola parola. Cambio scena. Siamo nell’appartamento della camerista… Un letto…


Watteau Antoine, Commedianti italiani (1710-1720)

 

CAPOC. Un cambio scena?

CLAUDIO Problemi?

CAPOC. Per noi, no. Per il pubblico, che dovrà attendere.

CLAUDIO Perché?

CAPOC. Perché dovremo togliere l’arredo regale, e portare in scena il letto. E tutto questo dopo avere spento le luci. E il buio in teatro, a mio modesto avviso, interrompe la continuità della trama… il pubblico distoglie la sua attenzione fino ad allora puntata sulla scena… e gli stessi attori si deconcentrano… Pensate ad un cacciatore che mentre sta sparando ad un’ anatra solferina, viene a sapere che sua moglie ha partorito. Magari non corre al suo capezzale, ma la prossima anatra di certo la mancherà.

CLAUDIO Non avete tutti i torti. Ma usatemi la benevolenza che si deve a chi, come me, è alla sua prima prova di scrittura. E non conosce…

CAPOC. A meno che…

CLAUDIO A meno che?

CAPOC. Non si fa questo cambio a vista.

CLAUDIO E sarebbe?

CAPOC. Senza spegnere l’illuminazione.

CLAUDIO (entusiasta) A vista, a vista!... Anche per un’altra ragione. Chi non è aduso all’arte scenica potrà far tesoro della fatica che è contenuta in essa, come l’anima nel corpo!

CAPOC. Ben detto, Maestà. Ma voi…

CLAUDIO Io?

CAPOC. Voi cosa farete mentre noi recitiamo? Dove sarete assiso?

CLAUDIO In mezzo al pubblico, e accanto a me la Regina. Democrazia, Maestro, democrazia! Almeno a teatro. Però mi scuserete se non seguirò l’azione.

CAPOC. E come mai?

CLAUDIO Sarò troppo occupato a fissare il giovane Rosencrantz. Per vedere…

CAPOC. … che faccia fa.

CLAUDIO Anche indovino?

CAPOC. Anche indovino.

CLAUDIO Siete stato allievo del sommo Nostradamus?

CAPOC. Sono stato allievo della vita. E vi assicuro: non c’è maestra migliore

CLAUDIO Tutto chiaro?

CAPOC. (poco convinto) Diciamo di sì.

CLAUDIO Sarete più convinto quando stringerete nelle mani questa. (e gli lancia una borsa tintinnante)

CAPOC. (afferrata la borsa) Un successone, Maestà!

Il Re se ne esce dal cunicolo attraverso il quale è entrato…

CAPOC. (rimasto solo, sfoglia il brogliaccio) Bravo chi ci capisce qualcosa! Che cos’è, ostrogoto? Dovremo sudare sette camicie per far intendere il senso di questo scenario! Ma quando verrà il tempo in cui i poeti scriveranno anche le battute, e i comici non dovranno fare altro che impararle a memoria?!

Entra la Primadonna…

CAPOC. Vieni, vieni, angelo mio!

PRIMAD. (avanzando) Che è successo ancora, in mia assenza?

CAPOC. E tu come fai a sapere che è successo qualcosa?

PRIMAD.. Mi hai detto ‘angelo mio’. Quando mi dici così avverto aria di tempesta.

CAPOC. E di una tempesta si tratta. Di là tutto pronto?

PRIMAD. Tra non più di cinque minuti potresti dare inizio alla recita.

CAPOC. Quale recita?

PRIMAD. Quella dei due giovin signori… (e fa un cenno per dire che se la intendono)

CAPOC. Bene, allora torna dentro e avvertili che il programma è cambiato.

PRIMAD. (sobbalza) Ancora?!

CAPOC. (sull’orlo della disperazione) Ancora!...

PRIMAD. I nostri erano già alquanto contrariati. Ora ci sarà una rivolta!

CAPOC. (lanciandole la borsa) Non c’è rivolta che non si possa sedare con questi.

PRIMAD. (soppesando la borsa) Non hai del tutto torto, marito mio.

