È scomparso lo scorso 8 febbraio a Roma, dove era nato il 16 gennaio 1925, Alessandro dAmico, studioso e storico del teatro, presidente onorario del nostro Archivio Multimediale dellAttore Italiano. È stato un Maestro raro, dei più grandi proprio perché non accademico, dei più fini perché sobrio nello scrivere rispetto al suo grande sapere. Indimenticabile la sua parola e ancor più il suo intendere larte fuggevole dellattore. Qui di seguito pubblichiamo il ricordo a lui dedicato da Alessandro Tinterri. (s.f.)
Lattitudine di Alessandro dAmico era lascolto.
Gli derivava, forse, dallinfanzia. Possiamo immaginarlo, bambino, attento a cogliere i discorsi del padre Silvio e dei fratelli, Fedele e Marcello, maggiori, rispettivamente, di 13 e 11 anni. Il piccolo Sandro ascolta, riflette, si prepara a maturare quelle risposte che poi a molti di noi è accaduto in più di unoccasione di sollecitare. Perché Alessandro dAmico rispondeva alle sollecitazioni con una disponibilità che si rammaricava non potesse essere ancora maggiore, né mai gli accadeva di salire in cattedra. Dellinsegnamento allAccademia Nazionale dArte Drammatica (dal 67 al 70) e allUniversità di Lecce (dal 68 al 75) aveva conservato la disposizione al dialogo con gli studenti, verso i quali era prodigo di proficue indicazioni. Sapeva riconoscere il merito della ricerca, pronto a cogliere e suggerire ulteriori sviluppi. Oltre che un organizzatore di cultura, era, infatti, un suscitatore, un ‘moltiplicatore.
La sua capacità di ascolto faceva di Alessandro dAmico uno spettatore attendibile. Anche linteresse per lo spettacolo lo aveva assimilato dal padre, che immancabilmente tutte le sere andava a teatro, per vedere e rivedere un attore, indipendentemente dallobbligo professionale. Alessandro dAmico apprezzava il teatro di tradizione ed era aperto a nuove esperienze, stimava linterprete affermato, pronto, tuttavia, a cogliere il talento emergente. Una disposizione che nei lunghi anni della sua attività radiofonica al secondo programma della Rai si era tradotta nella frequentazione di attori e registi, alcuni dei quali (da Carlo Cecchi a Paolo Bonacelli, da Giorgio Pressburger a Giuseppe Greco) legati a lui da un rapporto di personale amicizia.
Una connessione, quella sua con il teatro contemporaneo, testimoniata dai contributi ai programmi di sala, tuttaltro che pezzi doccasione, contraddistinti dalla meticolosità dello storico, che non conosce gerarchie editoriali e non teme di dissiparsi in pubblicazioni effimere. Non stupisce, dunque, trovarlo allorigine di iniziative editoriali promosse dai Teatri Stabili: i «Quaderni» del Piccolo Teatro debuttano con un fascicolo, da lui curato, dedicato a Pirandello, mentre lo Stabile di Genova si è avvalso della sua esperienza in più di unoccasione.
Nuovi strumenti.
Dal tempo in cui era caporedattore dellEnciclopedia dello Spettacolo Alessandro dAmico si era prefisso lobiettivo di fornire nuovi strumenti allindagine storiografica. La sua parsimonia nella scrittura poteva essere scambiata per pigrizia. In realtà, una volta fissata sulla pagina, la sua riflessione storiografica si rivelava feconda di indicazioni per ulteriori indagini e, soprattutto, dichiarava una maturazione frutto di un agio tuttaltro che ozioso, risultato, piuttosto, di un otium di classica memoria. Vogliamo dire che in tempi ossessionati dalla presenza, meno interessati alle ragioni del proprio fare, la sua è stata unindicazione di stile di vita.