CAPOC. Ma tu, quella, gliela devi far solo vedere. Starà a loro intendere che, se seguiranno le mie disposizioni, non ne ricaveranno altro che vantaggi.

PRIMAD. Non intendi dargli neanche un anticipo?

CAPOC. (ironico) Idea geniale! Così spariscono, e poi vagli a mettere il sale sulla coda.

PRIMAD. Diranno alle tue spalle che come te non c’è al mondo nessuno più stretto di manica.

CAPOC. Avaro?

PRIMAD. Avaro.

CAPOC. Meglio. Quando il capocomico è avaro i comici sulla scena danno il meglio di se stessi.

PRIMAD. Ma dovrò pur indicare loro quale sarà la recita effettiva…

CAPOC. Senza dubbio. Ecco qui. (le passa il brogliaccio)

PRIMAD. (sfogliandolo) Un cambio di scena?

CAPOC. A vista, non c’è problema.

PRIMAD. Ugualmente protesteranno.

CAPOC: E tu annuncia che ci sarà una maggiorazione sulla paga serale. La protesta rientrerà prima ancora di iniziare. Vai…

PRIMAD. (uscendo, continua a sfogliare il nuovo testo) Una Regina! Finalmente! Da quanto tempo non faccio una Regina…(esce)

CAPOC, (rimasto solo) Bisogna che mi concentri su questa rappresentazione. Altrimenti quelli di là mi vedranno incerto e addio disciplina! In ogni caso, poco male. Quando un capocomico non ha le idee chiare è sufficiente che mostri il contrario, e anche in maniera più convincente. La compagnia…

Bussano alla porta… Il Capocomico si fa il segno della croce…

Bussano ancora…

CAPOC. Avanti, prego.

Entra la Regina… ma lo strascico le si impiglia nella porta…

CAPOC. Maestà!... Graziosa Maestà, lasciate che vi aiuti. (e si precipita)

Armeggiano assieme per liberare lo strascico…

GERTRUDE Queste vesti regali!... Come invidio le donne comuni, con i loro abitucci semplici semplici. Ma "sovranité oblige"!

Liberato lo strascico il Capocomico fa strada alla regina…

CAPOC. Vogliate accomodarvi qui, Mia Signora. Non è comodo come il trono ma…

GERTRUDE …ma per buona sorte io non trascorro la mia vita assisa sul trono. (poi con apprensione) Maestro, la pace del mio cuore è riposta nelle vostre mani.

CAPOC. E per me è un onore immenso. E chiaro come un cielo d’estate. Ma c’è una nuvola ostinata, che nessun vento riesce a portar via: sarò all’altezza di quanto mi chiedete?

GERTRUDE Lo sarete, lo sarete. Ma, beninteso, che il Re mio consorte non sappia mai di questa mia sortita!

CAPOC. Se nessuno vi ha visto venire…

GERTRUDE E chi avrebbe dovuto? Ho scelto la galleria personale.

CAPOC. Non lo so, qualche… informatore.

GERTRUDE Informatore? Non vi intendo.

CAPOC. Dimenticate quanto ho detto. Alla mia età, a volte, si parla a sproposito. Quanto alla segretezza della vostra presenza in questa sala, fate conto che stiate in un avello… sì, insomma, è come se non ci foste, ecco.

GERTRUDE Ma se non ci fossi, come potrei parlarvi?

CAPOC. In senso figurato, perdonatemi. E veniamo al motivo per il quale avete scomodato la vostra persona venendo qui.

GERTRUDE Mi vedete corrucciata?

CAPOC. (osservandola bene) Giratevi di qua… Di qua… Ora guardatemi fisso… Non direi.

GERTRUDE (irritata) Siete un medico o un comico?

CAPOC. Non parlo più.

GERTRUDE Anche perché tocca a me parlare. E fin troppo! Avete da sapere, Maestro, che io ho una spina che mi duole notte e giorno.

CAPOC. Una rosa del vostro giardino?

GERTRUDE Anche noi sovrani parliamo sovente in senso figurato. Trattasi di una spina nel cuore!

CAPOC. E chi… diciamo… ve l’ha conficcata?

GERTRUDE (con la voce rotta) Mio figlio!

CAPOC. Il Principe Amleto?

GERTRUDE Lui!

CAPOC. Mia Sovrana, io comprendo il vostro cruccio, ma, pur non avendo una diretta esperienza di figli principi, posso esservi di conforto dicendovi che alla sua età i giovani hanno altro per la testa, che pensare alla madre. I compagni, la caccia, le prime frecce con cui li colpisce Amore…

GERTRUDE Ma voi, Maestro, scambiate Parigi con Londra! Al contrario, il mio bambino… beh, il mio figliolo mi soffoca con il suo affetto.

CAPOC. E di che vi lagnate, se posso osare? Amore filiale: cosa c’è di più nobile, di più angelico, di più… In un mio scenario, "La madre, il figlio e il ladrone", nel momento in cui quest’ultimo… il ladrone… sta per pugnalare la madre, il pargolo lo apostrofa così: "Deh, ladron, perché mi levi / l’amorosa mia mammetta? / Se qualcuno ancider devi / ecco, ancidi Elisabetta!"

Gertrude mostra di non aver capito…

CAPOC. Elisabetta è una bimba brufolosa e con un principio di gobba, che i genitori gli hanno destinata in moglie.

Laurence Olivier in una scena dell'Amleto

GERTRUDE (irritata) Ora parlo io. Voi, Maestro, limitatevi ad ascoltare.

CAPOC. (remissivo) Sia fatta la vostra volontà.

GERTRUDE Come vi stavo dicendo prima che mi interrompeste con le vostre… tirate… io convengo che mi comporto contravvenendo ad una legge di natura. Ma è la stessa natura che istruisce ogni uccello ad allontanare da sé, quando è giunto il momento, la sua nidiata. E perché? Perché apprenda a volare con le sue ali, a procurarsi il cibo senza l’aiuto della madre che lo imbecchi, senza… Insomma, fatevi per un istante partecipe del mio rovello. Vivere con un figlio, già in età da moglie, sempre attaccato alle vostre sottane, sempre a due passi da voi… Nel parco, nella Corte, persino nel gabinetto di decenza. Tanto da costringermi ad urlare:" Amleto, fuori!" Ma più urlo, più mi pento di trattarlo con malagrazia. E più lui torna alla carica con i suoi bacetti, le sue moine, le sue imbarazzanti carezze. L’altro giorno mi ha chiesto… Chiesto? Ma che dico: mi ha implorato di mostrargli…

CAPOC. Se Sua Maestà non ha l’ardire…

GERTRUDE Ho cominciato e andrò avanti… Di mostrargli il seno con il quale gli ho dato latte.

CAPOC. Beh, convengo con Sua Maestà che la situazione è alquanto delicata. Ma, a mio modesto avviso, il suo esorbitante attaccamento è una prerogativa di quei giovani…sì, di quei giovani destinati dalla natura ad avere in uggia le nozze, prediligendo di gran lunga la compagnia degli amici e…

GERTRUDE (lo interrompe con perentorietà) Volete sostenere che il Principe ha deviato dalla rotta pertinente al suo sesso?!

CAPOC. (umilmente pronto) Lungi da me un simile sacrilego pensiero! (poi tra i denti) Signore Iddio, fammi cadere la lingua se dico più dello stretto necessario.

GERTRUDE (tragica) Ma non è tutto!

CAPOC. Vi ascolto.

GERTRUDE Quando dicevo che mi cinge d’assedio notte e giorno ero veritiera. Ogni notte, quando il mondo cede al meritato sonno per risvegliarsi ristorato il giorno seguente, èccotelo bussare alla nostra camera nuziale. E voi sapete che io da poco ho convolato a nuove nozze, dunque… Sì, io e il mio regale consorte non precipitiamo nel sonno appena sotto le coltri. La natura…

CAPOC. S’arresti, sua Maestà. Non una parola di più. Noi comici… Siamo rimasti alle bussate del principe. Abbiate la compiacenza di seguitare.