Se consultiamo il catalogo di una biblioteca, tra gli strumenti forniti da Alessandro dAmico alla ricerca storiografica troviamo lantologia delle cronache teatrali del padre (Silvio dAmico, Cronache del Teatro, Bari, Laterza, 1963), curate insieme con Eugenio Ferdinando Palmieri, poi un gradino intermedio (Silvio dAmico, La vita del teatro, Roma, Bulzoni, 1994, con la collaborazione di Lina Vito e una prefazione di Giorgio Prosperi), sino alla conclusiva edizione delle Cronache in cinque volumi, di tre tomi ciascuno (Palermo, Novecento, 2001-2005, nuovamente con la collaborazione di Lina Vito e le introduzioni a ciascun volume di Gianfranco Pedullà). Con la consueta discrezione, attraverso una breve nota o un risvolto di copertina, la sua presenza sintravede dietro altre iniziative editoriali, riguardanti il Silvio dAmico non strettamente teatrale: dalla ristampa del romanzo Le finestre di Piazza Navona (Casale Monferrato, Piemme, 1991) alla pubblicazione di inediti come Regina Coeli (Palermo, Sellerio, 1994) o il La vigilia di Caporetto. Diario di guerra 1916-1917 (Firenze, Giunti, 1996, a cura di Enrica Bricchetto, con una prefazione di Giovanni Raboni). Accanto alle iniziative editoriali, volte ad alimentare la memoria paterna, si situa lantologia delle cronache di Adriano Tilgher, Il problema centrale (Bologna, Cappelli, 1973), primo titolo di una collana che, pur fermandosi al secondo (le cronache teatrali di Ettore Albini curate da Alfredo Barbina), costituiva una precisa indicazione per uniniziativa che lAssociazione dei Critici Teatrali avrebbe potuto fare propria.
Non stupisce, dunque, ritrovare Alessandro dAmico (per qualche tempo critico egli stesso sulle pagine dell«Unità» nellimmediato dopoguerra) tra i partecipanti al Convegno Situazione e funzione della critica teatrale, tenutosi a Venezia nel settembre 1969. E in quelloccasione invitava la categoria dei critici a unassunzione di responsabilità nei confronti delleditoria teatrale. E procedendo ancora a ritroso, due anni prima, nel 1967, le fotografie lo ritraggono con Ludovico Zorzi, Carmelo Bene, Alberto Arbasino, Sylvano Bussotti al Convegno Per un nuovo teatro, atto di nascita dellavanguardia teatrale italiana.
Se lEnciclopedia dello Spettacolo è il primo degli strumenti che Alessandro dAmico ha concorso a creare, laltro è il Museo Biblioteca dellAttore di Genova (MBA), che fondò nel 1966, insieme con Ivo Chiesa e Luigi Squarzina, che allepoca condividevano la direzione del Teatro Stabile di Genova. Il MBA nasce da due ricchi lasciti, il Fondo Salvini e il Fondo Adelaide Ristori, ed esordisce con una serie di importanti iniziative quali la mostra dei costumi di Adelaide Ristori, nel 1967, il Convegno della Société Internationale des Bibliothèques et des Musées des Arts du Spectacle, organizzato dal MBA nel 1970, e la mostra Virgilio Marchi architetto scenografo futurista, al XX Festival dei Due Mondi di Spoleto nel 1977 (le mostre concepite da Alessandro dAmico, dallAlbum di famiglia di Luigi Pirandello al Viaggio dei comici attraverso lEuropa del Settecento meriterebbero un approfondimento a parte). Anziché chiudersi nella dimensione localistica, sotto la guida di Alessandro dAmico lente genovese preferì collocarsi in una dimensione nazionale, cui, del resto, era naturalmente destinato, data la provenienza stessa del suo patrimonio librario e museale andato arricchendosi oltre ogni previsione (da Tofano a Zacconi, dallarchivio e la biblioteca di Silvio dAmico allarchivio dello scenografo Gianni Polidori, per non dire dei fondi fotografici di Gastone Bosio e Pasquale De Antonis, acquisito grazie a Savina Savini, per citarne solo alcuni). A partire dagli anni Ottanta il MBA intese proporsi come luogo di confronto ai diversi orientamenti della ricerca storiografica e della critica militante. Una linea di tendenza espressa dal Convegno, tenutosi nellottobre 1981 nella nuova sede di Villetta Serra, al quale prese parte una nutrita pattuglia di docenti universitari e critici teatrali, provenienti da tutta Italia.