GERTRUDE Dunque, sulle prime io lo lascio fare, ignorando sia le sue bussate che le bestemmie del mio consorte. Ma poi devo aprirgli, altrimenti butta giù la porta. "Che cosa c’è, Amletino mio? " Non riesco a prender sonno, mammetta". "Ordina alla servitù un bel decotto, e vedrai…" "Ne ho già mandati giù sette o otto. E ho fatto una pipì che pareva un fiume". E, prima che io possa fermarlo, si va a infilare nel nostro talamo nuziale, e con una tale ostinazione che non ci rimane che cedere. E la notte passa in qualche modo con lui beato tra il suo patrigno, che si addormenta facendo una strage di santi con le sue bestemmie, e io con gli occhi spalancati, intenta a scacciare dalla mente quello che mi ha detto il protomedico.

CAPOC. E che vi ha detto, Maestà, il protomedico?

GERTUDE Perché voi intendiate, sono obbligata a fare un passo indietro con il mio racconto.

Il Capocomico alza gli occhi al cielo…

GERTUDE Amleto poteva avere sì e no dieci anni. Un giorno, io e il mio defunto consorte demmo una gran festa. Sorvolo sul blasone degli invitati e sul lusso degli arredi. Sono astretta, comunque, a comunicarvi un dettaglio: per l’occasione feci tirar fuori i migliori servizi da pranzo. In particolare un servizio di centoventi bicchieri di Murano, istoriati con scene campestri in oro zecchino, dono del Langravio di Assia. Eravamo al termine del convivio, quando Amleto, fendendo l’aria con una spada di legno, non va a centrare uno di quegli inestimabili utensili? Davanti ai mille pezzi che un attimo prima erano stati il centoventesimo bicchiere, impallidii, divenni cerea! Poi il demone dell’ira si impossessò di me bendandomi gli occhi, e più ancora la mente. Colpii con un ceffone il fanciullo!.. Non avevo mai alzato le mani su di lui. Risultato: svenne e rimase in letto per venti giorni con un febbrone da cavallo. Più lo si sottoponeva a salassi, più delirava. E nel delirio una sola parola, ripetuta fino allo stremo delle forze, di lui che la pronunciava e di noi costretti ad ascoltarla: "Perdono".

Segue un lungo silenzio durante il quale si ode soltanto un flebile singhiozzare della regina…

CAPOC. (imbarazzato) Ma… quale fu il verdetto del protomedico?

GERTRUDE Uno sconvolgimento della sua mente, con successiva impennata della temperatura corporea. Ma il peggio non è ancora venuto.

Il Capocomico vorrebbe sprofondare…

GERTRUDE Vedo che il mio dramma turba anche voi, Maestro.

CAPOC. (sull’orlo della disperazione) E non vedete tutto, Maestà! Ma seguitate.

GERTRUDE Da quel giorno il ragazzo non fu lo stesso. E mentre calava la sua gioia di vivere, cresceva il suo morboso trasporto verso di me. Finché, qualche mese fa non ho aperto il mio cuore al Protomedico. Non quello, che ormai riposa tra i più, il nuovo, un giovane che ha studiato all’università di Padova. Un dottorone, capace di leggere nell’animo di tutti.

CAPOC. E questo dottorone cosa vi ha detto?

GERTRUDE A suo avviso, il ragazzo a suo tempo si impose di dimenticare l’accaduto. Di qui la febbre. E ora, da uomo fatto, non ricorda più nulla di quella sera. Ma vive in un perenne senso di colpa. Se mi sta sempre addosso è perché vuole essere perdonato di continuo.

CAPOC. Acuta sentenza, non v’he dubbio. E può mai guarire?

GERTRUDE Ad una sola condizione.

CAPOC. Vale a dire?

GERTRUDE Che si ricordi di quell’antico sconvolgimento.

CAPOC. Ma io… Sì, insomma, dopo questo lungo racconto… lungo ma ricco di spunti umani… e gli spunti… badate bene, non gli sputi… sono l’alimento più prezioso per noi comici… dicevo, io in cosa posso sovvenirvi?

GERTRUDE (passandogli un brogliaccio simile ai precedenti) Prendete. Qui c’è il canovaccio della storia che vi pregerete di rappresentare stasera, sempre se il cuore vi detta di accorrere in aiuto ad una madre sventurata.

CAPOC. Io… per voi, Maestà… il fuoco… l’ira del dio Marte… Ma avevamo in cantiere un altro scenario, e manca poco alla…

GERTRUDE (lanciandogli una borsa ancor più grande delle precedenti) Prendete. E dimostratemi la vostra ‘disinteressata’ devozione. Del resto, quanto vi chiedo non presenta particolari ostacoli alla vostra abilità di maestri della commedia improvvisa. Dunque, nella prima scena…

CAPOC. Ah, perché le scene sono molte!?

GERTRUDE Due, non temete. Nella prima scena un bimbo… avrete con voi un bimbo, spero.

CAPOC. Abbiamo un nano. Ma fa il bimbo come gli stessi bimbi non sanno.

GERTRUDE Vada per il bimbo nano. Costui, tra canti e suoni, con la sua spada di legno manda in mille pezzi un bicchiere. Pronta, la madre lo schiaffeggia. Il bimbo nano si dilegua seguito dalla madre pentita. Seconda scena. Sono passati quindici anni. Non so come farete.

CAPOC. Semplice. Caleremo un cartello con sopra scritto: quindici anni dopo.

GERTRUDE Bene.

CAPOC. Piuttosto, sarà difficile avere due attrici che si assomigliano.

GERTRUDE Perché due?

CAPOC. Quindici anni lasciano un segno sulla faccia di tutti. Per le donne, poi…

GERTRUDE (offesa) Io sono la stessa di quindici anni fa.

CAPOC. Allora vada per una sola attrice. Cambieremo solo il nano… Pardon, il bimbo. Poi?

GERTRUDE Siamo nella camera della donna. Un giovane la cinge amorosamente. La donna gli chiede:" Figlio, cosa desideri?" . "Essere perdonato".

Ma di che?" "Del bicchierino che ruppi da piccolo". Fine.

CAPOC. E Sua Maestà?

GERTRUDE Io, cosa?

CAPOC. Sarà assisa al centro della platea?

GERTRUDE Senza dubbio alcuno. Ma in modo da poter tenere gli occhi fissi sul Principe.

CAPOC. Mi lancio a indovinare, Per vedere che faccia fa?

GERTRUDE (applaudendo) Bravo! Magnifico!... Ma una voce mi diceva che con voi viaggiava verso di me la mia pace. E ora, se permettete…

CAPOC. Io, un modesto pestatore di palcoscenici, permettere a voi… Ma fate come se foste in casa vostra…(si accorge della gaffe e tra i denti) Signore Iddio, la lingua è sempre al suo posto. Allora non ci siamo capiti?

GERTRUDE (uscendo) La mia gratitudine vi accompagnerà dovunque. Fino all’Inferno, se sarà necessario.

CAPOC. Speriamo di no.

Gertrude si chiude la porta alle spalle…

CAPOC. (rimasto solo) Mi era giunta la voce che c’era del marcio in Danimarca. Che sia questo sospettare di tutti da parte di tutti? Se così stanno le cose, non mi pare il luogo più adatto per fare del teatro. Il teatro ha ben altri fini, che non quelli di rappresentare le misere beghe che appestano un consesso umano, sia pure una Reggia. Dove ci sono rivalità e livori, espressi o, peggio, inespressi… l’antica e nobile arte della Commedia si tramuta, volente o nolente, in una sorta di mercato.. E…

Entra la Primadonna…

CAPOC. Giusto te aspettavo. Come si comportano di là?

PRIMAD. Masticano amaro. Manterranno l’impegno preso, anche perché vantano un credito di un mese circa nei tuoi confronti. Ma minacciano che questa sarà l’ultima volta che…

Bussano alla porta…

CAPOC. Avanti, prego!

PRIMAD. Vuoi che esca, marito mio?

CAPOC. Resta pure. Tanto, se l’istinto non m’inganna, sarà la stessa musica che finora è toccata alle mie orecchie.

Bussano di nuovo…

CAPOC. (portando la voce) Avanti, ho detto!