Dal Festival di Spoleto delle origini (come responsabile dellufficio stampa) allEnciclopedia dello Spettacolo, dalla Rai allAccademia Nazionale dArte Drammatica e allUniversità, dai Teatri Stabili al Museo Biblioteca dellAttore, intellettuale defilato, ma non appartato, Alessandro dAmico – ha osservato Claudio Meldolesi – ha attraversato le istituzioni con passo leggero.
Ritorno del grande attore.
Già la denominazione, generica allapparenza e un po demodée, di Museo Biblioteca dellAttore, oltre a confermare la personale inclinazione allunderstatement, quale tratto del carattere che si fa stile di vita, nasconde una precisa ipotesi storiografica, che riconosce nellattore il nucleo e la particolarità della nostra tradizione teatrale. Se Silvio dAmico con il suo Tramonto del grande attore intese pronunciare lorazione funebre di quel fenomeno, la cui fine doveva preludere allaffermarsi anche in Italia di un teatro di regia, suo figlio Alessandro ha riproposto il tema per sottoporlo a una nuova riflessione storiografica.
Anche in questo caso la sua ipotesi va rintracciata in una serie polverizzata dinterventi, che rivelano sottotraccia una gamma di gesti e iniziative, cariche di proprietà maieutiche. Sintravede, infatti, negli studi di Claudio Meldolesi lombra di dAmico, e cè ancora dAmico allorigine dei contributi di Maria Ines Aliverti su Copeau, di Mirella Schino sulla Duse, di Andrea Mancini su Silvio dAmico, e lelenco potrebbe non fermarsi qui e proseguire, credo, sino al fiorentino Archivio Multimediale degli Attori Italiani. Come già per Meldolesi (di cui il «Bollettino» del MBA pubblicava un contributo destinato poi a confluire nel volume dedicato a Gustavo Modena), frutti delle ricerche degli studiosi citati hanno visto la luce su «Teatro Archivio», rivista del MBA, nata con lintendimento di fornire un supporto documentario alla storiografia teatrale. Inoltre, apparvero sulla rivista della Rai «Terzo Programma» (del cui Comitato di Direzione Alessandro dAmico faceva parte) le trascrizioni di una serie dinterviste radiofoniche, che avevano per tema il mestiere dellattore.
Alessandro dAmico si piegava alla necessità della scrittura quando una sollecitazione esterna ve lo costringeva. Per il resto, continuava a leggere e studiare, mosso da una curiosità e da un piacere personali, che, probabilmente, molto avevano a che fare con lattitudine allascolto di cui dicevamo allinizio. Gli capitava, di tanto in tanto, di rompere il silenzio per indicare nuove direzioni della ricerca. Poteva trattarsi della presentazione al catalogo della mostra citata dei costumi di Adelaide Ristori, primo inventario di un filone documentario, poi ripreso e approfondito da Teresa Viziano, o della successiva presentazione al catalogo della mostra La monarchia teatrale di Adelaide Ristori, tenutasi nel 1978 al Gabinetto Vieusseux di Firenze, in margine a un Convegno organizzato da Siro Ferrone su «Teatro tra Scapigliatura e Verismo» o, ancora, dellintervento al seminario Problemi del linguaggio teatrale, promosso nella stagione 72-73 dallUniversità e dal Teatro Stabile di Genova e dal MBA, La dittatura dellattore era il titolo della relazione tenuta da Alessandro dAmico: «Il ‘grande attore italiano. Un fenomeno di cui parliamo spesso senza conoscerne ancora bene la natura, levoluzione, la tecnica, il significato. Accade talora di sentirlo confondere con il mattatore (che fu tuttaltra cosa) e di giudicarlo non per ciò che fece ma per quel che mancò di fare (e che forse non poté fare). Lindagine da condurre dovrebbe innanzi tutto verificare le ipotesi e le intuizioni fin qui enunciate da critici e storici».