Entra Polonio, consigliere del Re… Anche lui ha un brogliaccio con sé…

CAPOC. (sbrigativo) Date pure qua, messere, e non vi incomodate oltre. Il tempo è danaro, al mio come al vostro paese.

POLONIO Cosa dovrei darvi, Maestro?

CAPOC. Il canovaccio che avete con voi.

POLONIO (disorientato) Sono immerso in un oceano di stupore! Non ho ancora proferito verbo e voi… Come fate a sapere che…?

CAPOC. Segreto di comici. E tanto vi basti.

Amleto (Atto V, 2)
 
POLONIO Ma siate così cortese da concedermi il tempo di presentarmi. Sono Polonio, con…

CAPOC. (non lo lascia terminare) … sigliere del Re. E questa è la mia signora, La Primadonna della compagnia. Allora, questo canovaccio?

POLONIO Se non vi viene ad uggia, Maestro, prima di riporlo nelle vostre nobili mani, vorrei fornirvi qualche prezioso elemento a conforto di quanto vi accingerete a rappresentare. Sappiate che io ho una figlia.

CAPOC. (sempre più sbrigativo) La giovane Ofelia, lo so.

POLONIO E come fate a saperlo? Forse qualche vostro informatore…

CAPOC. Ma qui gli informatori sono l’ossessione di tutti! Nossignore, messer Consigliere, informatori zero.

POLONIO Eppure mi avete prevenuto.

CAPOC. Segreto del mestiere anche questo. Noi comici preveniamo sempre. Se postvenissimo come assistereste ad una recita? Avete mai assistito ad una recita in cui i comici sono giunti a sipario calato?

POLONIO Il vostro parlare mi suona alquanto oscuro.

CAPOC. E’ sufficiente che suoni chiaro a me.

POLONIO Se il mio senso dell’opportunità, unito ad una cospicua esperienza accumulata durante i numeroso anni di servizio, non mi ingannano, avverto nelle vostre facezie l’impressione che io giunga indesiderato. Vogliate perdonarmi. (e fa per andare)

CAPOC. Ma no, cosa dite mai?! Non si aspettava che voi.

PRIMAD. (sottovoce, ma non tanto da non farsi udire) Trenta e uno trentuno!

POLONIO E sempre non intendo.

CAPOC. (dopo un rude gesto alla volta della Primadonna) Non le badate: conta i giorni del mese. Venite pure avanti. Io sono qui per soddisfare i vostri desiderata.

POLONIO Ecco infine un linguaggio che promette cordialità e fusione di intenti.

CAPOC. Bene, apriteci dunque il vostro cuore.

POLONIO Se lo aprissi per intero le doglianze che lo colmano allagherebbero questa sala.

PRIMAD. Tranquillo, messere. Sono abituata ad asciugare pavimenti. (si riprende) Nella scena, sia chiaro.

POLONIO E comunque io l’aprirò di quel tanto che basta perché voi, con la vostra sublime arte del teatro improvviso, possiate almeno fornire un balsamo alla mia sanguinante ferita. Ferita di padre!

CAPOC. La giovane Ofelia è per voi motivo di scontento?

POLONIO Ebbene, sì!

CAPOC. Eppure mi è parsa tanto costumata. Una giovane allevata nelle serre del rispetto filiale e di una ineccepibile condotta morale.

POLONIO E così appare, infatti.

CAPOC. Appare? Dunque non lo è?

POLONIO (tra le lagrime) Se il Signore Iddio non mi avesse privato anzitempo della mia consorte, e di conseguenza della sua genitrice, forse il decoroso esempio di quella santa donna, unito al mio……

CAPOC. (impaziente) Ma è lecito sapere di quali nequizie si macchia una fanciulla dall’aspetto così gentile?

POLONIO E’ cosa talmente delicata, che esigerebbe una confidenza da solo a solo.

PRIMAD. Io posso andarmene all’istante, se vi appaio di troppo. Ma vostra figlia appartiene al genere femminile?

POLONIO Finché, pargoletta, l’ho avuta fra le braccia, tale mi pareva. Se poi col tempo…

PRIMAD. La natura non si diverte a giocare con i sessi come se fossero bussolotti. Era femmina in fasce, sarà rimasta femmina anche in abiti muliebri.

POLONIO E allora?

PRIMAD. E allora chi può esservi di tanto ausilio, quanto una donna che ha navigato anche tra i flutti più spumeggianti?

CAPOC. (imbarazzato, a Polonio) Sulla scena, intende dire.

PRIMAD. Sulla scena, senza dubbio.

POLONIO Parlate come una Bibbia, col permesso di Dio, mia signora. Dunque, restate e ascoltate anche voi. (iniziando) Disquisire del perché il giorno è giorno, la notte è notte, e tempo il tempo, altro non sarebbe che perdere e giorno e notte e tempo. Ordunque, essendo la concisione…

CAPOC. (lo interrompe) La concisione, appunto. Se non vi attenete ad essa sarò costretto a chiedervi umilmente di lasciarci soli. Manca poco alla recita, e voi non potete sapere quanti nodi vengono al pettine cinque minuti prima di cominciare…

POLONIO Comprendo. Sappiate, allora, che il destino, determinato a punirmi di chissà quale peccaminosa manchevolezza, mi ha dato per figlia una dissoluta, una impudica, una…

CAPOC. Insomma, che avrà fatto di tanto sconveniente, questa gentile figliola, a meritare un così aspro giudizio da parte del suo genitore.

POLONIO Qualcosa che finora resterà rinchiusa tra le mura dei nostri appartamenti. Ma presto… e le previsioni di un padre trovano sempre conferma nel tempo… la sua dissolutezza sarà sulle labbra anche dei cortigiani più indegni. E passo a dirvi l’accaduto che motiva quel giudizio che vi ha tanto stupito.

CAPOC. "Deo Gratias!"

POLONIO (non lo ascolta) Era notte fonda, qualche tempo addietro, quando io udii provenire dalla sua camera da letto una profluvie di gemiti, cui fece seguito un gemito, che dico?... un verso simile al miagolio di una gatta nel periodo dell’estro. Corsi da lei, convinto che il sonno della notte, in luogo del naturale riposo consono alla sua verginale età, le avesse recapitato una gerla colma di incubi penosi. Ma mi toccò constatare che ella riposava in piena tranquillità. Di più: sulle sue delicate labbra aleggiava il sorriso di chi, soddisfatto, non desidera altro. Ma il più che recente ricordo di quel suono tanto insolito mi indusse al sospetto che un serpe si fosse infilato sotto le sue coltri e l’avesse morsa nel sonno. Con mani delicate la scopro per sincerarmi, e cosa vedono i miei occhi? I miei occhi che pur sono adusi a vedere, nelle feste in cui il vino scorre a torrenti, sconcezze di ogni genere…

CAPOC. Cosa vedeste, non ci tenete su un letto di locuste.

PRIMAD. (tra i denti) Il solito sporcaccione! Vuole sapere, lui!

POLONIO Ella era in tutto simile ad una creatura angelica che dorme beata. Ma…

CAPOC. Ma?

POLONIO La vergogna, a dispetto della mia canizie, mi serra a doppia mandata la parola…

CAPOC. E ugualmente parlate. Se non vi aprite per intero, come aiutarvi?

POLONIO Scorrendo i miei amorosi occhi sulla sua persona, vidi che stringeva un cuscino tra le… tra le…

CAPOC. (ansioso) Tra cosa, insomma.

PRIMAD. Non sta nei panni…

POLONIO Tra le cosce!

CAPOC. (dopo un tempo) Strano: sul cuscino si appoggia la testa, non la… (si blocca in tempo)

POLONIO Vi sono chiari, adesso, i funesti vaticini di un padre. Un fortunale si va addensando sul mio capo! Una tragedia…

PRIMAD. (sicura) Nessuna tragedia, messere. Una commedia, semmai, e indirizzata verso un lieto fine.

POLONIO Il Cielo volesse…

PRIMAD. No, siete voi che dovete volere. Un marito. Datele un marito e la vostra nobile figliola metterà tra le cosce ben altro.

CAPOC. Moglie, controllati!

POLONIO (alla Primad.) Credete?

PRIMAD. Credere? Ne sono più che certa.