Pirandello.
Il destino per Alessandro dAmico ebbe un nome, si chiamava Luigi Pirandello: dalle villeggiature dei dAmico a Castiglioncello, dove sincrociavano Pirandello e Marta Abba, Bontempelli e Paola Masino, Sergio e Rosetta Tofano, ai vincoli parentali, contratti con il matrimonio con Maria Luisa Aguirre, figlia di Lietta Pirandello, ben presto il viluppo di memorie e di affetti si trasformò nel compito dello studioso. Compito che Alessandro dAmico mostrò di voler affrontare con piglio innovativo già a partire da uno scritto apparso nel 1968 sulla rivista «Il Veltro»: Itinerario di Pirandello al teatro.
Nel 1961 i «Quaderni del Piccolo Teatro» si erano inaugurati con una prima raccolta dal tema Pirandello ieri e oggi, curata da Sandro dAmico, che discretamente si mantenne ai margini di una monografia, ricca di documenti e apparati, con ciò confermando la predilezione per una storiografia documentaria, che verrà sempre meglio precisandosi in seguito e darà i suoi frutti al termine di un lento lavoro di accumulo e di pazienti riscontri. Risale agli anni Sessanta lelaborazione del progetto di unedizione critica delle Maschere nude, che vide la luce nel 1986, quando apparve il primo volume nelledizione completa delle Opere, diretta da Giovanni Macchia per i Meridiani Mondadori e si è conclusa nel 2007, con la pubblicazione del quarto volume. In mezzo cè Pirandello capocomico, dettagliata ricostruzione documentaria del triennio, dal 25 al 28, della Compagnia del Teatro dArte diretta da Pirandello, che insieme pubblicammo da Enzo Sellerio nel 1987.
Sono studi che, congiuntamente con una nuova generazione di registi e interpreti (da Massimo Castri a Carlo Cecchi) hanno contribuito a rinnovare, talvolta a sovvertire, il tradizionale approccio alla figura e allopera di Luigi Pirandello. Al solito, Alessandro dAmico, sensibile ai nuovi fermenti, ma al tempo stesso testimone storico della precedente stagione del rinnovamento pirandelliano, operata da Costa, Strehler, Squarzina e De Lullo-Valli, si rivelava storico attento alle sfumature, il più adatto a condensare negli articolati apparati di Notizie, che accompagnano la puntigliosa redazione critica dei testi, la complessa e ricca storia della genesi e della fortuna del teatro pirandelliano.
Fu chiaro allora, di fronte a un interesse verso il teatro pirandelliano in costante crescita, come Alessandro dAmico potesse essere il solo in grado di effettuare unautorevole opera di sintesi e quale diuturna fatica vi fosse alle spalle. In quel lavoro Alessandro dAmico ha portato alla luce la storia inedita di un Pirandello da sempre affascinato dal teatro e ha saputo farlo coniugando la meticolosità dello storico con la scrittura limpida che gli era caratteristica.
Nostalgia.
In occasione del conferimento della laurea honoris causa allUniversità di Roma Tre Alessandro dAmico concluse il suo discorso con queste parole, da cui traspare la coscienza di un privilegio di nascita, che seppe portare con elegante pudore: «Ha scritto il mio amico Nando Taviani: «La nostalgia è fisiologica ad ogni cultura teatrale». Verissimo. Tanto più vero mi appare oggi che sono al termine del mio mestiere di spettatore. Il teatro “arte che sembra vivere tutta nel presente” in realtà non si dissolve nel nulla, lascia in noi tracce, e di quelle tracce è fatta la nostra cultura teatrale, la nostra capacità dintendere i linguaggi del teatro. Nostalgia di emozioni incancellabili. A quattro anni vidi Bonaventura sbucare dalle quinte e piombare in scena con una capriola. Come non averne nostalgia?».
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