CAPOC. Come vedete, messer consigliere, la presenza di mia moglie ha dato i suoi frutti. E maturi, anche! Andate con Dio.

POLONIO Ma il mio scenario…

CAPOC. I crucci che vi corrugano la fronte sono destinati a lasciare il posto ad un sorriso radioso. In particolar modo quando potrete fare coccole e ganascini ad un florido nipotino.

POLONIO E, comunque, io devo, devo sapere!

CAPOC. Quanto a sapere, chiedo venia ma siete insaziabile!

POLONIO Devo sapere se il suo… di mia figlia Ofelia… è un segno di dissoluzione o soltanto un’ingenua costumanza.

 
 

Sir John Everett Millais, Ofelia, (1852)

CAPOC. E’ presto fatto: chiedetelo a lei.

Per tutta risposta, Polonio gli lancia una borsa carica di monete tintinnanti… anche più grossa delle precedenti)

CAPOC. (senza frapporre indugi, alla moglie) Eccoti il canovaccio del Signor Polonio. Recalo di là alla compagnia, per le modifiche da apportare!

PRIMAD. (si avvia sfogliando il brogliaccio, poi si ferma di colpo) Ma ne verrà fuori una recita… come dire?... lasciva, impudica, oscena. E noi recitiamo testi alla buona, testi per famiglie… Noi qui ci troveremo dinanzi ad un pubblico regale...

CAPOC. Sarà una recita per famiglie regali. Sempre famiglie sono. (a Polonio) Ma ditemi, in quattro parole beninteso, cosa volete che rappresentiamo.

POLONIO E’ tutto scritto. Comunque, non ritengo inopportuno anticiparvi l’azione. In una linda cameretta è immersa in un sonno beato una leggiadra donzella…

La Primadonna indica al marito se stessa… Il marito, con un gesto, la manda al diavolo…

POLONIO A un tratto comincia ad agitarsi, a sbracciarsi, a gemere… Finché, sempre addormentata, lancia un urlo simile a quello di… Ma già ne abbiamo disquisito. Poi torna serena. A questo punto un uomo, il genitore, si introduce a passi di lince nella cameretta, scopre le coltri e fa un passo indietro, colto da un fulmineo turbamento. Ecco tutto.

CAPOC. E voi sarete tra il pubblico.

POLONIO Certo. Ma in una condizione che mi permetta di tenere gli occhi fissi sulla mia adorata Ofelia.

CAPOC. Per vedere che faccia fa.

POLONIO La vostra arguzia farebbe di voi un consigliere eccezionale.

CAPOC. Mi sono grate tante lodi, ma con il vostro permesso antepongo ad esse quelle che mi tributano gli spettatori.

POLONIO Più che giusto. "Unicuique suum". (andando via) "Unicuique suum". (esce)

Rimasti soli, Il Capocomico conduce la Primadonna alla parete del quadro che nasconde il cunicolo segreto e armeggia in modo da rivelarne la funzione vera…

PRIMAD. Un cunicolo segreto?

CAPOC. Che tu percorrerai fino alla fine. E sarai in salvo.

PRIMAD. Dunque, vuoi che fuggiamo?

CAPOC. L’aria che spira in questa Reggia non fa per noi Avanti, su. (e la sospinge)

PRIMAD. E tu, marito mio?

CAPOC. Ti raggiungerò con tutta la compagnia. C’è in ogni sala della Reggia un piccolo passaggio che conduce a questo cunicolo.

PRIMAD. Fuggiamo, dunque?

CAPOC: Ancora!? Valutati i pro e i contro, non ci resta altro da fare. Su, fa’ presto!

PRIMAD. (sulla soglia del cunicolo) Dio sia con te! (esce)

CAPOC. (sulla soglia della porta che conduce alla sala occupata dalla compagnia) Chi dice che c’è del marcio in Danimarca è veritiero come l’oracolo di Apollo Pizio. In questo paese si scrive troppo! (esce)

Bussano alla porta ripetutamente… Sulla scena ormai vuota cala la luce…

                                                                      

 

Napoli, Ferragosto 2006

 

 

                                                                               FINE



 



 
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